Repubblica 7.7.16
L’indagine
Non vi dichiaro più marito e moglie 2031, l’anno zero dei matrimoni
Sposarsi
non è più un ascensore sociale. Non serve a tutelare i diritti dei
figli né a lasciare la casa dei genitori. Il risultato? Lo racconta il
Censis: “Se continua così, presto le nozze in chiesa saranno solo un
ricordo”. Dietro alla crisi la disaffezione per la religione e le nuove
tutele per le coppie di fatto
Per i giovani a contare è la relazione autentica senza vincoli formali
di Maria Novella De Luca
ROMA.
Sorpassati, ignorati, in via di estinzione. Né garanzia d’amore, né di
famiglia felice. Così in decadenza da far temere che per i matrimoni si
stia avvicinando l’anno zero. Almeno per le nozze religiose, aggredite
da un disincanto ogni anno più folto, categoria per la quale
esisterebbe, secondo una proiezione statistica, anche la data di morte
certa: il 2031. È il Censis con uno studio dal titolo “Non mi sposo più”
a raccontare la crisi (irreversibile) del matrimonio in Italia, rito
ritenuto ormai non più necessario né per abbandonare la casa di
famiglia, né per mettere al mondo dei figli, né tantomento per dare
dignità intima e sociale ad un amore.
Partendo
dai Istat sul crollo complessivo delle nozze (erano 291.607 nel 1994,
sono scese a 189.765 nel 2014) il Censis elabora uno scenario futuribile
nel quale «nel 2020 si avranno più matrimoni civili che religiosi, e
nel 2031 non sarà celebrato un solo matrimonio nelle nostre chiese». Il
motivo? Semplicemente le nozze non sono più il «baricentro della vita ».
Tutto si può fare, cioè, senza quel contratto che, ancora fino a
vent’anni fa, vincolava invece le scelte di vita.
Un
po’ come dire: sposarsi non serve più a niente, i figli nati dentro e
fuori dal matrimonio sono tutti legittimi allo stesso modo, i patti di
convivenza appena approvati sono un ulteriore passo in avanti, e
l’equiparazione tra coppie sposate e coppie di fatto è qualcosa di
acquisito. Quello che colpisce però nello studio del Censis è la morte
annunciata del matrimonio religioso, in un Paese in fondo
tradizionalista come il nostro, anche se forse i dati già noti sulla
“disaffezione” per la religione cattolica, e sulle chiese vuote,
soprattutto di giovani, lasciavano intravedere la rivoluzione secolare.
Nel 2014 in Italia si sono celebrate 108mila nozze in chiesa, 61.593 in
meno del 2004, ma soprattutto 127.936 in meno rispetto al 1994. In
vent’anni, cioè, c’è stato un crollo del 54% dei riti religiosi .
Spiega
Massimiliano Valerii, direttore del Censis: «Noi abbiamo proiettato in
avanti le tendenze degli ultimi vent’anni, e lo scenario futuro è quello
di un’Italia a matrimonio religioso zero. Un dissolvimento totale di
questa istituzione, perché ormai la crisi è globale, e riguarda sia i
riti civili, che hanno smesso di crescere, sia in particolare quelli in
chiesa, che sono in caduta libera. In pratica — dice Valerii — abbiamo
visto che tra il 1994 e il 2014 si si sono “perduti” 128mila matrimoni
religiosi, cioè 6.400 all’anno. E lo scorso anno i riti in chiesa sono
stati 108mila. Ecco: se, partendo da questo dato, togliamo ogni anno
6.400 cerimonie, il risultato è che in 17 anni, cioè nel 2031, i
matrimoni benedetti dal prete saranno azzerati ».
Succederà
davvero? Al macero fiori d’arancio e marcia di Mendelssohn? Le
previsioni hanno sempre una quota d’azzardo, i mutamenti della società
sono imprevedibili, ci sono gli scarti, le conversioni ad U, come
sottolinea il demografo Gian Carlo Blangiardo. «Se facessimo questo tipo
di proiezione sulla natalità, potremmo dire allora che tra trent’anni
in Italia non nascerà più nemmeno un bambino. Per fortuna la vita è
imprevedibile, la caduta potrebbe arrestarsi... Dietro al declino del
rito religioso ci sono più fattori, non soltanto la disaffezione, ma le
unioni miste, i divorziati, i matrimoni di ritorno, tutte situazioni che
approdano nel rito civile. Certo, la coppia è cambiata, eppure in
Italia il 70% dei bambini continua a nascere all’interno del
matrimonio».
Una
situazione frastagliata. Oggi sposarsi è davvero una scelta, visto che
il matrimonio ha perso tutta una serie di sovrastrutture. E una scelta
costosa: la disaffezione infatti è diventata più acuta proprio negli
anni della crisi. Aggiunge Valerii: «Il matrimonio era un “ascensore
sociale” in particolare per le donne, oggi le coppie sono sempre più
omogenee tra di loro. Ma forse è il dato sentimentale a vincere: per i
giovani quello che conta è la relazione autentica, senza vincoli
formali, e cioè un libero patto d’amore».