il manifesto 10.9.16
Per il gigante asiatico si prevede un futuro di autoritarismo soft
di Simone Pieranni
L’approccio
di analisi complessiva alla Cina contemporanea ha – nel suo complesso –
un elemento di grande fascino nella sua mutevolezza. Le diverse
riflessioni effettuate sul gigante asiatico, finiscono per colpire anche
grandi protagonisti della letteratura contemporanea riguardo Pechino e
il partito comunista.
Così uno degli studiosi della Cina più
rilevanti, come David Shambaugh, può scrivere di avere probabilmente
sbagliato analisi quando, in un libro precedente, attribuiva determinate
caratteristiche all’attuale partito comunista cinese. Implicitamente
oggi il dibattito sulla Cina nasce da una prima considerazione:
nonostante la tanta pubblicistica che ritiene imminente un collasso di
Pechino, questo non accadrà. Ci si domanda quindi, laddove si indaga il
meccanismo che permette il funzionamento sociale del paese, quanto il
partito comunista arginerà eventuali cambiamenti.
Se Shambaugh nel
suo precedente «China’s Communist Party, atrophy and adaptation»
riteneva il Pcc piuttosto saldo nella gestione di scenari interni ed
esterni costantemente in mutamento, la presidenza di Xi ha spinto
Shambaugh a rivedere, in parte, la propria posizione. In «China’s
future» (Polity, 19 dollari), volume pubblicato di recente, il docente
della Washington University si focalizza sulle necessarie riforme
economiche e ritiene che la leadership cinese possa arrivare a nuove
decisioni. Quello che secondo il professore è attualmente un
«autoritarismo forte» (hard authoritarism), frutto della stretta del
2008 e della nuova leadership, dovrà diventare qualcos’altro. Le strade
secondo Shambaugh sono varie: autoritarismo soft, semi democrazia sono
due delle possibilità.
E per ogni eventuale «sliding doors» che
potrà scegliere la Cina, Shambaugh prova a immaginarne le
caratteristiche e le dinamiche socio-politiche. Ne emerge un volume che
indaga le attuali problematiche legate a tre fattori, quelli economici,
sociali e politici; un’opera che – come accade sempre con Shambaugh –
pur avendo tesi chiare e ben delineate, lascia ampio spazio ad alte
riflessioni e conclusioni sul futuro di un paese che è ormai centrale
nel panorama globalizzato.
La strada che Pechino sceglierà,
quand’anche scegliesse di mantenere quella attuale, costituita da un
forte controllo su economia, politica e società, avrà in ogni caso un
impatto storico. Delinearlo ora, favorisce la possibilità di coglierne
già adesso i primi segnali.