Corriere 9.9.16
«Alziamo la voce contro gli estremisti»
Islam, violenza, profughi: intervista con Rania di Giordania. «Non cediamo alla paura»
di Antonio Ferrari
Basta
paura, dobbiamo alzare la voce contro i fondamentalisti». Lo sostiene,
in un’intervista al Corriere della Sera, la regina Rania di Giordania,
una musulmana che sa che cosa vuol dire Islam, religione di vita e non
di morte. «Papa Francesco è un modello», dice. Sui profughi: «Abbiamo
accolto tutti, ma non ce la facciamo più». E spiega perché torna spesso
in Italia.
È una donna che molti sognano come moglie, come figlia,
come madre, come sorella. Devo ammettere che la sua bellezza non è
neppure la sua prima qualità. La regina Rania di Giordania è
intelligente, colta, generosa, profondamente umana. È una donna vera,
una musulmana che sa e testimonia cosa vuol dire Islam, religione di
vita e non di morte. In attesa di arrivare in Italia, a Firenze, per
ricevere l’11 settembre l’Humanitarian Award dal grande Andrea Bocelli,
ha deciso di concedermi un’intervista esclusiva e — visti i tempi
difficili- — rarissima, per il Corriere della Sera , che la ospitò nel
2001 a Milano, in via Solferino. Ma è anche la conferma del grande
sentimento di ammirazione e di amore che Rania nutre per l’Italia.
Maestà,
il mondo è in subbuglio, con violenza e confusione che minacciano la
nostra vita quotidiana. Lei è una donna coraggiosa, un’ottimista nata.
Che cosa pensa che dovrebbe fare ciascuno di noi per trovare un po’ di
calma e serenità?
«Sì, sembra proprio che ogni settimana ci porti
qualche nuovo orrore. Il terrorismo, le persone che si fanno esplodere, e
altri fatti indiscriminati di violenza hanno creato una nuova realtà
globale che non soltanto oltrepassa i confini nazionali, ma, come lei ha
ricordato, anche i limiti personali della nostra vita. Gli ultimi mesi
ci hanno lasciato la sensazione che siamo tutti in prima linea. I civili
innocenti non sono più i “danni collaterali”, ma piuttosto “bersagli
ricercati”. La paura è una reazione naturale e ragionevole, ma può
ispirare pensieri e azioni irrazionali. Influenza le decisioni che
prendiamo: dove viaggiare, per chi votare, quali valori e principi siano
più importanti per noi: Se lasciamo che la paura prenda il sopravvento,
essa minerà la fiducia, l’apertura agli altri, la cooperazione... E, in
ultima analisi, il progresso umano. Ecco perché penso che sia
fondamentale che ci ricordiamo che i nostri valori e le nostre
convinzioni sono più forti di quelle degli estremisti. Ed è altrettanto
importante che non diventiamo insensibili, che non perdiamo la nostra
compassione e l’umanità, e che rimaniamo motivati a sufficienza per
voler cambiare le cose, o almeno per provarci».
Lei, Maestà, ha
creato importanti progetti a sostegno di donne e bambini. È spaventoso
vedere tante giovani vittime in tante guerre senza senso nel mondo.
Siamo scossi dall’ingiustizia di tutto ciò. Cosa direbbe ai suoi figli
più piccoli? Cosa desidera fare per proteggerli?
«L’entità delle
tragedie più recenti è inimmaginabile ed i bambini, i meno responsabili
per il conflitto, spesso pagano il prezzo più alto. La mia prima
reazione è la rabbia: questo è un mondo che ha spogliato milioni di
bambini della loro infanzia. Ma poi l’infanzia passa e l’urgenza e la
responsabilità di reagire prendono il sopravvento, ed è questo che
condivido con i miei figli, ricordando loro che sono privilegiati, e con
il privilegio viene la responsabilità di aiutare coloro che non sono
altrettanto fortunati. Parlo con loro di empatia, di come non debbano
mai perdere di vista le storie personali e la sofferenza che sta dietro
notizie e dati statistici e, soprattutto, che ogni gentilezza conta, non
importa quanto piccola».
La Giordania è un regno molto generoso e
tollerante. Sua Maestà Re Abdullah ha dichiarato che quasi un quarto
della popolazione è costituito da migranti e rifugiati. In passato,
hanno riparato da voi molti iracheni, oggi state fornendo un focolare ai
siriani. Come può, il vostro Paese, sostenere un tale impegno
finanziario?
«La Giordania è sempre stata un rifugio sicuro per
tutti coloro che fuggono dalla violenza. Per quanto possa andare
indietro con la memoria, la regione del Medio Oriente è sempre stata in
una sorta di agitazione. Oggi stiamo ospitando un milione e trecentomila
profughi siriani a causa del conflitto in Siria. In passato abbiamo
accolto i palestinesi, poi gli iracheni e altri, rendendo la Giordania
il secondo più grande ospite di rifugiati — pro capite — del mondo. La
nostra decisione di consentire l’ingresso di rifugiati non è mai stata
strategica o politica. Se avessimo fatto affidamento sulla scelta
razionale e logica, non avremmo preso nessun rifugiato. Semplicemente,
perché non abbiamo abbastanza risorse da condividere. La nostra
decisione è stata quindi umanitaria e morale. Abbiamo fatto tutto quanto
in nostro potere per dare a questi rifugiati riparo e opportunità, ma
la Giordania è uno dei Paesi più poveri della regione, e la nostra
capacità di far fronte è stata messa a dura prova, fino al punto di
rottura».
