Corriere 8.9.16
Kristeva: uniti, non sottomessi Come rifondare il matrimonio
di Stefano Montefiori
Una
25enne borsista bulgara arriva a Parigi, nel 1966, con cinque dollari
in tasca, una non comune padronanza del francese e «idee tanto
coraggiose quanto vaghe». La brillante studiosa Julia Kristeva chiede un
incontro a Philippe Sollers, di pochi anni più grande e già fondatore
della rivista Tel Quel , quella di Roland Barthes, Umberto Eco e alcuni
altri monumenti. Julia e Philippe non si lasceranno più, l’estate
prossima festeggeranno cinquant’anni di matrimonio. Allo loro unione
hanno dedicato «Del matrimonio considerato come un’arte», non una
ricetta ma una riflessione su «come vivere insieme, senza sottomissione
dell’uno all’altro e senza negare le differenze».
Intanto, Julia
Kristeva non crede nella coppia fusionale. «Nella storia recente della
cultura francese abbiamo due o tre esempi di coppie date come modello,
coppie surrealiste come Nadja e André Breton, dove la donna è allo
stesso tempo mito, strega e vittima, oppure la coppia contestataria
Beauvoir e Sartre, e poi ancora Elsa Triolet e Aragon, incensati dal
partito comunista. Poi si è capito che questi miti si fondavano su
errori, abbiamo conosciuto la sofferenza di Beauvoir rispetto alla
mancata maternità, o la fuga di Aragon verso l’omosessualità. Non c’è un
modello possibile, quel che conta è mettersi in discussione. Io e
Philippe abbiamo subito preso la misura delle nostre singolarità ed
estraneità, e abbiamo provato a fare della vita di coppia uno spazio di
pensiero. Che ciascuno prosegua nella la sua creatività, che si discuta
insieme. Coesistenza di due estraneità, rispetto dell’alterità
dell’altro, e malgrado tutto cura, cioè preoccupazione dell’altro».
Sulla
fedeltà, Kristeva ha delle frasi fulminanti: «Il sentimento di fedeltà
risale all’infanzia e al suo desiderio di sicurezza. Personalmente ho
ricevuto i miei pegni di fedeltà quando ero bambina». E ancora: «Ci
possono essere “all’esterno” delle relazioni sessuali e sensuali che
rispettano il corpo e la sensibilità del partner principale. È questa la
fedeltà. E non stare sempre insieme, o non conoscere alcun altro uomo o
alcuna altra donna». Qual è il ruolo del narcisismo? «Un incontro si
basa sempre su un magnetismo sessuale e su una fascinazione, e in questa
fascinazione c’è anche la capacità di tendere all’altro uno specchio
gratificante. Tu ti vedi in me, io mi vedo in te e i nostri ideali, i
nostri narcisismi si incrociano e si incontrano».
Guardando al suo
matrimonio, secondo Kristeva «c’era una possibilità su non so quanti
miliardi che una donna nata nell’Europa comunista percorresse una linea
di pensiero che incrociava l’intelletto di un giovane borghese di
Bordeaux. Ma in quella Francia che usciva dalla guerra d’Algeria alcuni
intellettuali si interessavano allo strutturalismo, al formalismo russo,
alla filosofia post-marxista. Sollers ha incontrato in me una ragazza
che veniva dal comunismo del disgelo, l’era di Krusciov contro Stalin,
l’apertura all’umanesimo dell’Illuminismo, la rivalutazione di Diderot,
Voltaire, Rousseau, il nuovo romanzo dopo Sartre e Beauvoir sul quale
avevo appena fato una tesi. Questa corrispondenza intellettuale si è
tradotta nella realtà grazie anche al caso. Non ci saremmo mai
incontrati se il capo del mio istituto in Bulgaria, un comunista puro e
duro, non si fosse assentato permettendo a un altro professore di
presentarmi all’Ambasciata di Francia per farmi assegnare la borsa di
studio».
Nei giorni scorsi in Italia si è molto parlato di
maternità, dopo una discussa campagna della ministra per la Salute. «La
maternità ha scosso le femministe, le ha divise. Simone de Beauvoir
diceva che un bambino era un tumore che divora la donna, che avere un
bambino significa sottomettersi al patriarcato. All’estremo opposto c’è
l’idea di sottomettere la donna al ruolo di riproduttrice della specie.
Bisognerebbe evitare entrambi gli estremi e indagare a fondo la
questione della passione materna. Ma non abbiamo abbastanza strumenti,
l’umanesimo secolarizzato non ha un discorso sulla maternità, siamo
vittime sia del rigetto, sia del discorso religioso, con il modello
della Vergine Maria, il burqa o non so che altro. È la prossima sfida
delle scienze umane accompagnare le donne nel loro desiderio di
maternità, o di non maternità».