Il Sole 18.9.16
Non si può negare a un minore un diritto concesso dalla legge agli adulti
«Giusto ribadire un principio di equità»
di Gilberto Corbellini
La
commissione federale belga che ha autorizzato per la prima volta
l’eutanasia per un minorenne, non ha comunicato l’età del giovane.
Potrebbe essere qualunque, dato che due anni fa il parlamento belga ha
votato a favore della legalizzazione dell’eutanasia anche per i
minorenni, senza porre alcun limite di età, e lasciando come vincoli il
consenso dei genitori, una consulenza psicologica che accerti la salute
mentale e capacità di decidere.
Ovviamente ci deve essere la
certezza medica (prognosi) della morte imminente. Anche in Olanda i
minorenni possono accedere all'eutanasia, ma solo se hanno più di 12
anni e solo il consenso dei genitori fino a 16; da 16 a 18 anni in
Olanda i genitori devono essere informati.
È molto probabile che
si tornerà a fare paragoni con i nazisti e si riparlerà di china
scivolosa. Non sono argomenti critici validi: i nazisti uccidevano le
persone contro la loro volontà, cioè l’eutanasia era imposta dallo stato
e non scelta liberamente come opzione; la china scivolosa implica un
deragliamento da una pratica regolamentata e controllata, che non è
proprio il caso di come viene governata l’eutanasia in Belgio e in
Olanda.
Il parlamento belga, democraticamente eletto, legifera in
uno dei paesi dove i cittadini si dichiarano più soddisfatti della
qualità della loro vita sociale: il Belgio al 17° posto al mondo per
indice di felicità e l’Olanda al 7°, mentre noi siamo al 50°. Quando fu
approvata con 88 voti a favore e 44 contro l’eutanasia anche per i
bambini malati terminali, l’argomento che giustamente portarono coloro
che erano favorevoli suonava più o meno così: scusate, ma se abbiamo
convenuto che è eticamente giusto e politicamente rispettoso dei diritti
fondamentali consentire che i medici aiutino a morire un adulto malato
terminale per rispetto della sua dignità, perché non dovrebbe esserlo
per un minorenne?
Un adulto in Belgio ha il diritto di evitare intollerabili sofferenze causate da una malattia terminale.
C’è
qualche ragione valida per negare un minorenne, solo in quanto tale,
giudicato capace di decidere e colpito dalla stessa malattia quel
medesimo diritto? Il principio di equità in etica dice che si devono
trattare le situazioni uguali nello stesso modo, salvo che non vi siano
ragioni particolari per non farlo.
Un bambino e un giovane soffrono il dolore come un adulto e possono patire la stessa sofferenza psicologica.
Sarebbe
ingiustizia o cattiveria o perfido egoismo impedire a un minorenne, al
proprio figlio, di non accedere a quello che ritenuto un diritto per un
adulto capace di decidere, anche se ci fa star male in modo straziante
il fatto di perderlo.