Repubblica 20.7.16
La crescita globale frenata da Brexit Fmi: “Banche italiane un problema irrisolto”
Quest’anno
il nostro Paese dovrebbe fermarsi a più 0,9%, il più lento tra i grandi
d’Europa Diventa più difficile per il governo puntare su una manovra di
bilancio espansiva
Il Fondo monetario lima le stime sul Pil
mondiale 2016 e 2017 Nuovi rischi al ribasso se falliscono le trattative
tra Londra e Bruxelles
di Ferdinando Giugliano
LA
DECISIONE del Regno Unito di uscire dalla Ue ha portato il Fondo
monetario internazionale a tagliare le sue stime di crescita per
l’economia mondiale e a avvertire che l’instabilità finanziaria potrebbe
causare un ulteriore rallentamento. Nelle sue previsioni trimestrali,
il Fondo ha anche abbassato le previsioni di crescita per l’Italia,
identificando le difficoltà delle nostre banche e di quelle portoghesi
come un possibile rischio per la ripresa mondiale.
L’AVVERTIMENTO
arriva dopo che il referendum sulla Brexit ha causato settimane di forti
turbolenze. Un’ondata di vendite ha colpito in particolare i titoli
bancari italiani, obbligando il governo a ragionare sulla possibilità di
ricapitalizzare con soldi pubblici istituti come il Monte dei Paschi di
Siena. Il Fondo si aspetta che l’economia mondiale cresca quest’anno e
il prossimo, rispettivamente, del 3,1% e del 3,4%, appena sotto quanto
previsto ad aprile. Il Fondo era pronto ad alzare leggermente le
previsioni per il 2017, ma «Brexit ha messo un bastone fra le ruote
[della ripresa mondiale]» ha detto Maurice Obstfeld, capo economista
dell’ Fmi. Le economie avanzate dovrebbero crescere dell’1,8% nei
prossimi due anni, meno di quanto previsto tre mesi fa. Gli Stati Uniti
si espanderanno a un ritmo superiore al 2% annuo, mentre l’area euro si
fermerà all’1,6% nel 2016 e all’1,4% nel 2017. Per la Gran Bretagna il
tasso di crescita nell’anno prossimo dovrebbe essere dell’1,3%.
Tra
le grandi economie europee, l’Italia rimane quella che cresce meno. Il
Pil dovrebbe aumentare di appena lo 0,9% quest’anno, a fronte di una
previsione del governo dell’1,2%. Per l’anno prossimo, l’Fmi prevede un
tasso di crescita dell’1%, di quattro decimi di punto inferiore a quello
che il ministero dell’Economia aveva previsto ad aprile. Nelle scorse
settimane il ministro Pier Carlo Padoan aveva espresso le sue
preoccupazioni: «Un indebolimento generalizzato delle aspettative sul
futuro della Ue rischia di frenare le decisioni degli operatori
economici», ha scritto in un articolo per il quotidiano Il Foglio.
Un
rallentamento dell’economia creerebbe problemi per il governo, visto il
coincidere della legge di stabilità per il 2017 con il referendum sulla
riforma della Costituzione, e il premier Matteo Renzi ha già dichiarato
che si dimetterà in caso di sconfitta. Il governo potrebbe ora essere
costretto a rivedere i propri saldi di spesa, nonostante la decisione da
parte della Commissione europea di accettare un percorso di riduzione
del deficit pubblico più lento rispetto a quello concordato in passato.
Renzi
non ha ancora annunciato la data del referendum, ma nel suo entourage
si dice sia ora molto difficile puntare su una manovra espansiva per
lanciare la volata per il voto. Il Fondo monetario sottolinea come le
sue previsioni di crescita siano soggette a importanti rischi al
ribasso. Gli economisti di Washington presuppongono che il Regno Unito e
la Ue raggiungano un accordo che non preveda barriere commerciali
importanti, e che non ci siano grandi turbolenze sui mercati. In caso di
scenario più negativo, invece, il tasso di crescita per le economie
avanzate nel 2017 scenderebbe dall’1,8% all’1%. Tra gli altri rischi per
l’economia mondiale ci sono le tensioni geopolitiche, il terrorismo e
le difficoltà delle banche italiane. «Lo shock di Brexit avviene nel
mezzo di problemi passati non risolti nel sistema bancario europeo, in
particolare nelle banche italiane e portoghesi - dice il rapporto - una
turbolenza protratta sui mercati finanziari e una crescente avversione
al rischio a livello globale potrebbero avere ripercussioni
macroeconomiche severe, tra cui l’intensificarsi delle difficoltà
bancarie ». Il Fondo ha lodato le banche centrali per la loro reazione
allo shock del referendum britannico, che ha aiutato a rasserenare gli
investitori. Ma resta convinto che la politica monetaria non basti a
rilanciare la crescita e che ci voglia una combinazione di politiche a
sostegno della domanda e di riforme strutturali, oltre che una serena
risoluzione della separazione fra Gran Bretagna e Ue.
«D’importanza
primaria è una transizione tranquilla e prevedibile a una nuova
relazione commerciale e finanziaria che preservi il più possibile i
vantaggi degli scambi tra Regno Unito e Unione europea», dice il
rapporto.