Il Sole 30.9.16
La proposta. Come cambiare le politiche dell’accoglienza
Sette pilastri per salvare un continente in crisi
di George Soros
La
crisi dei rifugiati in Europa stava già spingendo l’Ue verso la
disintegrazione quando, il 23 giugno, ha contribuito a indirizzare i
britannici a votare a favore di Brexit, infondendo nuovo vigore ai
movimenti xenofobi e nazionalisti che faranno tutto il possibile per
vincere una serie di elezioni imminenti.
Invece di unirsi per
opporre resistenza a questa minaccia, gli Stati membri dell’Ue sono
sempre meno disposti a collaborare gli uni con gli altri. Perseguono
politiche migratorie diverse, che arrecano benefici soltanto a loro a
discapito degli altri Paesi.
L’attuale risposta data alla crisi
dei rifugiati è afflitta da pecche fondamentali: l’accordo con la
Turchia è stato imposto all’Europa dalla Cancelliera tedesca Angela
Merkel; è sotto-finanziata; ha trasformato la Grecia in una guardina con
strutture inadeguate.
La cosa più importante è che la risposta
non è volontaria. L’Ue sta cercando di imporre quote di rifugiati alle
quali molti Stati oppongono resistenza, costringendo i rifugiati a
prendere la residenza in Paesi nei quali non sono graditi e nei quali
non vogliono stare, e a far rientrare in Turchia tutti gli altri.
Questa
è una vera disgrazia, perché l’Ue non può sopravvivere senza una
politica a 360 gradi per la migrazione e la concessione d’asilo. La
crisi attuale non è un evento occasionale, ma prelude a un periodo di
pressioni migratorie notevoli per un futuro che si prospetta già ora
molto lungo.
L’accordo con la Turchia è stato problematico fin
dalla sua genesi. A essere fasulla è la premessa dell’accordo, quella
secondo cui i rifugiati in cerca di asilo possono essere riportati in
Turchia. La Turchia non è un “Paese terzo sicuro” per la maggior parte
dei siriani che cercano asilo, soprattutto da quando a luglio c’è stato
il fallito colpo di stato.
A prescindere dalla sua forma finale, un approccio a 360 gradi dovrebbe basarsi su sette pilastri.
L’Ue deve assorbire un numero considerevole di rifugiati dai Paesi sulla linea del fronte in modo sicuro e organizzato.
L’Ue
deve riprendere il pieno controllo dei suoi confini. C’è davvero poco
che allontana e spaventa l’opinione pubblica più delle scene di caos.
L’Ue
farebbe bene a trovare fondi sufficienti a finanziare una politica
migratoria globale. Si calcola che serviranno almeno 30 miliardi l’anno
per un certo numero di anni, e che i benefici legati a un “picco di
finanziamenti” siano enormi.
L’Ue deve dotarsi di nuovi meccanismi
condivisi per proteggere i suoi confini, arrivare a districare i casi
di asilo tempestivamente e ricollocare i rifugiati. Un unico processo
europeo di concessione dell’asilo eliminerebbe gli incentivi a cercare
asilo presso il miglior offerente.
È indispensabile un meccanismo
volontario concertato per ricollocare i rifugiati. L’Ue non può
costringere gli stati membri ad accettare i rifugiati che non vogliono
accettare, né può costringere i rifugiati ad andare dove non desiderano
andare.
L’Ue deve offrire un sostegno maggiore ai Paesi che
ospitano rifugiati, e deve essere più generosa nel suo approccio con
l’Africa.
Creare un clima accogliente per coloro che migrano per
questioni economiche. Tenuto conto della popolazione europea che sta
invecchiando, i benefici che apporta la migrazione superano di gran
lunga i costi connessi all’integrazione degli immigrati.
Perseguire
questi obbiettivi è essenziale per placare i timori dell’opinione
pubblica, ridurre i flussi di cercatori di asilo, garantire che i nuovi
arrivati siano integrati, instaurare rapporti vantaggiosi con i Paesi in
Medio Oriente e in Africa. E infine rispettare gli obblighi umanitari
internazionali dell’Europa.
Quella dei rifugiati non è l’unica
crisi alla quale l’Europa deve fare fronte, ma è la più indifferibile.
Qualora si riuscisse a ottenere un progresso significativo nei confronti
della questione rifugiati, sarebbe più facile affrontare le altre
faccende in sospeso.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
(Traduzione di Anna Bissanti)
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