mercoledì 31 agosto 2016

IN PRIMO PIANO

Corriere 31.8.16
Ieri alla Festa nazionale de l’Unità di Catania
D’Alema: «Ho perso le elezioni in modo meno catastrofico di Renzi» e il pubblico applaude:


La Stampa 31.8.16
Ovazione per D’Alema alla festa renziana
“Renzi brutale sulla Rai come Berlusconi”
E sul referendum: “Trovo sbagliato spaccare il Paese”. Lunedì prossimo una riunione organizzativa per il “no”
di Fabio Albanese


«Nel paese c’è tanto spazio per il no, ce n’è molto meno nell’informazione, largamente controllata anche dopo l’occupazione brutale della Rai da parte del governo, la cacciata dei dissidenti, cosa che mi ha molto colpito perché solo Berlusconi era arrivato a tanto». Massimo D’Alema arriva alla festa nazionale dell’Unità, in corso a Catania, e nonostante sia stato invitato a parlare di politica estera con il ministro Gentiloni, punta dritto al referendum costituzionale e al suo «no» convinto: «Vedo che siete tutti interessati alla politica estera», esordisce, ironico, parlando con i giornalisti.
E quando gli chiedono come si sente da invitato a una festa dell’Unità costruita sulla ricerca del consenso al «si» per il referendum, ribatte serafico: «La festa è per me un appuntamento a cui partecipo tutti gli anni, da una cinquantina d’anni e non trovo motivi per non esserci. Io non faccio parte di nessuna minoranza, faccio parte di me stesso». L’ex premier conferma per il 5 settembre una riunione organizzativa per coloro che sono per il «no», «non solo gente del Pd, ci sono iscritti, non più iscritti ma anche gente mai iscritta al Pd».
Nel dibattito con il ministro Paolo Gentiloni, coordinato dal direttore del Foglio Claudio Cerasa, D’Alema ha fatto la parte del leone, a vedere l’entusiasmo del pubblico: applausi scroscianti per lui, più di «cortesia» quelli per il ministro. E quando Cerasa chiede al pubblico se voterà «si» o «no», si alzano poche mani per la posizione del governo e tante per quella di D’Alema. Il quale spiega: «Trovo sbagliato aver spaccato il Paese sulla Costituzione. Ora Renzi ha detto che se vince il no non ci saranno elezioni anticipate, affermazione che considero positiva. Se si va al voto nel 2018, c’è tutto il tempo per fare una limitata riforma costituzionale; non 44 articoli che danno vita a un complicato e farraginoso sistema, ma un testo di una pagina, tre articoli, per ridurre il numero dei parlamentari, bloccare la navetta delle leggi senza rinunciare al bicameralismo perfetto così come fanno negli Stati Uniti, per dare il voto di fiducia solo alla Camera dei deputati». E la legge elettorale? «Resto convinto che l’Italicum sia viziato da un difetto costituzionale».
Il «lider Maximo» non risparmia nemmeno il suo ex fedelissimo Matteo Orfini, presidente Pd, che domenica scorsa, proprio a Catania, aveva detto di non capire il no di un D’Alema che vuole fare i girotondi: «Mi sembra difficile l’idea di fare girotondi con i professori De Siervo, Casavola, Onida, Chieli. Forse Orfini dovrebbe essere più rispettoso verso queste personalità che rappresentano tanta parte della cultura italiana», ha replicato.
Il dibattito sulle «sfide della sinistra nel disordine mondiale» è rimasto sullo sfondo perché si è parlato tanto di politica interna, del Pd e del referendum costituzionale, con una platea «affamata» di politica e che sembrava non aspettare altro. Gentiloni ci ha provato a parlare del tema assegnato ma non ha potuto far altro che offrire la sua visione del partito, avvertendo: «Una spaccatura del Pd non serve a nessuno - ha detto - nemmeno a D’Alema».

