Corriere 25.9.16
Vigilanza Rai, l’ossessione del commissario
di Aldo Grasso
Michele
Anzaldi, deputato del Pd, membro della ferale Commissione di vigilanza
Rai, è un cliente fedele di questa bottega. È un chiacchierone e quindi
ciancia spesso di tv, di Servizio pubblico, di «stipendi faraonici», di
Antonio Campo Dall’Orto, diventato ormai la sua ossessione. Ultimamente è
stato durissimo: ha chiesto il commissariamento dell’amministratore
delegato, lo ha paragonato a capitan Schettino (un’infamia), ha detto
che non ne imbrocca una che è una, che ha trasformato il Servizio
pubblico in una tv commerciale. Non si era mai vista tanta veemenza.
A
nome di chi parla Anzaldi? Facciamo alcune ipotesi. Parla per se
stesso. Nel qual caso, chi gli vuol bene dovrebbe spiegargli che spesso
si abbandona a scempiaggini, che di tv dimostra di non capire molto.
Parla per conto di Matteo Renzi. In questo caso, però, farebbe un
cattivo servizio al premier. Lo dipingerebbe come uno che getta la
pietra ma nasconde la mano, un pusillanime che non ha il coraggio di far
fuori una sua scelta. Parla a nome del partito. Ma non era questo il
governo che gridava «via le mani dei partiti dalla Rai»? Davvero il Pd è
così interessato a controllare Viale Mazzini?
La mia impressione è
che, in parti diverse, siano vere tutt’e tre le ipotesi. Motivo per cui
la vera riforma della Rai inizierà solo quando verrà abolita la
Commissione di vigilanza. Altrimenti, meglio chiudere bottega. Quella di
Viale Mazzini.