Che cosa intende dirmi, Maestà?
«Che questo è il
motivo per cui abbiamo più volte invitato la comunità internazionale a
contribuire e aiutare la Giordania ad affrontare l’enorme stress che
pesa sull’Economia, sulle infrastrutture e le risorse. I donatori sono
stati generosi, ma le esigenze superano di gran lunga, per quantità e
rapidità di evoluzione, questi numeri».
Lei è una convinta
sostenitrice dell’Istruzione . Penso a tutti i bambini rifugiati nel
vostro Paese, che non possono ricordare quando si divertivano con i loro
giochi, ma sono abituati al fragore delle esplosioni, e hanno visto
solo armi e sofferenze senza fine. Cosa si può fare per salvare questa
generazione?
«L’istruzione è la loro via d’uscita. Non vi è dubbio
che ogni giorno trascorso fuori dalla scuola è un giorno rubato al
potenziale di un bambino. I bambini hanno maggior bisogno di formazione,
specialmente in situazioni di emergenza come queste. Quando hanno paura
e soffrono, quando hanno perso i loro cari, quando si trovano in strani
luoghi, perseguitati dagli incubi, quando hanno visto cose che nessun
bambino dovrebbe mai vedere. È proprio allora che hanno bisogno della
routine della giornata scolastica, la distrazione delle lezioni, la
risata nel parco-giochi, e la speranza di un futuro migliore. Mi creda,
sono molto contenta che la Giordania abbia recentemente ricevuto i fondi
necessari per ospitare altri 90.000 bambini siriani, che erano rimasti
fuori dalla scuola, e invece rientrano nelle classi di quest’anno. Si
aggiungono ai 145.000 bambini siriani che si trovano già nelle nostre
scuole dallo scorso anno. Questo è un inizio, ma per evitare di avere
una “generazione perduta”, deve essere fatto più lavoro. Questi bambini
sono stati testimoni di orrori indicibili e molti sono stati feriti
fisicamente, psicologicamente o in entrambi i modi, il che rende fin
troppo facile per loro abbandonare la speranza. Le loro vite sono state
distrutte a tanti livelli. La guarigione sarà un processo enormemente
complicato. Con l’aiuto di agenzie umanitarie internazionali e di
privati donatori abbiamo messo a punto programmi di terapia
psico-sociale per i bambini siriani e per gli adulti nei campi e in
tutto il Paese per aiutarli ad affrontare ciò che hanno visto, fare
esperienza e guardare avanti, verso un futuro più promettente».
Maestà,
il regno di Giordania sta pagando un prezzo molto alto per la sua
generosa protezione dei rifugiati — in termini finanziari e sociali —, e
questo sta interessando tutti i settori della società. Pensa che il suo
Paese sarà in grado di sostenere un tale sforzo a lungo termine?
«No.
Abbiamo raggiunto il nostro punto di rottura. Purtroppo, la Giordania è
un Paese povero di risorse e non possiamo farci carico di un disastro
umanitario così enorme da soli. Mentre la comunità internazionale, in
occasione della conferenza dei Donatori di Londra, a febbraio, aveva
promesso 3 miliardi di dollari in aiuti, dobbiamo ancora ricevere la
maggior parte di questi fondi. Anche il popolo giordano sta pagando un
prezzo alto, perché la nostra infrastruttura pubblica e sociale è stata
portata all’esaurimento. Dovete capire che la crisi dei rifugiati in
Giordania non è ristretta ai campi profughi. Più del 90% dei rifugiati
vive in paesi e città, esercitando un’enorme pressione sulle nostre
scuole, ospedali, servizi comunali e molto altro ancora. Solo il 35% del
costo dei rifugiati è stato sostenuto dalla comunità internazionale, e
il governo giordano ha dovuto colmare la lacuna, con più di un quarto
del nostro bilancio. I Paesi in via di sviluppo, Giordania inclusa,
ospitano l’86% della popolazione di rifugiati del mondo, mentre i sei
Paesi che mettono assieme il 60% dell’economia mondiale ne stanno
ospitando meno del 9%. Questo è un doloroso squilibrio.
La
situazione è insostenibile, ed è per questo che stiamo lavorando per
diffondere e indirizzare un nuovo approccio alla crisi dei rifugiati in
Giordania. Se otterrà successo, potrà essere replicato da altri Paesi
ospitanti. Abbiamo istituito 18 zone economiche speciali, con incentivi
alle imprese, per incoraggiare le multinazionali a venire in Giordania e
creare posti di lavoro e opportunità, sia per i giordani sia per i
profughi siriani».
