Il Sole Domenica 25.9.16
Emil du Bois-Reymond (1818-1896)
Materia per la coscienza
di Arnaldo Benini
Riconobbe i limiti della conoscenza rifiutandosi di superarli con metodologie non scientifiche
Lo
storico Gabriel Finkelstein, dell’università di Denver, con la
monografia sul neurobiologo berlinese Emil du Bois-Reymond (EdBr),
traccia il profilo di uno dei grandi intellettuali dell’800. EdBr
divenne famoso per due saggi sui limiti della conoscenza della natura.
Nel primo del 1872 (I confini della conoscenza della natura), insuperato
per rigore e concretezza, EdBr si chiede se la mente possa indagare
l’origine della materia, da cui essa proviene, ed esprimere, con dati
naturalistici e non descrittivi, che cosa sia la coscienza. EdBr pone il
problema se la coscienza possa capire sé stessa: in termini tecnici, se
i meccanismi cognitivi cerebrali possano indagare la loro origine dalla
materia di cui sono formati. La seconda pubblicazione, I sette enigmi
del mondo, del 1880, è possibilista su quanto la mente possa capire, ma
circa materia e coscienza é altrettanto categorica. I due lavori (testi
di conferenze) furono stampati in un unico libro, del quale uscirono in
pochi anni una dozzina di edizioni in tedesco e traduzioni in molte
lingue.
L’edizione italiana, in un’accurata traduzione e con
introduzione di Vincenzo Cappelletti, uscì a Firenze nel 1957 e poi, a
Milano, da Feltrinelli, nel 1973. Nel 1872 EdBr era già noto fra i
biologi per i lavori sull’elettricità animale, in cui sono fondamentali
sia i dati della ricerca che i galvanometri da lui ideati per la
registrazione affidabile dell’elettricità animale. Queste ricerche e le
discussioni col collega italiano Carlo Matteucci, autore di un saggio
importante sui fenomeni elettrici negli animali, sono esposte da
Finkelstein con molti dettagli. Grande fu la sorpresa che uno dei
maggiori biologi, sulla base della concretezza della ricerca
scientifica, sostenesse che la realtà della materia e il suo movimento e
la coscienza sono, e rimarranno, incomprensibili.
Per EdBr
coscienza e autocoscienza sono eventi naturali di un substrato
materiale, il parenchima del cervello. Noi possiamo registrare, scrive
EdBr, «quale gioco di carbonio, idrogeno, nitrati, ossigeno e fosforo
corrispondono alla felicità d’ascoltar musica, quale movimento dei loro
atomi provoca il piacere dei sensi, e quale tempesta molecolare il
dolore della nevralgia del trigemino». Ma neanche la più perfetta
conoscenza del cervello, che le neuroscienze de-vono perseguire, può
dirci come «movimenti di particelle materiali possano introdurci nel
regno della coscienza. [...] La scienza non può spiegare come la
coscienza sia il frutto delle loro azioni coordinate. [...] La
conoscenza [...] del cervello ci rivelerà in esso nient’altro che
materia in moto. [...] Attraverso nessuna immaginabile disposizione o
movimento delle particelle materiali è dato gettare un ponte nel regno
della coscienza».
Il saggio del 1872 termina con l’ammonimento
Ignorabimus, in corsivo, in mezzo alla pagina. La discussione che ne
seguì fu chiamata per questo Ignorabimusstreit (Lite sull’Ignor). EdBr
fu il primo scienziato a porsi il problema dei limiti della conoscenza
non con l’introspezione o speculando e deducendo da teorie e
speculazioni altrui, com’è costume di filosofi e teologi, ma avendo
sperimentato, nella ricerca dei meccanismi nervosi della coscienza, che
oltre certi limiti la mente non può andare.
