Corriere La Lettura 25.9.16
Il bisturi dell’antenato, ladro di memoria
Ricostruito
da un punto di vista inedito il caso di H.M., il paziente che nel 1953
perse i ricordi dopo uno spericolato intervento chirurgico. L’ha scritto
il nipote del medico che lo operò: «la Lettura» gli ha parlato
di Marco Bruna
La
vita di Henry Molaison cambiò per sempre una sera di luglio, alla metà
degli anni Trenta, quando aveva 7 o 8 anni. Mentre tornava verso casa
dal parco venne urtato da un ciclista e, nella caduta, batté
violentemente la testa. Quell’incidente avrebbe prodotto uno dei casi
più celebri nella storia della medicina.
Poco dopo Molaison
cominciò infatti a sperimentare crisi che peggiorarono anno dopo anno,
fino a condurlo all’epilessia. Le sue giornate erano scandite da gravi
attacchi che gli resero la vita un inferno e lo costrinsero a
un’esistenza di solitudine e isolamento. Fino a quando, all’età di 27
anni, la sua famiglia raccolse l’invito del dottor William Scoville a
sottoporlo a un’operazione chirurgica che prevedeva la rimozione di
alcune parti del suo cervello, nella speranza di alleviare gli effetti
della malattia.
Scoville, uno dei medici più affermati dell’epoca,
primario del reparto di neurochirurgia dell’Institute of Living di
Hartford, in Connecticut, e professore a Yale, rimosse attraverso una
lobotomia circa 25 grammi del cervello di Henry, togliendo parti
dell’ippocampo, dell’amigdala, della corteccia peririnale ed entorinale,
organi che oggi sappiamo essere deputati alla costruzione della
memoria, all’orientamento e alle emozioni.
Era il 25 agosto 1953 e
dopo quell’intervento Henry Molaison sarebbe diventato semplicemente il
paziente H.M., l’uomo senza memoria, portatore di un deficit
neurocognitivo che non gli permetteva di formare nuovi ricordi. In
seguito a quell’operazione il vocabolario di H.M. rimase fermo al 1953 e
la sua capacità di memorizzare volti o situazioni non superava i trenta
secondi. H.M. cominciò da quel 25 agosto a soffrire di amnesia
anterograda, un disturbo connesso alle funzioni mnemoniche del cervello a
partire dal momento in cui si manifesta la causa del problema, e visse
il resto della sua esistenza in un casa di cura, oggetto di studio per
generazioni di medici e ricercatori.
La difficoltà nel ricordare
eventi della sua vita recente non gli precluse tuttavia la possibilità
di imparare nuove azioni e di comprendere, in parte, ciò che succedeva
intorno a lui. Gli veniva più volte ripetuto che la sua storia era sulla
bocca di tutti, che era, in un certo senso, un uomo famoso, e dopo
molti anni, prima della morte, avvenuta il 2 dicembre 2008, aveva
sviluppato un vago senso della sua importanza per il mondo della
scienza. Non solo. La sua storia è stata fonte di ispirazione anche per
la letteratura e per il grande schermo: nel 2000 il regista Christopher
Nolan girò il film Memento , parzialmente basato su questi avvenimenti, e
Suzanne Corkin, all’epoca professoressa emerita di neuroscienze al
Massachusetts Institute of Technology (Mit), che esaminò H.M. per oltre
quarant’anni, nel 2013 gli dedicò il volume Permanent Present Tense: The
Unforgettable Life of the Amnesic Patient, H.M. (Basic Books), che
condensa in circa 400 pagine il vissuto di Henry Molaison.
A
dedicargli nuove attenzioni c’è oggi Luke Dittrich, giornalista del
mensile americano «Esquire», attraverso il libro Patient H.M.: A Story
of Memory, Madness, and Family Secrets (Random House). E lo fa da una
posizione molto particolare: Dittrich è infatti il nipote del chirurgo
che operò H.M., il dottor William Scoville. «La storia di Henry è stata
raccontata molte volte — dice Dittrich a “la Lettura” — ma la versione
che si trova nei libri di testo è incompleta e spesso porta i lettori
nella direzione sbagliata. È vero che Henry, famoso in tutto il mondo
per la sua amnesia, ha aiutato la scienza a raggiungere importanti
conquiste sul piano medico e a capire il funzionamento del nostro
cervello, ma ciò che quell’uomo ha passato ci fornisce un’altra preziosa
lezione: sul consenso del paziente e sull’etica nel campo della ricerca
scientifica. Questi aspetti della vicenda di Henry Molaison sono stati
per la maggior parte ignorati».
La prospettiva attraverso la quale
Luke Dittrich ci guida nella storia di H.M. è inedita, e una parte del
sottotitolo del volume suona quasi programmatica: Segreti di famiglia .
«Il segreto più evidente — continua l’autore — riguarda i dettagli della
malattia mentale che colpì mia nonna (la moglie del dottor Scoville,
ndr ). Durante la metà degli anni Quaranta ebbe un esaurimento nervoso e
fu ricoverata all’Institute of Living di Hartford. Una delle cose che
ho scoperto durante le ricerche per il mio libro era che questo
esaurimento nervoso ha molto più a che fare con l’evoluzione della
scienza moderna di quanto si possa pensare. Suo marito, mio nonno,
diventò molto attivo nell’ambito della neurochirurgia in parte proprio
perché era alla ricerca di una cura per la moglie, di qualcosa che
ponesse rimedio alla sua condizione. È anche da qui che nascono gli
esperimenti che portò avanti su Henry Molasion e che provocarono la
distruzione di alcune parti del suo cervello, all’epoca ritenute legate a
certe malattie mentali».
Quello del dottor William Scoville non
era una caso isolato. I metodi utilizzati in quel periodo in campo
medico erano resi accettabili da una cultura che vedeva nella rimozione
indiscriminata di porzioni di cervello un fatto normale: «Mio nonno era
un brillante neurochirurgo con una vena piuttosto spericolata. Fece
soffrire molte persone e al tempo stesso salvò molte vite. Come in tutti
noi, nella sua personalità si mescolavano bene e male. Mentre scrivevo
Patient H.M. ho cercato di non dimenticare quanto sia facile giudicare
le azioni di persone vissute nel passato alla luce di moderni standard
di comportamento. Molto di ciò che fece mio nonno negli anni in cui
operava sembra una follia oggi, ma al tempo era prassi comune».
Grazie
a casi come quello di H.M. la scienza ha potuto compiere importanti
progressi. E, come ogni grande progresso richiede, c’è stato un prezzo
da pagare: «Henry Molaison ci ha insegnato molto. Ha rivoluzionato la
nostra comprensione di come funziona il cervello umano. Nel corso della
storia, fondamentali passi in avanti hanno avuto luogo grazie a ricerche
condotte su individui affetti da lesioni profonde come Henry. Una delle
cose che ho cercato di fare attraverso il mio libro è di mostrare Henry
Molaison non solo come una raccolta di dati e numeri ma prima di tutto
come una persona».