Corriere 31.8.16
Referendum, primo derby alla Festa
Il popolo del No applaude D’Alema
Serrato confronto con Gentiloni a Catania alla manifestazione nazionale del Pd. Nessuno stand Anpi a Firenze: non accettano opinioni diverse. La replica: nessun veto
di Ernesto Menicucci

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Repubblica 31.8.16
D'Alema alla festa dell'Unità: "Con la riforma Renzi ha spaccato in due il Paese"
Bersani: "La gente non mangia pane e referendum"

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L'Huffington Post 31.8.16
Festa dell'Unità, al dibattito con Massimo D'Alema vince il no. "Renzi è ormai un politico come tutti gli altri"
di Angela Mauro

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Il Fatto 31.8.16
Referendum, D’Alema: “Riforma fatta da maggioranza di trasformisti. Rai occupata brutalmente come ai tempi di Berlusconi”
Alla Festa dell'Unità di Catania l'ex premier attacca Renzi, che ormai "sta diventando un politico tradizionale", e che ha "sbagliato a spaccare il Paese sulla Costituzione"
Il Pd? "Sta diventando un partito normale. Abbiamo tolto l'Imu ai ricchi che ci hanno premiato, mentre la povera gente e il mondo del lavoro non ci votano più"

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Fanpage 31.8.16
D’Alema: “Poco spazio in Rai per il no al referendum, nemmeno Berlusconi arrivò a tanto”

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Il Giornale 31.8.16
Controriforma di D'Alema: via il governo, poi ci penso io
L'ex premier: Renzi è diventato un politico come tutti gli altri con i peggiori difetti. Io mi dimisi per una sconfitta molto meno catastrofica
di Laura Cesaretti

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Il Foglio 31.8.16
Il Massimo della vita
D'Alema avrebbe uno strumento chiaro e lineare per capire se la propria idea è così radicata nel paese: candidarsi alla presidenza del Consiglio
Il Foglio ha lanciato una piccola campagna qualche mese fa. Perché sogniamo di vedere quanto pesa alle elezioni la sinistra dalemiana
di Claudio Cerasa


Roma. Lunedì 5 settembre, a Roma, Massimo D’Alema organizzerà un’assemblea pubblica per mettere insieme le forze di sinistra che non intendono arrendersi al modello di riforma costituzionale proposto dal governo Renzi. L’ex presidente del Consiglio ha tenuto a far sapere che le adesioni ricevute per intervenire all’assemblea sono state così numerose da aver reso inevitabile la scelta di una location più spaziosa. D’altronde la capacità di Massimo D’Alema di mobilitarsi per ostacolare il passo di un leader di sinistra a lui sgradito non è una novità di questi giorni e anche se erano altri tempi Walter Veltroni ricorderà sicuramente con affetto il giorno in cui l’ex ministro degli Esteri (24 giugno 2008) organizzò a Roma un’assemblea pubblica per mettere insieme, attraverso l’associazione Red, le forze di sinistra che non intendevano arrendersi al modello di sinistra proposto dall’allora segretario del Pd.
Nel percorso coerente dello scorpione Massimo l’impressione è che ancora oggi manchi un passaggio chiave nella sua carriera politica. L’ex presidente del Consiglio, che evoca periodicamente una svolta a sinistra dei partiti di sinistra che scelgono di emanciparsi dalla vecchia sinistra, avrebbe uno strumento chiaro e lineare per capire se la propria idea di sinistra è così radicata nel paese o se invece non è altro che la proiezione utopica e romantica di un mondo che semplicemente oggi non esiste più, in quanto condannato non dalle arroganti iene dattilografe ma semplicemente dagli arroganti elettori. E’ un sogno difficile da realizzare, lo sappiamo, ma un sogno possibile se lo si vuole: candidare D’Alema alla presidenza del Consiglio. Un’altra Italia con Massimo è possibile. Il Foglio ha lanciato una piccola campagna qualche mese fa. La mail è sempre la stessa: dalemapremier@ilfoglio.it

il manifesto 31.8.16
D’Alema: riforma condivisa di tre articoli
Referendum. L’ex leader alla festa nazionale attacca Renzi, lancia la sua campagna e presenta un progetto alternativo. I partigiani dell’Anpi non vanno alla festa di Firenze: a differenza di Bologna non ci fanno fare campagna per il No

