Il Sole 23.9.16
Proposta shock del premier Orban
La vergogna ungherese: «Migranti da deportare»
di Attilio Geroni
Le
parole di un leader europeo democraticamente eletto, anche se
nazionalista e populista come il premier ungherese Viktor Orban,
dovrebbero avere sempre il senso della misura. La campagna elettorale in
vista del referendum sul ricollocamento dei migranti, previsto il 2
ottobre, non giustifica in alcun modo ciò che Orban ha detto: il milione
e passa di clandestini approdati in Europa andrebbero secondo lui
«rastrellati» e «deportati».
Sono parole che devono far paura
perché pronunciate da un capo di governo dell’Unione, quella stessa
Unione dove Paesi come Italia e Germania, in splendido isolamento,
stanno cercando di convincere i partner ad affrontare in maniera
coordinata e solidale l’emergenza profughi. Non è possibile che la linea
di divisione tra Est e Ovest – la più pericolosa al momento in Europa
poiché segnata dalle divergenze sui princìpi fondanti dei Trattati – sia
così marcata. Che accanto a chi salva ogni giorno centinaia di migranti
dall’annegamento nel Mediterraneo (l’Italia) e chi soltanto l’anno
scorso ne ha accolti oltre un milione (la Germania), si costruiscano
muri e si fomenti l’intolleranza razziale.
La sovranità nazionale,
invocata sempre con grande disinvoltura dallo stesso Orban, ma anche
dalla nuova leadership polacca, non autorizza linguaggi e gesti estremi,
soprattutto in nome dell’identità e delle radici cristiane dell’Europa.
L’Ungheria ha già costruito un muro ai suoi confini e aggiungere parole
come «deportazione» e «rastrellamenti» alla retorica nazionalista può
solo allontanarla idealmente – ed è già grave – dall’Europa.