venerdì 23 settembre 2016

il manifesto 23.9.16
Gianluigi Rondi, una vita sul tappeto rosso
È scomparso a 95 anni il decano dei critici italiani
di Silvana Silvestri

Quando il critico cinematografico rivestiva un’autorevolezza nel mondo culturale (e industriale) cinematografico, Gianluigi Rondi, scomparso ieri a Roma all’età di 94 anni era già considerato in Italia rappresentante di punta della categoria. Decano dei critici, presidente del David di Donatello, una trentina di decorazioni ricevute da varie parti del mondo con la nomina di cavaliere, commendatore, grand’ufficiale (e tra queste nel 1951 la prestigiosa Legion d’Onore di Francia), non c’è ambito che non si sia servito della sua competenza: stampa, editoria, cinema, sceneggiatura, televisione, organizzazione di festival, premi, giurie internazionali, insegnamento universitario.
Non che lo si sia mai visto frequentare i cineclub – non erano certo luoghi di potere – le strade che aveva preso la critica al volgere degli anni ’70 divergevano e poche volte si incrociavano. Eppure anche in questo ambito a un certo punto ebbe l’audacia di scegliere come selezionatori di Venezia le punte estreme della critica (Enzo Ungari, Roberto Silvestri) in un panorama che stava totalmente cambiando le coordinate della visione (l’ideazione di Massenzio sfuggiva a ogni logica precedente e nasceva dopo anni di esplorazioni e scoperte degli spazi off)
Del resto la principale attività di Rondi non fu la scrittura e forse neanche il cinema, ma la sapiente tessitura di relazioni e organizzazioni, il rapporto con le celebrità (Ingmar Bergman, Visconti, Fellini, ritratto accanto a Gina Lollobrigida, amico di Sofia Loren e Marlene Dietrich), la stretta adesione alla politica culturale democristiana che con Andreotti segna tutta una stagione nel nostro paese, baluardo degli interessi Usa nel nostro paese. «All’epoca eravamo tutti un po’ democristiani» diceva (più recentemente ha preso la tessera del Pd). Una linea che lo porta dritto alla stroncatura di Le mani sulla città di Rosi per proseguire con il «cinema oscuro» di Antonioni o «un nulla popolato da incubi senza nesso» riferito a Carmelo Bene e i famosi scambi di «considerazioni» con Pasolini.
Nato in Valtellina nel 1921, si trasferisce al seguito della famiglia a Genova dove il padre capitano dei Carabinieri era stato destinato, quindi a Roma, dove frequenta il liceo Giulio Cesare e si laurea in giurisprudenza nel ’45. Il fratello più giovane di tre anni è Brunello Rondi (regista e sceneggiatore collaboratore di Fellini, da non dimenticare). Dirige la rivista Teatro, collabora con Voce Operaia organo dei comunisti cattolici, diventa il vice di Silvio d’Amico come critico teatrale al Tempo per diventare poi critico cinematografico titolare, un incarico che non ha più lasciato (e scrive anche per Le Figaro e per giornali belgi). Nel 1948 tiene corsi di cinema alla Pro Deo (proseguirà l’insegnamento negli anni ’50 alla Gregoriana, all’Università del Sacro Cuore a Milano, all’università per stranieri di Perugia), nel ’49 è membro della giuria alla Mostra di Venezia, quindi collabora con il Giornale Radio (un incarico che terminerà nel 1995).
Inizia un’attività di sceneggiatore per Pabst, Mankiewicz, René Clair e negli anni sessanta cura per la televisione cicli dedicati ai registi più famosi. Dal ’66 al 1990 dirige gli incontri internazionali del cinema di Sorrento, fonda nel 1970 il festival delle Nazioni di Taormina di cui è direttore artistico, nel ’71 diventa commissario della Biennale di Venezia che poi lascia per la mancata riforma dell’ente (e nel primo anno si chiede il suo allontanamento per aver inserito nel programma I diavoli di Ken Russell, film considerato blasfemo), diventa nuovamente direttore della mostra dall’83 all’86, presiede il Festival di Locarno ed è nominato membro del consiglio direttivo della Biennale di cui diventa presidente dal 1993 al 1997. Nel 2011 è stato nominato dal governo Berlusconi commissario straordinario della Siae.
Poi è la volta della Fondazione cinema per Roma di cui diventa presidente fino al 2012 (Piera Detassis che lo sostituì saluta in lui un maestro, un padre, un complice, un arguto politico, unendosi al cordoglio di tutto il personale della Festa di Roma). Ed è stato a lungo uno dei personaggi (il giovane critico, l’anziano critico, la professoressa, il passante…) di «Cinematografo» di Marzullo. Sempre con la sua sciarpa bianca (da non confondersi con quelli che la portavano rossa), capace di sintetizzare al massimo, dando prova di essere in perfetta sintonia con i tempi televisivi (altri autorevoli critici erano subito interrotti quando accennavano ad approfondire).
Nelle biblioteche dei cinéphiles forse possiamo trovare anche qualcuno dei suoi libri (alcuni li ha editati negli ultimi anni) come Sette domande a quarantanove registi o Kurosawa, Bergman e gli altri. Nel 2013 è uscito Immagini del Cinema viste da Gian Luigi Rondi. Con un’intervista a Gina Lollobrigida e una testimonianza di Paolo e Vittorio Taviani. A cura di Simone Casavecchia e il Centro sperimentale ha editato Tutto il cinema in 100 (e più) lettere dedicato agli autori italiani, mentre quello dedicato agli stranieri uscirà nel corso di quest’anno.