L’Anpi rompe con il Pd per la festa di Firenze
di Domenico Cirillo


ROMA «Una riforma limitata della Costituzione ma condivisa da un ampio arco di forze politiche. Può essere fatta in sei mesi, solo tre articoli in modo che i cittadini possano conoscerla, non come questa proposta dal governo che nessuno ha capito sulla quale ci viene chiesto un plebisicito». Torna Massimo D’Alema, invitato alla festa nazionale dell’Unità per parlare con il ministro Gentiloni di politica estera, si lancia sulla riforma costituzionale. «Il partito democratico non può scherzare con i principi essenziali della democrazia – dice – cambiare le elezioni con una maggioranza raccogliticcia di trasformisti». Arringa la platea che in gran parte è schierata con lui. Il ministro cerca di fermarlo paragonarlo ai 5 Stelle: «Questa posizione da signor no contraddice la sua biografia». L’ex segretario ricorda il No dell’Ulivo alla riforma costituzionale di Berlusconi e mette sul piatto del suo ritorno al centro della campagna elettorale – prossimo un appuntamento a Roma – la sua proposta di riforma costituzionale da presentare dopo la vittoria del No al referendum costituzionale. «Solo tre aritocli, il primo riduce sia deputati che senatori, 400 i primi e 200 i secondi. Articolo due: fine della navetta parlamentare adottando il sistema degli Usa. Articolo tre: il rapporto di fiducia del governo è solo con la camera».
Nel frattempo a Firenze va in frantumi l’armistizio tra il Pd e l’Anpi sulle feste dell’Unità. Motivo dello scontro ancora il referendum costituzionale, con l’associazione dei partigiani che ha deciso di schierarsi per il No e il partito del presidente del Consiglio che sta dedicando tutto, anche le feste di partito, alla causa del Sì. A Bologna, dopo un iniziale rifiuto, la federazione dei democratici ha concesso il tradizionale spazio nella festa all’Anpi, che adesso è lì a spiegare le ragioni del No al referendum. A Firenze invece la sezione cittadina dell’Anpi ha comunicato ieri che non sarà alla festa perché «la segreteria del Pd ci ha detto di ritenere difficilmente conciliabile la compresenza di opinioni opposte all’interno di una festa caratterizzata dalla campagna per il Sì». La risposta del segretario metropolitano del Pd non lascia spazi a una possibile mediazione sul genere di quella trovata a Bologna. «L’Anpi può venire anche domani – ha detto Fabio Incatasciato – è ovvio però che allestire uno stand solo sul no al referendum costituzionale mi pare irrispettoso verso la festa dell’Unità».
Nella città di Renzi i rapporti tra l’Anpi e il Pd sono particolarmente tesi anche perché i partigiani hanno accusato il sindaco Nardella, renziano tra i primi, di averli esclusi dalle cerimonie per l’anniversario della liberazione della città dai nazi fascisti. La nuova rottura potrebbe mettere a rischio il confronto diretto tra Matteo Renzi e il presidente nazionale dell’Anpi Carlo Smuraglia – ieri duramente attaccato dall’Unità – che l’anziano leader dei partigiani aveva infine accettato e che dovrebbe tenersi a settembre alla festa di Bologna.
In un’altra festa dell’Unità, quella nazionale del Pd a Catania, ieri sera è arrivato Massimo D’Alema per un confronto con il ministro degli esteri Gentiloni che nelle intenzione degli organizzatori doveva essere dedicato alla politica estera. Non lo è stato, visto che l’ex segretario ha esordito criticando il presidente del Consiglio che «è diventato un politico tradizionale con tutti i peggiori difetti di un politico tradizionale».
Davanti a un pubblico di militanti in prevalenza schierato con lui, D’Alema ha denunciato la «frattura sentimentale» aperta da Renzi nel Pd. E tornando alla «rottamazione» di cui si vede vittima, D’Alema ha detto che «questa violenza contro le persone che non c’è mai stata nella sinistra italiana». Gentiloni ha replicato accusando D’Alema di lavorare per una divisione nel partito, imputandogli il fatto di non aver sostenuto i candidati del Pd alle amministrative – vedi il caso di Giachetti a Roma.

Corriere 31.8.16
Bersani intervistato da Berlinguer: questo voto non è una priorità

Firenze ( c.b. ) «Piove, governo»... «Strepitoso». Pier Luigi Bersani completa così la frase di un giornalista che lo stuzzica sul suo rapporto con Renzi. L’ex segretario del Pd, alla Festa dell’Unità di Firenze, scherza prima di sedersi a tavola per un’amatriciana, assieme a Bianca Berlinguer che poi lo intervista sul palco delle Cascine. «La gente non mangia pane e referendum, che è al quarto, quinto posto delle priorità degli italiani, che non arrivano a fine mese — dice Bersani —. Qua a Firenze non c’è l’Anpi? Beh, bisogna stare attenti a non personalizzare troppo le feste (“Basta un sì”, è il titolo, ndr ): ai tempi di Berlinguer mica si facevano le feste sul compromesso storico».

