lunedì 26 settembre 2016

Corriere 26.9.16
«Senza di voi qui si chiude»
L’ex pm antimafia svizzero, Paolo Bernasconi, dice al Corriere : «Dietro il risultato di questo referendum c’è sicuramente la mancanza di conoscenza delle regole basilari dell’economia: senza italiani qui chiudiamo. I frontalieri sono indispensabili».
intervista di Claudio Del Frate

LUGANO «Dietro il risultato di questo referendum c’è un problema di istruzione...».
In che senso..?
«Nel senso che questa gente ignora le regole basilari dell’economia».
Diretto e preciso, quasi si fosse già scritto da tempo il giudizio, Paolo Bernasconi non ha bisogno di troppe parole per esprimere quel che pensa. Avvocato, docente universitario, ex procuratore di Lugano e collaboratore di Carla Del Ponte e Giovanni Falcone, Bernasconi viene spesso tirato in ballo come voce critica sui fatti che accadono a Lugano e dintorni. E anche stavolta non liscia il pelo ai suoi concittadini.
Bernasconi, cosa ci dice il 58% di consensi al referendum «Prima i nostri»?
«Che è in atto uno scollamento tra ciò che fanno i partiti e quello che accade nel mondo dell’economia. Le imprese ticinesi chiamano ogni giorno dall’Italia 62 mila lavoratori, senza i quali il sistema manifatturiero, la sanità, il commercio chiuderebbero dalla sera alla mattina. E questi cosa fanno? Votano per rimandarli indietro. La realtà è che i frontalieri sono indispensabili alla nostra economia».
Nel febbraio del 2014, però, l’intera Svizzera votò a favore dell’introduzione di quote per immigrati e lavoratori stranieri. E una settimana fa il Parlamento ha varato una proposta che, seppur in maniera molto soft, cerca di dare attuazione a quel voto...
«Il Parlamento ha scelto la via della trattativa, degli accordi con l’Unione Europea, ed è quella corretta. Qui invece prevalgono gli slogan, la faciloneria, l’illusione che possano esistere soluzioni immediate a problemi complessi».
Ma se al Ticino servono davvero i frontalieri, come si spiega la schizofrenia del voto di ieri?
«Si tratta di una questione strettamente politica, di un gioco di potere. L’Udc, la Lega dei Ticinesi stanno tentando di scalzare le élite economiche rappresentate dai partiti storici e allora devono inventarsi qualcosa. Che cosa? La paura, la paura da scaricare su un nemico a portata di mano. E a questo scopo sono venuti buoni i lavoratori italiani».
Al sodo: la consultazione di ieri avrà conseguenze concrete?
«A mio parere nessuna. Non si riuscirà ad attuare la norma prima di tutto perché è incostituzionale, introduce delle disparità tra cittadini e fa prevalere un criterio come la residenza sul merito e le capacità, condizionando la libertà di scelta delle imprese. Ma soprattutto sarà la realtà a imporsi. Sono in contatto con numerosi ceo di società grandi e piccole, che vivono di export. E sapete cosa mi dicono tutti? Che in Svizzera non c’è abbastanza manodopera, che abbiamo bisogno di lavoratori provenienti dall’estero. Torniamo al problema della mancanza di cultura economica: la Svizzera oggi corre un grosso rischio, quello che alcuni dei suoi gioielli imprenditoriali vengano acquistati dalla Cina, cioè un Paese statalista. E noi di che cosa stiamo a discutere? Di impedire l’arrivo di persone utili alle nostre aziende...».
Udc e Lega dei Ticinesi non credono che il tasso di disoccupazione sia del 3,1% come dicono le cifre ufficiali...
«Quando hanno letto quei numeri per prima cosa hanno chiesto la chiusura dell’istituto che li aveva elaborati anziché confutarli. Come se un malato con la febbre gettasse via il termometro. Formidabile...».