Corriere 25.9.16
Merkel: apriremo ai profughi da Italia e Grecia
di Maria Serena Natale
La
cancelliera tedesca Angela Merkel non rinnega le aperture verso
l’immigrazione, che pure le sono costate due pesanti sconfitte
elettorali a livello locale. Al vertice tra i leader della rotta
balcanica, riuniti ieri a Vienna, ha annunciato che la Germania
accoglierà ogni mese da Italia e Grecia centinaia di profughi con il
permesso di soggiorno. Sull’altro piatto della bilancia, si annuncia un
giro di vite sull’immigrazione illegale: il modello è quello
dell’accordo stretto lo scorso marzo con Ankara, che ha sostanzialmente
bloccato il flusso di migranti dai Balcani in Europa (spostandolo verso
il Mediterraneo e l’Italia), e dalla replica di quello schema con Paesi
come Pakistan e Afghanistan.
Modello Turchia. Il giro di vite
sull’immigrazione illegale annunciato dai leader della rotta balcanica
riuniti ieri a Vienna passa dall’applicazione dell’accordo stretto lo
scorso marzo con Ankara e dalla replica dello stesso schema, che in
futuro potrà essere esteso a Niger, Egitto, Pakistan, Afghanistan... È
il punto d’incontro tra Paesi che solo un anno fa erano su posizioni
opposte: l’Ungheria del premier nazionalista Viktor Orbán, che
nell’estate 2015 volle il primo muro anti-migranti alla frontiera con la
Serbia; la Germania di Angela Merkel che a fine agosto pronunciò la
frase ormai storica, «Wir schaffen das» (possiamo farcela), spalancando
le porte a oltre un milione di profughi. Una linea aperturista che
Merkel non ha mai rinnegato — ancora ieri ha annunciato che Berlino
accoglierà ogni mese da Italia e Grecia centinaia di profughi con il
permesso di soggiorno.
Ma quell’entusiasmo sollevò anche un’onda
di tensione interna che in queste ultime settimane è sfociata in due
pesanti sconfitte elettorali per il partito della cancelliera. E oggi
viene bilanciato con una retorica più decisa sulla lotta
all’immigrazione clandestina.
Al summit in Austria hanno
partecipato anche i capi di governo di Croazia, Slovenia, Romania,
Bulgaria, Serbia, Albania e Grecia. Proprio la Grecia di Alexis Tsipras è
la più penalizzata dall’intesa raggiunta tra Bruxelles e Ankara per
fermare le partenze dalle coste turche verso le isole elleniche. Fino
all’entrata in vigore dell’accordo, dalla Grecia i migranti potevano
risalire la penisola balcanica per proseguire verso nord. Oggi si viene
identificati in territorio greco: chi è senza documenti o privo dei
requisiti per l’asilo dev’essere rimandato in Turchia (in migliaia sono
di fatto intrappolati nel Paese). L’intenzione formulata a Vienna è di
stipulare accordi simili con Stati terzi che riprendano i migranti
illegali.
Intesa tutt’altro che blindata. Ankara non ha
soddisfatto le condizioni di Bruxelles, in primis l’ammorbidimento delle
norme anti-terrorismo che il presidente Erdogan vuole invece inasprire,
tanto più dopo il fallito golpe. La Ue non ha liberalizzato i visti per
i cittadini turchi come concordato. Queste tensioni mettono a rischio
la tenuta del patto e spingono i Paesi a riorganizzarsi per evitare
chiusure unilaterali dei confini. Orbán propone «un megacampo profughi
Ue in Libia» e paventa nuove crisi per consolidare il consenso in vista
del referendum del 2 ottobre sulla politica europea di redistribuzione
dei profughi contestata dal Centro-Est. La Serbia denuncia totale
mancanza di coordinamento. E con i Balcani chiusi, la rotta principale è
tornata quella del Mediterraneo: oltre 300 mila persone hanno preso il
mare dall’inizio del 2016 per raggiungere l’Italia. Di immigrazione ieri
ha parlato da Bari il procuratore Antimafia Franco Roberti: «Ha fatto
bene il governo a battere i piedi con gli altri Paesi. Fingere che il
problema sia solo di Grecia e Italia e che non riguardi tutta l’Europa è
inaccettabile».