Il Sole 6.7.13
I titoli senesi sono la gallina dalle uova d’oro per chi specula
di Walter Riolfi
Per
qualcuno le azioni del MontePaschi sono davvero la gallina dalle uova
d’oro. Se l’osservazione suona paradossale, o quasi oltraggiosa, a
quanti si ritrovano in mano titoli che in un anno hanno perso l’85% (e
il 99,7% in 10 anni), non lo è invece per chi le azioni Mps le ha sempre
vendute allo scoperto. Chi l’avesse fatto solo 8 sedute fa, ossia nel
giorno del referendum britannico sulla Brexit, avrebbe guadagnato più
del 50%. In realtà questo gioco al ribasso dura da anni, da quando la
gloriosa banca senese s’è trovata, un po’ per sfortuna e molto per
incapacità dei vecchi amministratori, ad aggiungere nuovi guai a quelli
originati nel 2007 dalla folle acquisizione di Antonveneta.
Quell’impresa, tra il prezzo pagato e il costo dei debiti, dilapidò 16
miliardi: un valore che renderebbe oggi irrisori i 29 miliardi di
sofferenze lorde che pesano sulla banca.
Insomma, quel gioco al
ribasso dura da anni. Si alimenta ad ogni minima difficoltà e
s’interrompe nelle rare occasioni in cui pare di vedere uno spiraglio di
speranza. Basta scorrere le quotazioni degli ultimi 10 anni per capire
che il gioco è sempre stato vincente. E, dal volume degli scambi, in
ascesa inversamente proporzionale al crollo delle quotazioni, quel
trastullo s’è fatto dominante nell’ultimo anno.
Visto che ieri è
passato di mano quasi l’8% del capitale, si dirà che per uno che vende
ce un altro che compra. Vero. Vendevano coloro che si mettevano al
ribasso (ossia allo scoperto) e acquistavano quelli che ricoprivano le
posizioni (vendute allo scoperto), paghi dei guadagni delle ultime 6-7
sedute. Insomma pura speculazione, con l’aggiunta di qualche trader che
ha puntato al rialzo, forse sperando nell’intervento del fondo Atlante o
in altri improbabili compratori delle sofferenze del Monte. Oppure
contando nell’estremo intervento della Consob per bandire le operazioni
al ribasso, che se arrivasse, sarebbe inutilmente tardivo. Anche in
questo caso, pura speculazione.
Tra i grandi investitori
interpellati, nessuno, negli ultimi mesi, si sarebbe fatto tentare dai
prezzi in costante calo. E non ricorda colleghi che avessero comprato
quei titoli. Sorge un dubbio: se nessun fondo possiede quote di Mps (a
parte quei tre azionisti stabili che oltre al Tesoro detengono il 9,7%
del capitale), chi presta i titoli a quanti vendono allo scoperto? I
fondi passivi, che in automatico investono in un indice, spiegano gli
operatori; e così sarà fino a quando Mps resterà nel paniere del FtMib,
dello Stoxx o del Morgan Stanley.
Al di là di qualche voce girata
ieri a Piazza Affari sul possibile salvataggio da parte di una grande
banca italiana, il probabile intervento del Tesoro italiano nel capitale
del Monte è visto come l’unica soluzione. Sarebbe un esito sofferto,
non privo di ostacoli, che salverebbe i risparmiatori. Ma non gli
azionisti, qualunque sia la loro natura, perché una ricapitalizzazione,
pur con bond convertibili, sarebbe talmente diluitiva da azzerare di
fatto quel misero valore dei titoli che ancora rimane. Come per la
Popolare di Vicenza.