sabato 9 luglio 2016

Il Sole 9.7.16
Le incognite sulle banche, il rischio Italia e la cecità dell’Europa
Si ripete una crisi simile a quella vista nel 2011
di Walter Riolfi

Se, come sostiene il capo degli investimenti di BlackRock Italia, il disagio che sta interessando il settore bancario «non è un problema italiano, ma europeo», perché mai le banche italiane sono quelle che hanno perso enormemente di più? Dal luglio 2015, quando si cominciò a percepire il disagio del settore bancario europeo, l'indice del comparto di Piazza Affari ha perso il 63% mentre quello d'eurozona sarebbe sceso solo del 40-45%, se lo depurassimo dalla maggior zavorra italiana. La risposta che s'è sempre data è che sulle banche italiane pesano sofferenze ben più grandi della media. Ma se prendiamo un istituto come Intesa, che per patrimonio, redditività, qualità dell'attivo è tra i migliori d'Europa, e che a prendere per buoni gli stress test simulati da Morgan Stanley sarebbe pressoché quello messo meglio in eurozona, è lecito chiedersi come mai il titolo in borsa sia caduto in 12 mesi del 54%: quando le altre banche europee (Ing, Abn, SocGen, Bbva, Bnp, Commerzbank), che uscirebbero ben più malandate da uno shock esterno, hanno perso tra il 35 e il 47%.
La risposta più immediata è che, oltre al problema delle sofferenze, il sistema bancario italiano patisce anche il rischio Italia, come nel 2011-2012. Non potendo questo rischio scaricarsi sui Btp, perché stavolta c'è la Bce a fare da argine, ecco che s'è trasferito interamente sul mercato azionario e sui titoli delle banche in particolare. Non a caso, con uno scenario macroeconomico decisamente migliore rispetto a 4-5 anni fa, le quotazioni del comparto sono tornate pressochè ai minimi del luglio 2012, mentre l'indice generale segna ancora un rialzo del 25%.
La tesi del disagio tutto italiano piacerebbe molto a Valdis Dombovskis, commissario europeo per i servizi finanziari, il quale ha puntualizzato come la crisi delle banche italiane non sia stata generata dalla Brexit, come sostiene Bini Smaghi, perché era iniziata ben prima del referendum britannico. Infatti ha ragione il solerte commissario che, dinanzi al comitato per gli affari economici del Parlamento europeo, non s'è lasciato sfuggire l'occasione per lamentare la «bassa profittabilità» e il «carico di sofferenze» delle banche italiane. Ma se la questione è tutta italiana, come par di capire dalle parole del commissario, come mai l'indice bancario dello Stoxx euro è finito anch'esso sui minimi del luglio 2012?
Le quotazioni delle banche italiane non sono (ancora) troppo penalizzate rispetto alle europee: quotano a sconto sul patrimonio, ma non sono molto disallineate rispetto alla redditività. Il problema è che a forza di dire che le banche sono tutte insolventi, come si sente ripetere da non pochi investitori anglosassoni, il rischio è che a forza di continui attacchi speculativi lo diventino davvero. Come avrebbe potuto succedere 5 anni fa per i titoli di Stato dei Paesi periferici, quando era opinione comune che Italia o Spagna fossero “fallite”, se non fosse intervenuta di forza la Bce di Mario Draghi. Davanti a questo pericolo, nella contingenza aggravato dalla Brexit, la Commissione europea prende tempo e si trincera dietro l’assurdo dogmatismo delle regole. A questo punto, di fronte a una cecità che ancora una volta dimostra l’inadeguatezza delle istituzioni europee, l’Italia dovrebbe reagire e “salvare” il suo sistema bancario, come fecero nel 2009 gli Stati Uniti (Tarp), o come fece, poco dopo, la stessa Germania.