domenica 3 luglio 2016

Repubblica 3.7.16
Pd, resa dei conti dopo il voto Renzi: la colpa non è solo mia
Domani in direzione la minoranza interna chiederà al premier di cambiare rotta: “Serve più sinistra”
di Annalisa Cuzzocrea

ROMA. Non intende farsi risucchiare in una discussione che guardi solo all’ombelico dell’Italia e del Pd, Matteo Renzi. E per la direzione di domani, alle 15 stranamente a via Palermo, non al Nazareno, prepara un discorso che terrà dentro l’eccidio di Dacca, i guai della Brexit, le sfide che l’Europa e l’occidente hanno davanti dopo il voto dei britannici e l’annullamento delle elezioni austriache.
«Quel che è accaduto in Europa ha dato un contesto a quel che noi stessi stiamo vivendo - dice il presidente pd Matteo Orfini non si tratta solo di Roma e Torino ». È questo che cercherà di fare il premier: spiegare, con uno sguardo al referendum di ottobre e alla legge elettorale, il risultato inserendolo in un panorama molto più ampio di quello delle città andate al voto, affrontare le ragioni di fondo della sconfitta alle comunali dal suo punto di vista, che è molto diverso da quello della minoranza interna. Per il segretario, a votare il Movimento 5 stelle è stato soprattutto chi prima votava a destra. Le questioni sociali c’entrano, lo ammetterà anche lui, ma leggere i risultati secondo una geografia politica che vede la sinistra andare incontro ai grillini sarebbe fuorviante.
«Spero che il segretario parli apertamente delle difficoltà e dei problemi che abbiamo davanti », dice il leader di Sinistra Dem Gianni Cuperlo. «Spero che dia indicazioni coraggiose, perché il voto ha dimostrato che c’è una questione sociale aperta. Così come spero che il premier usi parole di verità nei confronti di chi oggi sta peggio e non vede la ripresa». C’è poi la questione partito: «Una costruzione inesistente, un organismo che è vissuto come un problema, non come uno strumento ». E quella delle regole: «Mi aspetto che ci sia la possibilità di riaprire il campo e di cercare un confronto in Parlamento, soprattutto sulla legge elettorale». Chiede una discussione «sincera, leale, franca», Cuperlo. Dice che «il partito in questo momento non c’è», ma non si tratta di cambiarne la guida: «Per me Lorenzo Guerini è una persona non per bene, di più. Il problema non riguarda i singoli responsabili ed è molto serio: c’è una rottura tra noi e una parte importante del Paese senza la quale non si vince».
L’analisi è simile a quella dei bersaniani e di Roberto Speranza, che ha già annunciato: «La nostra prima richiesta sarà quella di fare un tagliando a un anno dalla buona scuola, di fermarci e ascoltare le ragioni di un mondo che in qualche modo si è sentito tradito». E insomma, la sinistra pd chiederà più sinistra, attenzione alle periferie e un cambio di rotta sulle politiche di welfare. Tutti assicurano: «Non vogliamo posti in segreteria». «Ce li avevamo già e vi abbiamo rinunciato - ricorda Davide Zoggia - la questione è politica». A pretendere una riorganizzazione profonda del partito sono però in molti. «Credo che Renzi debba costituire un nuovo gruppo dirigente al vertice e penso che lo farà nelle prossime settimane », dice il presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini (che però si chiama fuori). «Il tema è avere vicino persone che si occupino di più del partito, perché dev’essere una forza radicata sul territorio», spiega. E condivide con la minoranza: «Serve più ascolto. Alcuni blocchi sociali, come quelli della publica amminitrazione e della scuola che tradizionalmente ci votavano, qualche elemento di inquietudine ce l’hanno».