La Stampa 13.7.16
Olga Rickards
La nostra storia prima della storia: “Io la scopro nel Dna più antico”
Dagli australopitechi ai Sapiens, tante avventure inattese
Gli australopitechi apparvero 4,2 milioni di anni fa in Africa e si estinsero 2 milioni di anni fa
intervista di Valentina Arcovio
«Grazie
ai progressi nello studio del Dna antico e nella biologia molecolare
possiamo cogliere l’evoluzione con le mani nel sacco proprio mentre sta
operando e riscrivere la storia dell’uomo e dei suoi antenati». È
contagioso l’entusiasmo di Olga Rickards, scienziata a capo del Centro
di antropologia molecolare per lo studio del cosiddetto «aDna»
dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, dove si estrae e si
analizza solo ed esclusivamente il Dna di epoche remote. Per mettere
piede in questo «santuario dell’antropologia» tutto deve essere
sterilizzato. «Qui si entra solo se si indossano tuta, guanti, cuffietta
e mascherina», dice Rickards. E - aggiunge - «è vietato parlare, perché
non si può correre il rischio di contaminare con Dna moderno i
preziosissimi campioni che vengono analizzati».
Come si estraggono quelle antiche tracce biologiche?
«Ci
sono diverse tecniche di estrazione. Tuttavia, spesso facciamo qualche
test meno costoso per verificare se i campioni scheletrici siano in un
buono stato di conservazione prima del recupero del Dna stesso. Per
esempio, procediamo prima con l’estrazione del collagene dalle ossa: se è
scarso, significa che probabilmente ci sono basse probabilità di
ottenere “aDna” analizzabile. Di recente è stato scoperto che si riesce a
ottenere Dna di alta qualità e in abbondanza a partire da un distretto
anatomico particolare, la “rocca petrosa”. È una porzione di osso
temporale molto dura. O ci concentriamo sui denti».
Quanto se ne ottiene?
«A
parte casi eccezionali, la quantità è spesso minima: mediamente da 1
grammo di tessuto si possono ottenere da 1 a 100 milligrammi di Dna.
Inoltre, il Dna antico risulta degradato e di solito si recuperano
frammenti lunghi da 50 a 60 nucleotidi, i mattoni che compongono il
materiale genetico. Ma grazie alle tecnologie di “next generation
sequencing” siamo in grado di produrre in modo rapido ed efficiente
sequenze di “aDna” e di monitorare la contaminazione».
Che tipo di informazioni si celano dietro queste piccole sequenze di Dna antico?
«Moltissime.
Di recente, per esempio, dall’analisi del genoma mitocondriale di
reperti umani ritrovati nell’area megalitica di Saint-Martin de Corleans
ad Aosta, siamo riusciti a risalire all’aplogruppo di appartenenza
delle varie sequenze e alla loro probabile origine geografica. Poiché
ogni individuo eredita i mitocondri solo dalla propria madre è così
possibile ricostruire la storia al femminile e, nel caso specifico,
abbiamo confermato che nell’Età del Bronzo tribù provenienti dal Caucaso
sono passate anche da Aosta».
Oltre alle migrazioni dell’uomo, quali altre informazioni cela il Dna antico?
«La
storia evolutiva delle specie. Per esempio, dal sequenziamento del
genoma dell’uomo di Neanderthal si è scoperto che l’Homo sapiens
proveniente dall’Africa non ha sostituito i cugini neanderthaliani
nell’Eurasia occidentale, ma che c’è stato un mescolamento: sono state
riscontrate tracce di Dna di Neanderthal nelle popolazioni attuali dei
continenti asiatico ed europeo, nonché tracce del nostro genoma in un
neanderthaliano».
Dal Dna antico è possibile risalire all’aspetto e alle abitudini di una popolazione?
«Grazie
al Dna possiamo risalire alle caratteristiche fenotipiche dei popoli
del passato, cioè al colore della pelle, degli occhi e dei capelli.
Possiamo anche sapere, da un solo frammento di ossa, se ci sono state
malattie genetiche e risalire ai rapporti di parentela e al sesso degli
individui. Ma nulla riguardo alle abitudini. Per queste si studiano
altre biomolecole. Per esempio, attraverso l’analisi degli isotopi
stabili dello stronzio dai denti degli australopitechi e dei parantropi
dell’Africa, si è scoperto che i maschi erano sedentari, mentre le
femmine tendevano a essere più mobili».
Quali sono oggi i filoni di ricerca di maggior interesse?
«Anche
se abbiamo rivoluzionato la storia dell’evoluzione dell’uomo non siamo
che all’inizio. Ci sono ancora molti misteri da risolvere. Lo studio del
Dna antico potrebbe riservarci molte altre sorprese».