domenica 18 settembre 2016

Corriere 18.9.16
I due Paesi più religiosi d’Europa in prima fila nella battaglia per garantire la «dolce morte»
di Luigi Offeddu

Così le scelte di Bruxelles e L’Aia hanno aperto un dibattito mondiale
Due cose, nel costume, sembrano accomunare Belgio e Olanda: l’essere stati, fino a 40-50 anni fa, due fra i Paesi d’Europa in cui la religione o le confessioni religiose in genere hanno contato di più; e l’essere poi divenuti i due massimi esempi di secolarizzazione, con centinaia di chiese cattoliche o protestanti sempre più vuote. Conta, non conta, c’entra qualcosa o no con il fatto che questi due stessi Paesi abbiano varcato per primi e più a fondo in Europa le frontiere dell’eutanasia? Quella secolarizzazione è stata una concausa, una conseguenza, un fenomeno comunque correlato? Periodicamente, ogni volta che come in queste ore scatta il dibattito sulla dolce morte, c’è chi sostiene di sì e chi di no. Alla fine il quesito rimane irrisolto, ma intanto i fatti e le cifre parlano: che l’eutanasia sia una conquista di libertà civile o un delitto intollerabile, Belgio e Olanda ne hanno ormai fatto una tappa della propria storia, e pongono domande al resto del mondo.
Il 4 aprile 1990, re Baldovino del Belgio si dichiarò per due giorni «incapace di regnare», con il pieno assenso di Parlamento e governo. La Costituzione, appositamente modificata, gli consentiva una «impossibilità morale» di compiere certi atti ufficiali. Così il sovrano evitò di firmare la legge che legalizzava parzialmente l’aborto. La considerava contraria alla sua fede cattolica, e poi aveva — fu spiegato — un motivo ancora più personale: lui e la moglie Fabiola non avevano mai avuto figli. Così accadde anche che il Belgio potesse salvare certi suoi principi (formalmente? apparentemente?) radicati da secoli senza imporli alla volontà del potere legislativo: perché la legge passò, come 12 anni dopo passò quella sull’eutanasia, e nel 2014 quella sua estensione che ha fatto dell’ex regno di Baldovino il primo Paese a concedere la «dolce morte» anche ai minori di 12 anni, con il consenso di genitori o tutori legali. Prodigio di machiavellismo, sostennero e sostengono i suoi oppositori. E di nuovo quella riflessione: il primo Paese d’Europa per numero di cattolici praticanti è diventato anche il primo a varcare quella frontiera legislativa inammissibile proprio per i cattolici. E così l’Olanda, con il suo popolo che — cattolico o protestante — è stato per secoli uno dei più credenti d’Europa, nel bene e nel male, con una storia dominata da rivolte, guerre, profonde riforme quasi tutte improntate a una confessione religiosa. Oggi, L’Aia conserva ancora il limite dei 12 anni di età alla pratica della dolce morte, ma per il resto mantiene pur con qualche variante la stessa base legale di Bruxelles: la presenza di «insopportabili sofferenze fisiche o psicologiche», purché supportate da una «richiesta volontaria, ponderata, reiterata», e certificate da un medico.
«Questo è un nuovo spazio di libertà addizionale che si apre, per tutti — disse il primo ministro belga dell’epoca, Elio Di Rupo, quando la dolce morte fu legalizzata nei suo aspetti più estremi —. Ma certamente nessuno sarà obbligato ad applicarlo. Capisco molto bene la delicatezza del tema, l’esitazione, la questione di coscienza che si spalanca su temi così delicati, che riguardano dei bambini malati. Ma ripeto: è uno spazio in più di libertà». Una libertà di cui si è avvalso, quasi con fierezza e diventando un simbolo, anche Hugo Claus, considerato il più grande scrittore belga degli ultimi decenni.
Se nella politica e nei codici l’eutanasia ha trovato sia in Belgio che in Olanda una collocazione ormai (quasi) consolidata, nella vita reale non è stato certo così. A Bruxelles, vescovi cattolici, rabbini ebrei e imam musulmani si sono spesso ritrovati per protestare contro la legge. In Olanda, nel 2014, la dottoressa Els Borst, già ministro della Sanità e vicepremier, ha pagato a 81 anni con la vita il fatto di essere stata sempre considerata la «madre» della legge sull’eutanasia. «L’ho punita per il suo misfatto», ha detto l’uomo che l’ha straziata a coltellate.