Corriere 31.8.16
Gli ostacoli all’unità cercata dal premier
di Massimo Franco


I funerali ad Amatrice, la città più colpita dal terremoto di otto giorni fa, hanno consentito di rilanciare l’immagine di un’Italia coesa anche politicamente. La presenza del capo dello Stato, Sergio Mattarella, accanto al premier Matteo Renzi e alle altre cariche istituzionali, comprese quelle del M5S, per qualche ora è riuscita ad attenuare le tensioni. Ma le polemiche, fuori, sono già martellanti. Il governo tenta di costruire qualcosa che somigli all’unità nazionale. Ci sta riuscendo nel suo partito, dopo avere nominato Vasco Errani commissario per la ricostruzione: scelta approvata anche dalla minoranza del Pd.
Ma da Firenze arriva l’ennesima lacerazione polemica tra dem e Anpi sul referendum: un anticipo del «no» di tutti gli oppositori renziani. E la pioggia sui funerali solenni di ieri lascia capire quanto, dopo l’emozione e la solidarietà dei primi giorni, la situazione possa peggiorare andando verso l’inverno. Matteo Renzi si sta muovendo bene, ma sa di rischiare un altro fronte dell’impopolarità di qui a pochi mesi. Anche perché Beppe Grillo e Lega hanno tutto l’interesse a delegittimare le decisioni del premier; e a liquidare le misure appena prese come «pannicelli caldi». Il vero problema, però, è un’Europa poco disposta a offrire sponde finanziarie: non come si sperava.
Ieri un portavoce della Commissione Ue ha replicato con freddezza alle richieste di Renzi: l’unica flessibilità possibile è «a tempo». Oggi il premier ne parlerà con la cancelliera tedesca Angela Merkel; e soprattutto con i rispettivi ministri dell’Economia, Pier Carlo Padoan e Wolfgang Schauble. La possibilità che palazzo Chigi riesca a ottenere stanziamenti pluriennali è considerata bassa, però. La Merkel è già sfidata dall’opinione pubblica della Germania per la sua politica di accoglienza dei profughi. E il ministro dell’Economia, Schauble si è sempre mostrato più rigorista di lei.
E il tema dei migranti promette di incunearsi anche nelle polemiche italiane. Nelle file di FI, che pure si era offerta di collaborare con Renzi, ci si chiede perché i soldi non vengano attinti dai 3,3 miliardi di euro stanziati «per gli immigrati clandestini». Renzi viene criticato perfino per la decisione di convocare il vertice Italia-Germania a Maranello, nella sede della Ferrari. Secondo berlusconiani come Renato Brunetta «sarebbe stato meglio» trasferirlo ad Amatrice per rimarcare l’emergenza.
Ma c’è da dubitare che, cambiando luogo, sarebbe cambiata anche la posizione politica tedesca. Tra l’altro, è stato calcolato che per garantire la sicurezza antisismica sarebbero necessari investimenti tra i cinque e i dieci miliardi per circa un decennio. Mentre, avverte il presidente della Toscana, Enrico Rossi, «col patto di stabilità è difficilissimo spendere soldi». Spenderli, e anche ottenerli: soprattutto per un Paese che continua a essere sovraesposto alla volatilità dei mercati finanziari a causa del suo debito pubblico.

Il Fatto 31.8.16
Referendum, Anpi diserta Festa Unità di Firenze: “Per Pd inconciliabile la nostra posizione con la campagna per il sì”
La tregua raggiunta a Bologna si è rotta nella città del premier. Il partito ha inviato il consueto invito ma dopo alcuni contatti ha precisato: "Partecipate ma nel rispetto delle posizioni politiche del Pd sulla consultazione”
Nuovo strappo, dunque, dopo che il sindaco Nardella aveva deciso di fare a meno delle testimonianze dei partigiani alle celebrazioni per la Liberazione del capoluogo
di Giulia Zaccariello

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Il Fatto 31.8.16
“La stampa voleva dividere l’Anpi: ma siamo uniti sul No”
Carlo Smuraglia Il presidente: “Farinetti stia tranquillo: ci schierammo contro legge truffa e governo Tambroni e non siamo diventati un partito”
intervista di Silvia Truzzi

