il manifesto 23.9.16
Contro il Fertility Day: «Welfare, non clessidre»
Movimenti.
Proteste in 12 città per la libertà di autodeterminazione delle donne:
«Lorenzin dimettiti». Renzi difende la ministra della Salute. Palazzo
Chigi sfugge alle critiche politiche e scarica le responsabilità della
campagna sui suoi comunicatori. Il sito della campagna, costata 131 mila
euro, non rispetta le normative in vigore nella pubblica
amministrazione
di Roberto Ciccarelli
ROMA Un
errore di comunicazione, non politico. La responsabilità della campagna
razzista del ministero della Salute sulla «fertilità» è della direttrice
della comunicazione Daniela Rodorigo che ieri è stata dimessa, non di
chi ha concepito un «piano nazionale della fertilità» fondato sulla
colpevolizzazione delle donne che non procreano, insensibile sia alla
loro libertà anche di non procreare sia alla mancanza di un welfare
(reddito, asili, tutele) che permetta a una coppia di decidere se avere
un figlio o no.
È su questa linea che si è attestata ieri la
difesa della ministra della Salute Beatrice Lorenzin travolta da uno
tsunami in rete, ormai da considerare il luogo dove si esprime – con
lucidità e determinazione – l’opposizione sociale in Italia. La
«campagna era proprio brutta», si è trattato di un «errore tecnico e di
incapacità», «io faccio il ministro, non il comunicatore», «mi interessa
il messaggio più della campagna in sé. Basta polemiche, contano i
fatti», «i social strumentalizzano, l’immagine non era stata approvata
da noi» ha detto Lorenzin nel giorno in cui il suo ministero ha
celebrato il «Fertility Day». «Tecnicamente parlando la campagna è
inguardabile dal punto di vista della comunicazione, avrà fatto rizzare i
capelli a Berlusconi» ha detto ieri il premier Renzi a «Otto e mezzo»,
respingendo l’idea che Lorenzin debba dimettersi.
Per la seconda
volta in meno di un mese, il governo è riuscito a sviare il problema
politico creato dal «piano nazionale della fertilità», contestato ieri
in almeno 12 città anche sotto il ministero della Salute a Roma:
considerare la «fertilità» come un «bene comune» della nazione (si è
letto su una delle ignobili immagini della prima campagna comunicativa)
indipendentemente dal desiderio e dalla volontà delle donne.
Su
questo aspetto decisivo, rimosso dalla ministra e dal presidente del
Consiglio, si sono concentrate le critiche. «Il compito della donna, in
questa filosofia della guerra, neppure così strisciante, è quello di
farsi garante della tradizione e della trasmissione, quindi anche di
procreare, di invertire gli indici di denatalità, di consentire la
continuazione della razza » ha scritto Cristina Morini su «OperaViva».
«Questa
è la retorica della colpa di essere proprietarie di un corpo-sepolcro
vuoto, improduttivo, non messo a valore, l’essere in debito con la
società per non riuscire a contribuire all’esistenza di nuova forza
lavoro per il mercato» ha scritto Ambra Lancia su «Dinamopress».
«Ministra
– si legge sul blog «Al di là del buco/Abbatto i muri», tra i più
determinati nella battaglia – ma ritirare tutto il piano della fertilità
e presentare le dimissioni no? Almeno per questione di buon gusto. Non è
possibile che si dica al mondo che quel ministero vada per conto suo
senza la sua importante supervisione e poi non assumersi la
responsabilità degli errori commessi per piani nazionali e campagne del
suo ministero».
Le dimissioni di Lorenzin sono state chieste ieri
in piazza dalla campagna «Fertility Fake» da Roma a Milano, da Trieste a
Bari, sostenuta tra gli altri dalla Rete della Conoscenza, Cgil e Arci.
Lanciata da uno spot brillante ha puntato sul problema del reddito, del
welfare e degli asili nido.
La rete «Io Decido» – che ha promosso
con l’Udi e Donne in rete contro la violenza la manifestazione del 26
novembre a Roma contro il femmicidio e la libertà di scelta delle donne
-ha denunciato anche i tagli ai centri antiviolenza. Il contenuto
razzista della seconda campagna del ministero è stato duramente
attaccato: «I figli delle coppie eterosessuali italiane vengono dipinti
come l’antidoto contro la crisi economica, ma anche contro l’invasione
migrante e l’utilizzo della scienza come strumento per superare presunti
limiti etici imposti dalla natura».
A Bologna i manifestanti
della «Favolosa Coalizione» hanno denunciato «la volontà politica di un
grande spot all’eterosessualità obbligatoria e alla maternità come
destino delle donne». «Rifiutiamo questa sessualità normata.
Rivendichiamo il diritto all’autodeterminazione» sostengono i centri
sociali Tpo e Labàs. «Fertilità significa coltivare desideri, libertà di
scelta e diritti» hanno detto a Padova le Fuxia Block con un nutrito
numero di movimenti e associazioni.
Contro il fertility day
Le
dimissioni della ministra sono state chieste da Sinistra Italiana che
ha presentato alla Camera una mozione di censura. «Alla ministra –
sostengono i deputati del Movimento Cinque stelle – piacerebbe scegliere
un direttore per la comunicazione di alto profilo. Per lo stesso
principio vorremmo un ministero della Salute all’altezza». La campagna
sulla «fertilità» durerà un altro anno sul sito www.fertilityday2016.it.
Il
sito in questione non rispetta i fondamentali parametri di
accessibilità dei siti web della Pubblica Amministrazione e che valgono
dal 2005. Lo ha segnalato Matteo Flora in un post pubblicato sul gruppo
Facebook Italian Digital Minion. Il sito non è in linea con le normative
dell’accessibilità; è online su un dominio di primo livello, anziché su
uno di terzo livello (.gov.it) come richiesto dalla legge Brunetta del
2009. E, soprattutto, questo dominio non è intestato al ministero –
all’indirizzo www.salute.gov.it – ma all’azienda che ha curato la
comunicazione della campagna sul “fertilityday”: Mediaticamente S.r.l.
Una ricerca su “Who is” conferma questo: Il ministero della Salute ha
pagato 113.300 euro per questa campagna della durata di un anno. La
stessa azienda, Mediaticamente S.r.l., si è aggiudicata il servizio di
comunicazione multimediale per la pubblicazione on-line di tre numeri
dei quaderni del Ministero della Salute, per un importo di 35.172 euro.