La Giordania ha anche pagato un prezzo
altissimo per il terrorismo. Come possiamo fermare gli attacchi dei
fondamentalisti? Sua maestà il Re Abdullah e voi stessa, avete
giustamente condannato questa violenza senza senso, dicendo che non ha
nulla a che fare con l’Islam. Papa Francesco, che lei ha incontrato,
afferma che non ci sono guerre fra le religioni, ma in ogni religione
sembra esserci un elemento estremista. È d’accordo?
«Innanzitutto
vorrei dire che ammiro veramente il lavoro che papa Francesco ha fatto e
fa per rafforzare i legami tra le fedi. Lui è un modello per il dialogo
interreligioso e la convivenza. La sua voce è tanto necessaria nel
mondo frammentato di oggi. Abbiamo bisogno di un maggior numero di voci
come la sua. Ora più che mai.
Sia Sua Maestà sia io abbiamo
ripetuto molte volte che questi gruppi estremisti non hanno nulla a che
fare con la fede. E tutto, invece, con il fanatismo. Hanno fatto
dell’Islam un ostaggio per promuovere i propri programmi, e per
dividerci. In questo modo, peraltro, hanno sfruttato una religione i cui
fondamenti sono la pace, il perdono e la tolleranza. A causa della loro
ideologia violenta, hanno innescato un’ondata globale di islamofobia,
che si basa su una percezione sbagliata e preconcetta dell’Islam e dei
musulmani. I risultati alimentano gli obiettivi del nemico: vogliono
vedere il mondo civilizzato diviso. Vogliono che il mondo emargini i
musulmani e che questi musulmani, a loro volta, si assoggettino alle
loro campagne di reclutamento.
Sì, credo sia importante ricordare
che ogni religione ha i suoi fondamentalisti, per i quali l’intolleranza
resta una bussola più della fede. Come musulmani, abbiamo la
responsabilità di alzare la voce contro questi estremisti, e parlare
liberamente e senza paura dei veri insegnamenti dell’Islam. Non possiamo
rimanere in silenzio di fronte a tanta ingiustizia».
Dopo
l’assassinio di un prete cattolico a Rouen, molti musulmani in Francia,
in Italia e in altri Paesi hanno partecipato alla Messa della domenica
in solidarietà con i cristiani. Pensa che questa possa essere la giusta
via da imboccare per isolare quegli estremisti che utilizzano la
religione per i loro interessi?
«Vede, questi gruppi estremisti
hanno dichiarato loro nemico l’intero mondo civile. Quindi dobbiamo
essere, tutti insieme, uniti nella lotta contro di loro. Più loro
attribuiscono le loro azioni all’Islam, più provocano intolleranza
contro tutti i musulmani amanti della pace. In pratica, non soltanto
abbiamo paura dei terroristi, ma cominciamo a temerci a vicenda. Perciò
gli atti di solidarietà che lei menziona sono così importanti. Abbiamo
anche visto, in molte parti d’Europa, innumerevoli atti di solidarietà
di persone comuni verso i rifugiati musulmani. I musulmani di tutto il
mondo hanno condiviso il lutto della Francia, e nel lutto tutte le
tragedie che sono state inflitte agli innocenti. La comunità musulmana
rigetta fondamentalmente questi atti di violenza. Ritengo lei sappia che
i musulmani hanno sofferto fino al 97% delle fatalità connesse al
terrorismo, negli ultimi cinque anni. Decine di migliaia di musulmani
sono stati uccisi da gruppi estremisti. Ci auguriamo che sempre più
persone nel mondo vogliano manifestare la loro solidarietà anche a loro.
È essenziale che noi non gettiamo benzina sul fuoco della discordia,
come fanno gli estremisti».
Maestà, ogni volta che lei viene in
Italia, la gente è entusiasta e percorre lunghe distanze per vederla.
L’Italia la ama, ma so che il sentimento è reciproco. Che cosa le piace
maggiormente del nostro Paese?
«Grazie, veramente lo apprezzo
molto. Come lei sa, il motivo più importante per cui spesso ritorno da
voi è la gente. Gli italiani sono sempre stati così gentili, e la loro
generosità di spirito ha il potere di far ritornare chiunque. L’amore
per la vita che hanno gli italiani è contagioso. E poi, naturalmente,
c’è la bellezza dell’Italia. C’è davvero tanto da ammirare nel vostro
Paese. Avverto una forte, continua emozione semplicemente per il fatto
di camminare in queste strade pavimentate con la pietra, ammirando
l’architettura è l’arte lasciate in eredità dal Rinascimento, che
impresse all’umanità e alla civiltà la sua grande spinta evolutiva. E
infine: chi può resistere alla cucina italiana? Spero che molti italiani
vengano a visitare la Giordania, magari facendo una passeggiata lungo
gli antichi incavi nella roccia di Petra, e poi galleggiare sulle acque
del Mar Morto, per vedere le bellezze del mio Paese, godere
dell’ospitalità giordana e gustare, oltretutto le nostre deliziose
specialità alimentari».
Grazie, Maestà, per questa intervista.
«Grazie a lei».