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Il Fatto 31.8.16
Da oggi disponibile “La Costituzione spezzata” di Andrea Pertici
Poche storie, così il governo è strapotente
di Roberto Zaccaria

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Il Sole 31.8.16
I Dem. Dalla minoranza apprezzamento per la scelta di Errani commissario, ma nessuna retromarcia sulla richiesta di cambiare l’Italicum
Riforme, si riapre la partita nel Pd
Dopo la pausa estiva Bersani getta acqua sul fuoco: «Ora alla gente interessa il lavoro»
Roma
di Emilia Patta


«L’Italia non mangia pane e referendum: se noi politici, e voi della stampa, continuiamo a parlare solo di questo vi segnalo che lo scollamento dalla gente aumenta. Non c’è lavoro in questo Paese qui, poi il referendum vediamo come farlo». E ancora: «Il tema della riforma costituzionale non è il terzo problema, è il quarto il quinto o il sesto». Chi si aspettava l’annuncio di qualche apocalisse da parte di Pier Luigi Bersani - ieri sera intervistato in pompa magna da Bianca Berlinguer alla Festa dell’Unità di Firenze - è rimasto deluso. L’ex segretario del Pd e punto di riferimento della minoranza interna, anzi, ha quasi dato l’impressione di voler derubricare la questione del Sì o del No alla riforma del Senato e del Titolo V a questione non prioritaria per un Paese in cui l’economia continua a stagnare e che per di più è stato colpito solo pochi giorni fa da un sisma che ha provocato quasi 300 morti. E non a caso Bersani, prima di affrontare le questioni più politiche, si lancia in una difesa a spada tratta di Vasco Errani come commissario per il terremoto: «Errani è un uomo delle istituzioni, se serve c’è. E la prova del nove per capire se Errani va bene o no è accompagnarlo, fare un giro nei paesi colpiti dal terremoto in Emilia. Non c’è altro amministratore che, dopo quattro anni da una vicenda del genere, viene applaudito da tutti salvo quattro leghisti e tre militanti dei 5 stelle».
Che succede? L’emergenza terremoto e la scelta di Errani da parte di Matteo Renzi hanno fatto rientrare le critiche della minoranza del Pd? Non proprio. Come ricorda lo stesso Bersani il punto è sempre lo stesso: quello che non va non è tanto la riforma costituzionale, per altro votata in tutti i suoi passaggi parlamentari anche dai parlamentari della minoranza, ma il “combinato disposto” con l’Italicum. «O si cambia la legge elettorale, l’Italicum, tanto sennò non funziona questa cosa qui per la democrazia. L’ho sempre detto, quindi mi aspetto che ci sia questa correzione - ribadisce Bersani -. Bisogna che in questi due mesi sia corretta la legge per l’elezione dei senatori e corretto l’Italicum, se no si prende un abbrivio che io ritengo un salto nel buio». La posizione della minoranza è dunque sempre la stessa: per un Sì della componente al referendum occorre che da parte del premier e segretario del Pd venga una proposta di modifica all’Italicum. I bersaniani hanno già presentato la loro, di proposta: un Mattarellum 2.0 basato sui collegi uninominali e rivisto con il premio di maggioranza alla coalizione (non lista) che arriva prima. Ma è chiaro a tutti che prima del referendum Renzi non aprirà a modifiche, anche perché si attende la pronuncia della Corte costituzionale il 4 ottobre prossimo sulla legittimità dei ricorsi contro l’Italicum presentati dai Tribunali di Messina e di Torino. E ambienti parlamentari vicini alla Consulta accreditano l’ipotesi di un accoglimento parziale del ricorso di Torino: in questo caso un ritocco all’Italicum sarebbe inevitabile. Insomma le variabili in campo sono molte, e naturalmente il primo a saperlo è proprio Bersani. Che non a caso non dà un aut aut temporale, anche se alcuni dei suoi fremono per schierarsi subito per il No, ma parla dei «prossimi due mesi».
Il punto è che Bersani e il giovane Roberto Speranza non hanno intenzione di confondere la loro battaglia con quella di Massimo D’Alema, ormai lanciato verso la costruzione di un vero e proprio partito del No (il 5 settembre a Roma sarà presentato il suo comitato con 150 persone). Da parte di Bersani, che al momento non ha alcuna intenzione di lasciare il Pd o favorire qualche scissione, la cautela è dunque d’obbligo. Mentre l’ex premier una possibile scissione l’ha messa in conto da tempo, e ancora ieri è tornato a illustrare le sue ragioni dal palco della Festa nazionale del partito a Catania: «Renzi a me non interessa, a me interessa il testo della riforma costituzionale. Non esiste un partito del No né un partito del Sì, esiste il Sì e il No. Trovo sbagliato aver spaccato in due il Paese sulla Costituzione che dovrebbe essere condivisa. Il mio modello è la costituente, in cui comunisti e democristiani al tempo della guerra fredda scrissero insieme la Costituzione».

