Il Sole 21.9.16
Il premier «apre», ma sarà il referendum a decidere chi darà le carte sull’Italicum
di Lina Palmerini
È
più simbolica che sostanziale la discussione sulle mozioni parlamentari
per modificare l’Italicum. È vero, c’è una disponibilità a cambiare ma
le leggi elettorali, almeno le ultime, sono il prodotto di rapporti di
forza tra partiti. E oggi non sono chiari. A deciderli sarà il
referendum.
Un rinvio ha deciso la Consulta e
un rinvio sarà quello delle Camere. Perché oltre al gesto di discutere e
votare le mozioni in cui ci si impegna a modificare l’Italicum, non si
andrà. Matteo Renzi anche ieri si è detto disponibile a cambiare ma il
tema vero delle leggi elettorali non sono le dichiarazioni ma chi dà le
carte nella trattativa che più di tutte interessa i parlamentari visto
che riguarda il loro futuro seggio. E oggi non si sa chi può dare le
carte. Perfino il premier ha una forza “precaria”, legata cioè all’esito
referendario. E chi adesso lo spinge a fare una proposta di merito
sulle modifiche sa che è un nonsenso perché Renzi dei prossimi due mesi
non sarà lo stesso dopo la data del referendum, presumibilmente a fine
novembre. Un conto è un premier perdente che quindi dovrà accettare le
condizioni di altri, un’altra storia è una sua vittoria popolare: oggi
siamo nel mezzo di un libro senza sapere il finale. E tutti, per due
mesi, rimarranno in attesa di questo finale.
Insomma,
la vittoria del sì o del no metterà sul podio i vincitori di questa
battaglia ed è chiaro che si ridefiniranno i rapporti di forza in
un’eventuale trattativa sull’Italicum. Renzi o i 5 Stelle? Sono due
scenari che cambiano radicalmente i pesi politici e quindi la piega che
prenderà la discussione. Non si può prescindere da questo dato politico.
Da quella che sarà l’investitura popolare dei partiti e dei leader dopo
il referendum e che si trascineranno nel negoziato. Del resto, la
storia delle ultime leggi elettorali è dei “vincitori”. L’Italicum è
frutto della fase di espansione renziana, anche se i primi passaggi
parlamentari avevano anche l’appoggio di Forza Italia. E il Porcellum –
poi rivisto dalla Consulta – fu il prodotto della maggioranza
berlusconiana con la Lega e fu il tentativo di impedire la vittoria del
centro-sinistra. Prima ancora il Mattarellum, anche quello nacque sulla
spinta di un referendum popolare di cui il Parlamento dovette prendere
atto.
Almeno finora, le leggi elettorali
non sono nate dal fair play ma dopo scambi serrati in cui conta il peso
dei giocatori in campo, il loro potere numerico o di ricatto, o un clima
parlamentare. E, in questo caso, c’è anche un altro attore protagonista
da cui non si potrà prescindere: la Consulta che però ha deciso di
rinviare la pronuncia sull’Italicum dopo il referendum. Perché il
quesito mette di fronte a un bivio anche le regole elettorali: un conto è
la vittoria dei “sì” che elimina il bicameralismo paritario e il Senato
elettivo com’è oggi; altro conto è se i “no” terranno in vita il
sistema attuale. Avremo una legge per una sola Camera o per due? Ce lo
dirà l’esito referendario.
Ieri il Movimento
5 Stelle ha fatto la sua proposta: proporzionale e preferenze. Per
alcuni un ritorno alla prima repubblica; per altri l’inizio di un
percorso che potrebbe portarli a pensare ad alleanze per governare. In
ogni caso è una scelta che diventerà centrale se vincerà il fronte del
“no” di cui i grillini sono i primi sostenitori. E metterà in crisi
quella parte del Pd che oggi pende verso il “no” proprio a causa
dell’Italicum ma che sulla legge elettorale si è sempre proclamata a
favore dei sistemi maggioritari.