martedì 20 settembre 2016

Il Sole 20.9.16
Soddisfazione nelle file del governo E alla Camera è guerra di mozioni
Italicum, la Consulta rinvia a dopo il referendum
Nessun verdetto il 4 ottobre, i giudici decideranno sulla costituzionalità con ogni probabilità a gennaio
Domani il voto sulla mozione di Si, il Pd decide oggi se presentare un suo documento
di Emilia Patta

ROMA La notizia del rinvio dell’attesa udienza del 4 ottobre sui ricorsi dei Tribunali di Messina e di Torino contro l’Italicum annunciata ieri sera dal presidente della Consulta Paolo Grossi - notizia anticipata dal Sole 24 Ore il 14 settembre - piomba su una Camera che ha appena iniziato la discussione sulla legge elettorale. Domani sarà infatti messa ai voti la mozione di Sinistra italiana che giudica incostituzionale l’Italicum voluto da Matteo Renzi ed entrato in vigore il 1° luglio scorso e propone di conseguenza delle modifiche ricalcando appunto le argomentazioni dei ricorrenti alla Consulta. E la decisione del presidente Grossi, condivisa dalla maggioranza del collegio, contribuisce senza dubbio a svelenire il clima politico in vista del referendum sulla riforma del Senato e del Titolo V la cui data sarà fissata nel Consiglio dei ministri di lunedì prossimo (si voterà il 27 novembre o il 4 dicembre). In questo senso la decisione del rinvio non può che essere accolta con soddisfazione da Palazzo Chigi. Come spiega il costituzionalista vicino al governo Francesco Clementi, «si tratta di una scelta molto saggia, che lascia inalterata la possibilità di giudizio della Corte ed evita, al tempo stesso, che sia trascinata nella campagna referendaria. Evitando per altro che la Corte decida fuori da un corretto contesto istituzionale riguardo al bicameralismo».
Lo stesso Renzi, impegnato a New York per l’assemblea dell’Onu, prima della notizia del rinvio aveva sottolineato un cambio di clima in una sua e news: «Sono molto contento che il clima sia cambiato, finalmente, anche dopo alcuni confronti civili di questi giorni. Nessuno parla più di attentati alla democrazia e finalmente la discussione sta entrando nel merito». E ancora: «Il dibattito non è sulla legge elettorale, non è sulla durata della legislatura, non è sui poteri del premier. È più banalmente una possibilità concreta di rendere il nostro Paese più semplice riducendo il numero dei politici (ecco perché gli altri reagiscono così arrabbiati!) e aumentando il livello della buona politica». Sgombrato il campo da una possibile bocciatura, sia pure parziale, della legge elettorale da parte della Consulta in piena campagna referendaria, ora a Palazzo Chigi sono più fiduciosi che si possa raggiungere l’obiettivo della vittoria dei Sì. I sondaggi sul tavolo dei collaboratori del premier danno un sostanziale testa a testa, ma come sottolinea anche Renzi nella sua enews quasi la metà degli italiani non ha deciso e non è informata abbastanza. Su questi, naturalmente, punterà la campagna per il Sì.
Certo la questione dell’Italicum e del “combinato disposto” con il superamento del bicameralismo resta nel dibattito politico, soprattutto all’interno del Pd. Lo ha ricordato ancora ieri Pier Luigi Bersani, punto di riferimento della minoranza dem: «Spero in un’iniziativa del governo per evitare che i senatori nuovi vengano fatti a tavolino, che con il 25% uno pigli tutto e che i deputati vengano nominati non si sa da chi». L’ex leader del Pd ha comunque ribadito che sul referendum terrà una posizione per così dire neutrale, ossia non darà indicazioni di voto: «La gente deve essere serena davanti a questa scelta».
Resta il fatto che il Pd deve decidere in queste ore come comportarsi a Montecitorio nel voto sulla mozione di Sinistra italiana. Alla mozione dei vendoliani si è infatti aggiunta non solo una mozione del Movimento 5 stelle («anche se con l’Italicum possiamo vincere - sono le parole del deputato Andrea Cecconi in Aula - noi questa legge non la vogliamo»), ma anche una mozione, per ora annunciata, degli alleati centristi di Alfano. Ed è una presa di posizione che mette in qualche difficoltà il Pd, perché propone di reintrodurre il premio alla coalizione invece che alla lista e di eliminare il ballottaggio. Punti sui quali Renzi non transige. Il capogruppo dei deputati dem Ettore Rosato e il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini stanno dunque lavorando per raggiungere una posizione di maggioranza, assieme ad Alleanza popolare, che ribadisca la disponibilità al confronto annunciata dallo stesso Renzi ma con paletti non derogabili, a cominciare dalla governabilità. Ossia dalla certezza di avere una maggioranza di governo a urne chiuse. Ma il punto - si sottolinea - è che «deve essere chiaro che le proposte di modifica devono venire dalle opposizioni». Stasera sarà un’assemblea del gruppo del Pd a decidere come comportarsi (ci sarà anche un’assemblea dei centristi). E non è escluso che alla fine il Pd si limiti a bocciare le mozioni altrui senza presentarne una propria. A maggior ragione ora che la Consulta ha rinviato il “verdetto”, a Renzi non conviene esporsi con proposte: disponibilità sì, ma le proposte devono arrivare dagli altri.