Nello stesso saggio
pone il dilemma, anch’esso senza risposta, della materia e della forza
da cui la mente proviene. «La nostra conoscenza della natura è dunque
racchiusa tra i due confini, che per sempre la natura ad essa impone:
l’incapacità da un lato di comprendere la materia e la forza, dall’altro
di dedurre processi psichici da condizioni materiali. All’interno di
questi confini lo studioso della natura è signore e maestro, egli
suddivide e ricompone, e nessuno sa dove siano le barriere del suo
sapere e della sua potenza: però al di là di essi egli è e sarà sempre
impotente». EdBr si chiede se «i due confini della nostra conoscenza
della natura non siano per caso identici, cioè se, quando noi
riuscissimo a concepire l’essenza della materia e della forza, non
comprenderemmo anche come la sostanza che ne è fondamento senta,
desideri, pensi».
L’impossibilità dei meccanismi cognitivi del
cervello di capire come essi stessi funzionano è il fondamento
verosimile dei limiti della conoscenza. L’Ignorabimusstreit, documentato
con un’immensa bibliografia da Finkelstein, fu talora di un’asprezza
insolita per argomenti del genere. Cattolici e protestanti, idealisti,
positivisti, neokantiani e marxisti non potevano accettare i limiti alla
mente umana di capire gli eventi naturali. Per molti biologi l’opinione
di EdBr era un oltraggio all’evoluzione darwiniana. Per il fisico
Maxwell le riflessioni di EdBr erano «ridicole». Di loro si
interessarono comunque matematici e politici come Otto von Bismarck,
Friedrich Engels, Walther Rathenau e Lenin, per il quale l’agnosticismo
di EdBr era «reazionario».
Finkelstein trova influssi di EdBr in
Flaubert, Fontane, Turgenev, Heinrich Mann, Musil, Schnitzler ed altri
narratori. William James disse di non trovare obiezioni agli scritti di
EdBr, che però lo deprimevano. Per lo storico marxista della filosofia
Ludovico Geymonat la conclusione di EdBr è «pericolosa» perché rischia
di riaprire la porta alla religione. (Storia del pensiero filosofico e
scientifico Garzanti Milano 1971 vol.V p.519).
Per l’ammonimento
Ignoramus ed ignorabimus EdBr è considerato dai neuroscienziati Giulio
Tononi e Christof Koch un «defeatist» (Phil.Trans.B 370 2014.0167 2015)
perché alla conoscenza umana non é lecito porre limiti. Le obiezioni,
anche degli scienziati che si pronunciarono, non si riferiscono a dati
della ricerca sulla coscienza e sul suo substrato materiale, ma sono
speculazioni teoriche e spesso peregrine, quando non insulti per la
presunta arroganza o faziosità di EdBr.
Finkelstein si chiede
quanti di loro l’abbiano capito. Scienziati di grande levatura come Wolf
Singer e Vernon Mountcastle sollecitano invece a riflettere sui limiti
dei meccanismi della coscienza che studiano sé stessi. Riconoscere i
limiti della conoscenza e il rifiuto di superarli con metodologie non
scientifiche mette al riparo la scienza dalle accuse ricorrenti e
assurde di onniscienza: la mente, per conoscere la natura e sé stessa,
che della natura fa parte, ha la metodologia della scienza. Ciò che con
essa non si può raggiungere (è il caso della coscienza) rimarrà
sconosciuto.
È passato quasi un secolo e mezzo dal lavoro di EdBr,
e il dilemma della coscienza e della materia che la forma è immutato.
Conosciamo ora molte particelle, ma di nessuna sappiamo come ci faccia
pensare. Sappiamo che nell’universo c’è un’energia oscura di cui il
nostro cervello è in grado di percepire uno degli effetti
(l’accelerazione dell’espansione dell’universo) ma niente di più.
Difficile immaginare una conferma più valida all’ignorabimus di EdBr. La
vita familiare, l’immenso lavoro scientifico e divulgativo,
l’opposizione all’antisemitismo dilagante anche nell’università, la
fedeltà alla monarchia, sono aspetti della vita di EdBr di cui nel libro
si parla diffusamente.
Gabriel Finkelstein, Emil du Bois-Reymond
Neuroscience, Self, and Society in Nineteenth Century Germany , MIT
Press Cambridge (Mass.) London (UK) pagg. 362 € 35