Il Sole 31.8.16
Dal terremoto all’economia, Renzi e la stagione del dialogo
di Paolo Pombeni


Renzi cambia verso o più semplicemente adegua la sua strategia ad una stagione mutata? Il terremoto gli ha dato l’occasione per ufficializzare un approccio che in realtà aveva già avviato cautamente da qualche tempo: quello della ricerca di una certa coesione nazionale. Non è tanto questione di supposti ritorni al patto del Nazareno, cioè dell’avvio di una politica di concertazione con le forze parlamentari, quanto il superamento di una impostazione che era ostile ai cosiddetti “corpi intermedi”, interpretati come fautori di un vecchio corporativismo orientato a tenere tutto più o meno fermo.
Poiché la politica ha spesso bisogno anche di fatti emblematici e capaci di muovere le emozioni, ecco che la tragedia del terremoto ha offerto al premier l’occasione per formalizzare in qualche modo la ripresa di un confronto costruttivo con le varie componenti della società italiana. È questo che costringe anche le altre forze politiche a reagire a questo cambio di orizzonte, anche se è presto per capire cosa ne uscirà.
La ricostruzione post terremoto è l’evento ideale sul piano emblematico per sottolineare come di fronte alle prove difficili venga messa in questione la capacità di coesione del sistema-paese. Le forze sociali capiscono per prime che la direzione è quella giusta, perché in realtà non è solo di questo pur difficile problema che ci si deve occupare. Le prospettive per l’immediato non sono rosee. Si parla ancora di stagnazione economica, e per di più il quadro internazionale è poco rassicurante: si pensi all’evoluzione della situazione in Siria con le nuove iniziative turche e si rifletta sulla attuale politica russa. Ci si aggiunga l’incognita delle elezioni presidenziali americane ormai alle porte.
Un paese spaccato in lotte di fazione, che si distrae a pensare che il tema fondamentale sia decidere se mandare o meno all’aria l’equilibrio attuale, non è un soggetto che dia garanzie di tenuta in un contesto come quello che si sta prefigurando. Renzi, che indubbiamente dispone di informazioni ed analisi approfondite sullo scenario che ci aspetta, sembra aver capito che è il momento per affrontare la ricostruzione di un sistema di confronto e di interazione fra la politica del governo e le forze sociali. Non per tornare al vecchio sistema del consociativismo in cui tutti hanno diritto di veto e dunque alla fine non si riescono ad impostare azioni di sviluppo, ma certo per uscire dalla logica della forzatura delle decisioni, come si poteva (forse) fare quando le prospettive erano favorevoli.
Certo per il premier non è una strada facile, non solo per qualche diffidenza indotta dai ricordi delle sue vecchie politiche d’assalto. Deve convincere che si sta scommettendo sulla possibilità di sperimentare un nuovo modo di fare politica, lontano sia dal superato consociativismo corporativo sia dalle forzature ultra-decisioniste che sempre allarmano un paese complicato come il nostro.
Per il successo di questa nuova fase politica molto dipenderà dalla capacità dei partiti di giocare in essa una partita intelligente. Il Pd deve superare i risentimenti che animano la sua minoranza, i “moderati” debbono ritrovare leadership e strategia, le forze che hanno scelto il radicalismo devono ridimensionarsi al nuovo quadro in essere. Facile a dirsi, ma significa persone e gruppi che perdono posizioni e potere e altri che emergono a ruoli dirigenti.
Tuttavia è la scommessa che ha di fronte il paese, ben più dello stesso Renzi: ricostruire non può significare rabberciare quel che si è incrinato. La metafora del terremoto mostra dove si finisce quando si agisce così.