il manifesto 23.9.16
Chiara Saraceno
«Hanno problemi di comunicazione, ma tutta la campagna è ambigua»
Intervista. Parla la sociologa della famiglia Chiara Saraceno
intervista di Carlo Lania
Professoressa Saraceno che pensa delle polemiche sul Fertility Day della ministra Lorenzin?
Che
si continua la lunga via degli sbagli comunicativi. E chiaro che al
ministero della Salute hanno dei problemi nel fare comunicazione su un
tema così importante e delicato, un tema che non si può trattare
superficialmente», spiega Chiara Saraceno, sociologa e studiosa della
famiglia. «Già le prime immagini della campagna avevano totalmente
fuorviato l’attenzione dal vero problema e anche dai contenuti del piano
nazionale per la fertilità. Adesso è chiaro che non c’è chiarezza su
quelli che devono essere gli obiettivi di un piano per la fertilità.
Però dietro questi errori forse non c’è solo leggerezza, ma anche
un’ambiguità.
C’è un’ambiguità o una visione arretrata della società?
Direi
ambiguità, anche in alcuni dei messaggi del piano stesso. Le faccio un
esempio: quando si dice, al quarto punto degli obiettivi del piano, che
bisogna fare una rivoluzione culturale per far capire che la fertilità è
un bene – o un obiettivo – prezioso non solo dell’individuo, ma anche
della società, uno rimane un pochino perplesso.
Perché?
Intanto
perché non è la fertilità in sé semmai è la fecondità, cioè il fatto di
avere un figlio che può essere qualcosa che dà gioia. Di cui la
fertilità è una precondizione ma un figlio uno lo deve volere. Tanto
meno la fertilità è un bene della collettività, concetto tradotto nella
campagna in: la fertilità è un bene comune. Oppure ci sono dei messaggi
sempre nel piano in cui sembra che si fanno figli tardi o non se ne
fanno affatto perché la gente è immatura o egoista, in particolare le
donne. Si parla di persistenza adolescenziale o di donne che vogliono
lavorare e realizzarsi, mettendo questo in contrasto con la maternità.
Come se le responsabili fossero le donne e non eventualmente
l’organizzazione sociale. E’ un piano, quindi dovrebbe occuparsi del
benessere degli individui dal punto di vista della salute e porsi il
problema della difesa della fertilità e di una prevenzione dai danni
alla fertilità nell’ottica del benessere del singolo. Questo dovrebbe
essere il suo primo punto: la salute riproduttiva è una parte importante
del benessere di ciascuno. Invece si comincia dicendo che una bassa
natalità rende insostenibile il welfare. Che può essere anche vero, ma
non è, o non dovrebbe essere, il primo obiettivo di un piano per la
fertilità.
Chi contesta il Fertility Day ricorda che per avere un figlio bisogna avere la sicurezza di un reddito, asili nido…
La
ministra ha ragione nel dire che lei non si occupa di queste politiche,
però allora non deve neppure suggerire, come fa questa campagna, che
quello della bassa natalità sia solo un problema di egoismo o di
maturità. Vero, non è compito suo occuparsi di queste politiche. Ma
allora stai stretta al tuo campo, dì: io mi occupo della salute
riproduttiva e quindi di prevenzione, di consultori. Afferma che della
fertilità bisogna cominciare a occuparsene da bambini? Benissimo allora
con molta più forza devo dire che ci deve essere un’educazione sessuale
fin dalla scuola. Invece nei messaggi che vengono trasmessi sembra che
sia tutto un problema di scelte individuali, la colpa è delle persone
che si comportano male, fumano, bevono o non vanno dal medico. La
campagna sul Fertility Day è stata una frana totale, e francamente non
riesco neanche a capire il senso dell’iniziativa: dà un carattere
emergenziale che non esiste. Sembra poi che l’emergenza non sia tanto la
fertilità quanto la fecondità, cioè il fatto che nascono pochi bambini,
no che ci sono tante persone sterili.
Però all’estero campagne simili hanno avuto successo, penso alla Danimarca.
Sì
però la campagna danese diceva: «Andate in vacanza», era gioiosa, non
era punitiva. Diceva andate in vacanza che così magari fate un figlio,
ovviamente se ne avete voglia e se volete. E poi non dimentichiamo che
in Danimarca i servizi ci sono e non si corre il rischio di diventare
poveri perché fai un figlio di troppo. Inoltre il tasso di occupazione
femminile è alto. Invece qui da noi è tutto un messaggio punitivo:
comportatevi bene, state attenti alle malattie e così via.
Tra le cose da non fare ci sono anche le cattive frequentazioni tra le quali, sembra di capire, anche gli stranieri.
In
realtà il messaggio avrebbe dovuto riguardare i comportamenti malsani,
come ubriacarsi e fumare, che sono malsani mica solo per la fecondità.
Dopo di che sono stati rappresentati figurativamente in un modo
gravemente fuori dalla grazia di Dio. Per raffigurare il comportamento
cattivo hanno usato il colore della pelle. Siamo tornati alla paura
dell’uomo nero.