Repubblica 6.7.16
Svolta della sinistra pd il ticket Letta-Speranza per fermare Renzi dopo il referendum
L’appello
di Napolitano in vista della consultazione di ottobre: “I cittadini non
facciano cadere le riforme nel nulla”. L’attacco di Salvini: “A ottobre
prenderà una bella capocciata”
L’ex presidente del consiglio e
l’ex capogruppo del Pd formerebbero il tandem preferito da tutti i
leader della minoranza, da Bersani a D’Alema
di Goffredo De Marchis
ROMA.
Enrico Letta candidato premier, Roberto Speranza segretario del Pd.
Concentrati sull’accusa a Renzi di «vivere in un talent», è sfuggita ai
più, durante la direzione dem, l’altra parola inglese usata da Gianni
Cuperlo: ticket. «Al prossimo congresso — ha detto l’ex presidente del
Pd — non sosterrò un capo ma un ticket composto da una guida solida per
Palazzo Chigi e una personalità diversa per il partito».
Il
congresso, annunciato dallo stesso Renzi, dovrebbe tenersi in anticipo
alla fine dell’anno. In mezzo c’è l’appuntamento con il referendum
destinato comunque a scompaginare i calcoli della vigilia. Ma la
minoranza del Pd si attrezza a sfidare il presidente del Consiglio. E
perla carica di premier ha individuato il suo predecessore. «Su questa
formula siamo perfettamente in sintonia con Cuperlo», conferma il
bersaniano Miguel Gotor. «La mia simpatia e la mia stima per Letta sono
note. Ma i nomi verranno più avanti». Cuperlo afferma di aver parlato
solo di «un principio generale che prende atto di un fallimento. Il
modello alternativo può essere quello della divisione dei compiti, come
fu per Craxi e Martelli. Lascio ad altri invece le congetture sulle
modifiche allo statuto ».
Il piano appare definito nei dettagli,
frutto di incontri, sondaggi e riunioni. Secondo Matteo Orfini si gioca
ormai a carte scoperte. «Quell’idea appartiene anche a D’Alema»,
sostiene il presidente del Pd che del capo della Fondazione
Italianieuropei è stato strettisimo collaboratore. Il nome di Letta può
essere evocativo da molti punti di vista: un diverso modello di governo
(“il cacciavite” contro il “bulldozer” renziano), una personalità che
continua a coltivare i rapporti con le Cancellerie estere, un leader
riconosciuto anche fuori dai confini italiani come dimostra la recente
nomina alla guida dell’Istituto Delors.
Bisogna dunque spuntare a
Renzi l’arma usata in Italia e all’estero del “dopo di me il diluvio”.
Non esiste alcuna catastrofe di sistema se cade il governo dell’attuale
segretario del Pd, se viene a mancare la sua figura sullo scenario
internazionale. E se il referendum finisce con la sconfitta del Sì.
Perché il Partito democratico ha altre carte da giocare, nel solco
europeista e riformista. La principale è quella dell’ex premier Letta.
Roberto Speranza, nella strategia della minoranza, sarebbe un segretario
in piena simbiosi con il candidato premier. Niente diarchie o vecchi
duelli interni. Ma il punto centrale è Letta perché tocca a lui
simboleggiare l’argine al disastro, di cui parlano i renziani. E ora,
sulla modifica alla legge elettorale, si intravedono le prime crepe nel
fronte dei fedelissimi del premier.
Per l’obiettivo finale serve
infatti un logoramento lento, ma non troppo, visto che al referenduma
mancano quattro mesi scarsi al massimo, se la data sarà quella del 30
ottobre. Pier Luigi Bersani semina ancora dubbi sul Sì della sua parte.
«La riforma è un passo avanti, ma se il partito diventa un comitato del
Sì creiamo un precedente pericoloso», dice l’ex segretario a In Onda su
La7. «Chi vota No è ancora del Pd?», si chiede. Non sono le premesse
migliori per coinvolgere la minoranza nella campagna renziana. Del
resto, Bersani attacca a tutto campo. Spiega che Renzi proietta un «film
lontano dalla realtà, a partire dal lavoro che non c’è», «l’Italia si
sente ancora dentro la crisi », «la risposta del segretario alla
sconfitta delle comunali è solo o con me o contro di me». Niente viene
risparmiato alla classe dirigente renziana: «Vedo troppi fenomeni, come
De Luca che prende in giro la Raggi. C’è un eccesso di conformismo
intorno a Renzi Verdini? Ha sei inchieste addosso, conosco gente che si è
dimessa per molto meno».
Un alleato che non viene meno è invece
il presidente della Repubblica emerito Giorgio Napolitano. L’altro ieri,
in direzione, Renzi ha fatto trasmettere un filmato con il discorso
dell’allora capo dello Stato al Parlamento. Uno schiaffo ai ritardatari
delle riforme. E ora Napolitano lo ripaga: «Auspico con tutte le mie
forze e la mia convinzione — scandisce a un convegno — che la stragrande
maggioranza dei cittadini non faccia finire nel nulla gli sforzi messi
in atto in questi due anni in Parlamento». Intervento non nuovo, difesa
delle riforme non sorprendente, endorsement per il Sì chiaro e limpido,
ma non inaspettato. Eppure scatena la viollenza verbale di Matteo
Salvini: «Spero che Napolitano prenda una bella capocciata ad ottobre.
Dopo si ritiri e la smetta di rompere le palle agli italiani».