il manifesto 27.8.16
Margine Protettivo: Israele si autoassolve, di nuovo
Gaza.
La magistratura militare ha chiuso senza esiti 13 delle 31 inchieste su
crimini di guerra commessi due anni fa durante la sua ultima offensiva
militare
Saeb Erekat (Olp): l'unica strada è la Corte penale internazionale
di Michele Giorgio
GERUSALEMME
Mercoledì scorso le agenzie di stampa italiane riferivano, con ampio
spazio, anche con filmati, della conclusione «nel migliore dei modi»
della ”Operazione Safari”, ossia il trasferimento in Israele e in altri
Paesi degli animali del malandato zoo di Gaza. Hanno oscurato l’ultimo
capitolo di un’altra operazione di cui, nello stesso giorno, hanno
riferito le principali agenzie di stampa internazionali come la francese
Afp e l’americana Ap. L’Operazione “Margine Protettivo”. A due anni
dalla conclusione dell’ultima offensiva israeliana contro Gaza – circa
2300 palestinesi uccisi, migliaia feriti, decine di migliaia di
abitazioni e strutture industriali completamente o parzialmente
distrutte – i comandi militari dello Stato ebraico hanno annunciato la
chiusura di quasi la metà delle inchieste interne che avevano avviato.
Sulle complessive 360 denunce di crimini di guerra, i giudici militari
avevano trovato «prove sufficienti» solo per 31 indagini e 13 di queste
sono state chiuse. Tre soldati sono stati rinviati a giudizio per atti
di sciacallaggio. Niente di più.
Eppure erano insistenti le accuse
di crimini di guerra rivolte a Israele da vari organismi internazionali
e centri per i diritti umani al termine delle operazioni militari, a
cominciare dalle Nazioni Unite. L’Onu, peraltro, non mancò di puntare
l’indice anche contro il movimento islamico Hamas e i suoi lanci di
razzi verso il territorio israeliano dove fecero alcune vittime civili
(dei 73 morti israeliani, 66 erano soldati caduti in combattimento). Le
polemiche andarono avanti per mesi e la Ong “Breaking the Silence”,
composta da ex militari israeliani, pubblicò a ridosso del primo
anniversario della guerra, decine di rivelazioni di soldati e ufficiali
(anonimi) su violenze, bombardamenti indiscriminati e altre violazioni
commesse dall’esercito nei 50 giorni di “Margine Protettivo”. Per la
magistratura militare israeliana al contrario l’operato dei comandi e
dei soldati sul terreno avvenne nel quadro delle regole di ingaggio e
delle procedure (israeliane) previste durante combattimenti e incursioni
in territorio nemico.
Tra i casi in cui non è stato riscontrato
alcun illecito, si legge in un rapporto di 21 pagine, c’è anche il
bombardamento di una scuola delle Nazioni Unite a Rafah, a sud di Gaza,
in cui rimasero uccisi dieci civili. L’attacco fu condannato con forza
dal Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon e definito «vergognoso»
anche dagli Stati Uniti, i principali alleati di Israele. Il presidente
francese Francois Hollande parlò di un bombardamento «inaccettabile» e
invocò un procedimento giudiziario contro i responsabili. Di altro
avviso sono stati i giudici militari. Nel loro rapporto, a proposito di
questo caso, si legge che erano stati individuati tre combattenti
palestinesi in sella ad una moto. I comandi militari quindi avrebbero
preso la decisione di colpirli con un missile a basso potenziale per
minimizzare i danni intorno all’obiettivo. Tuttavia quando fu lanciato i
tre combattenti presero «inaspettatamente» una direzione diversa da
quella preventivata e il missile, che li seguiva elettronicamente,
esplose proprio nei pressi della scuola. Fu un “errore” però legittimo,
spiega la magistratura militare israeliana, perché l’attacco non era
diretto contro civili.
Appropriata sarebbe stata la condotta delle
Forze Armate per tutta la durata di “Margine Protettivo”, mai rivolta
intenzionalmente, dicono gli israeliani, contro la popolazione civile.
Non fu perciò un crimine anche la strage di sette membri della famiglia
Ziyadeh durante un raid nel campo profughi di Bureij, nel centro di
Gaza. Perché, l’edificio sarebbe stato utilizzato da Hamas e Jihad come
un centro di comando. «Il fatto che dei civili siano rimasti coinvolti
nelle ostilità è un risultato deplorevole ma non influisce sulla
legittimità dell’attacco», hanno scritto i giudici israeliani. Legittima
fu perciò anche la “Direttiva Annibale”, ossia il bombardamento a
tappeto di una vasta aerea del “territorio nemico” per impedire la
cattura di soldati, che Israele attuò ai primi di agosto del 2014
uccidendo circa 200 palestinesi a Rafah. Tra questi 15 membri della
famiglia Zoroub. Anche in quel caso l’abitazione sarebbe stata usata da
Hamas come un comando militare, quindi era un obiettivo “legittimo”.
«Non
ci aspettavamo niente di meno della giustificazione di Israele dei
propri crimini di guerra durante il suo ultimo massiccio attacco contro
Gaza» ha commentato il Segretario del Comitato Esecutivo dell’Olp Saeb
Erekat. «Questo mette in evidenza l’atteggiamento di Israele – ha
aggiunto – che bombarda aree civili, edifici delle Nazioni Unite,
ospedali e altre strutture protette dalle Convenzioni di Ginevra.
Durante quell’attacco durato 50 giorni – ha concluso Erekat – Israele ha
ucciso 487 bambini…La strada che seguiremo è quella di una indagine
della Corte penale internazionale sui crimini di Israele».