Repubblica 12.7.16
Nel relitto centinaia di corpi di migranti a cui dare un nome. La protesta dei medici legali
Il barcone della morte e la beffa del Dna “Non ci sono i soldi per fare gli esami”
“Lavoriamo da volontari ma non ci rimborsano nemmeno viaggi e vitto”
Recuperati 200 cadaveri
di Francesco Viviano
AUGUSTA.
«Abbiamo accettato questa grande sfida umanitaria e scientifica unica
al mondo volontariamente, lavoriamo gratis per dare un nome e un volto a
centinaia di migranti che sono morti i cui cadaveri sono stati
recuperati. Ma non possiamo essere trattati a pesci in faccia, non si
può avere una così scarsa considerazione verso la medicina legale e i
suoi operatori che da settimane lavorano senza soste all’interno
dell’hangar di Augusta nella base della Marina Militare dove sono stati
trasferiti centinaia di cadaveri recuperati in fondo al mare, quelli
della strage del 18 aprile del 2015».
È lo sfogo di medici legali e
tecnici di laboratorio impegnati nel grande obitorio di Augusta che,
per svolgere il loro lavoro, volontariamente, debbono però pagarsi le
spese di viaggio, di alloggio, i trasferimenti in aereo, treno o
automobile di tasca propria. Perché per loro, nonostante il grande
impegno economico (oltre venti milioni di euro) e militare per portare
alla luce il relitto affondato il 18 aprile del 2015 con il suo carico
di morte, non è stato previsto nessun rimborso spese. «Lavoriamo in
condizioni molto precarie — raccontano un paio di medici — non ci sono
le attrezzature necessarie e alcune, come le motoseghe, le abbiamo
comprate con i nostri soldi. Non abbiamo uno spogliatoio, spesso ci
cambiamo dentro le nostre auto dopo una giornata di lavoro durissimo tra
i resti di quei poveri migranti che tentiamo di esaminare per
compararli con i dati che ci forniranno i loro parenti».
Ma
davvero la situazione è questa? Che chi lavora ad Augusta deve pagare di
tasca propria le spese di viaggio, vitto e alloggio? Paolo
Procaccianti, direttore dell’istituto di medicina legale del Policlinico
di Palermo che collabora con Cristina Cattaneo dell’istituto di
medicina legale di Milano (istituto Labanof), la coordinatrice del team
impegnato in questa grande scommessa, è imbarazzato e non vorrebbe
parlare. Poi però conferma questa situazione: «Ho raccolto lo sfogo dei
miei colleghi che operano in condizioni difficili, sia per i cadaveri
che si trovano in un particolare stato sia per le condizioni di
trattamento che ricevono. I colleghi stanno affrontando enormi sacrifici
e continueranno a farlo, sacrificando tempo sottratto alla famiglia per
una missione umanitaria e scientifica importante, ma non si può
consentire che debbano sobbarcarsi le spese minime per potere lavorare.
Non abbiamo e non vogliamo indennità di missione o di trasferta, i miei
colleghi e quelli di altre università italiane hanno accettato di
svolgere questo compito gratuitamente, un lavoro che continuerà anche a
luglio e agosto. Però almeno i rimborsi...».
C’è poi un altro
aspetto importante che è quello della ricostruzione e comparazione del
Dna, spese di laboratorio gravose che le università non sono in grado di
affrontare. Fino ad ora non è stato previsto nessuno stanziamento e
quindi neanche i rimborsi delle spese vive. Quindi c’è il serio rischio
che gli sforzi per riportare in superfice il barcone affondato e di dare
un nome ai poveri resti sia del tutto vano.
I medici legali e i
tecnici di laboratorio hanno pagato di tasca propria centinaia e
centinaia di euro senza alcuna certezza del rimborso: «Ci siamo pagati i
biglietti aerei, dei treni e la benzina per raggiungere Augusta. E, una
volta qui — aggiungono i medici legali — dobbiamo affrontare anche le
spese di vitto ed alloggio. Un B&B costa 50 euro al giorno, a
pranzo mangiamo alla mensa della Marina militare dove paghiamo 4 euro e a
sera quando andiamo a cena spendiamo mediamente 20-25 euro. Una
situazione che non possiamo sostenere a lungo. Anche se, come abbiamo
sempre detto, non ci sottrarremo all’impegno che abbiamo preso».
Giovedi
prossimo, intanto, la Marina Militare ha convocato una conferenza
stampa nella base di Augusta per fornire i dettagli del lavoro fin qui
svolto. Finora sono stati recuperati dai vigili del fuoco oltre 200
cadaveri dalla stiva del relitto e affidati appunto ai medici legali.