Il Sole 30.9.16
I migranti regolari sono 4 milioni
Flussi stabili ma scricchiola il sistema di accoglienza. Regioni in fermento
di Marco Ludovico
La
presenza dei cittadini «non comunitari» in Italia è «sempre più
stabile». Al 1° gennaio 2016, dice l’Istat nel suo rapporto pubblicato
ieri, secondo i dati del ministero dell’Interno «sono regolarmente
presenti» sul territorio «3.931.133 cittadini non comunitari». I Paesi
più rappresentati sono Marocco (510.450) Albania (482.959), Cina
(333.986), Ucraina (240.141) e India (169.394). I cittadini non
comunitari che diventano italiani sono sempre più numerosi: «Da meno di
50mila nel 2011 a quasi 159mila nel 2015» spiega l’Istat: negli ultimi
cinque anni il ritmo «è più che triplicato». Si amplia e consolida la
seconda generazione di immigrati: «Il 42% di coloro che hanno acquisito
la cittadinanza italiana nel 2015 ha meno di venti anni». Sono cambiati i
fattori di ingresso: ridotti i motivi di lavoro (il 9% del totale nel
2015), «continua a ritmi sostenuti la crescita dei permessi per asilo e
protezione umanitaria (19.398 ingressi, il +40,5%). La distribuzione sul
territorio vede l’incidenza dei soggiornanti non comunitari sul totale
della popolazione residente pari al 6,5%. Tocca il massimo in
Emilia-Romagna (10,3%) e Lombardia (9,1%). Per 13 province nel
Centro-Nord, il rapporto si colloca oltre il 10%: a Prato, Reggio
Emilia, Modena, Mantova, Brescia, Parma, Milano, Piacenza e Bergamo
l’incidenza va dal 23,3% all’11,1%. Nelle province di Milano (12,1%) e
Roma (8,7%) vive un quinto degli stranieri non comunitari. Le
cittadinanze più concesse l’anno scorso sono per gli albanesi (35.134) e
i marocchini (32.448) seguite da India (6.176), Bangladesh (5.953) e
Pakistan (5.617). Il focus dell’Istat spiega a che punto è giunto il
processo: c’è ormai un’ampia seconda generazione di migranti e la quota
di chi ottiene la cittadinanza italiana è ormai di 150mila persone
l’anno. Il delicato tema di come avvengono i processi di integrazione
resta però sullo sfondo del rapporto.
Anche perché l’urgenza di
gestire sbarchi e arrivi prevale su tutto. Dal 1° gennaio al 29
settembre di quest’anno sono arrivati sulle nostre coste 132.044
immigrati; il sistema di accoglienza ha raggiunto le 159.473 persone
ospitate a cui vanno aggiunti circa 25mila minori «non accompagnati» di
cui giunti in Italia solo quest’anno 16.611. Un meccanismo che sta
scricchiolando perché i fondi statali per pagare i gestori dei centri
temporanei di accoglienza sono fermi al 31 marzo scorso. Il ministro
dell’Interno Angelino Alfano e il presidente del Consiglio Matteo Renzi –
che ha invocato un coordinamento a Palazzo Chigi sull’immigrazione tra
Interno, Esteri e Difesa – ora devono fare i conti con le Regioni: in un
documento ancora in bozza chiedono «che sia reso più efficiente e
maggiormente condiviso il meccanismo della redistribuzione dei migranti
presso le Regioni».
Ieri in audizione al comitato Schengen il capo
di Stato maggiore della Marina Militare, Valter Girardelli, ha
osservato che in poco meno di un anno e mezzo nelle acque del
Mediterraneo «sono stati salvati circa 240mila migranti nell’ambito di
1.700 interventi di ricerca e soccorso». I flussi di migranti dalla
Libia permangono perché «il governo libico non ha il controllo delle sue
frontiere» e «il traffico di migranti è un business, che secondo
recenti statistiche europee costituisce il 16-17% del Pil del Paese».
Girardelli ha poi sottolineato che Bruxelles ha assegnato alla missione
EunavForMed «il controllo sull’embargo delle armi» e «l’addestramento
degli uomini della Marina e della Guardia costiera libica. Un percorso
che partirà a breve, la Marina ha garantito istruttori per addestrare i
primi 80-90 ufficiali libici».