Il Sole 12.7.16
Intervista a Hans Dietmar Schweisgut Ambasciatore Ue
«Al centro il problema dell’accesso europeo al mercato cinese»
di Rita Fatiguso
PECHINO
Uomo colto e raffinato, l’ambasciatore europeo a Pechino Hans Dietmar
Schweisgut ci riceve nella sua residenza dove è in corso la mostra
Fountain of the heart, opere di otto artisti cinesi del gruppo Qishe
Ya-ji che utilizzano tecniche tradizionali declinandole in maniera
moderna. Schweisgut si muove altrettanto a suo agio con i temi concreti
della Cina di oggi.
Ambasciatore, occuparsi della Cina dalla Cina
non è semplice, specie se si rappresenta una Comunità complessa come
quella europea.
Devo dire che in termini di posti di lavoro, di
crescita, di prospettive, dalla Cina non si può prescindere. Certo, il
rapporto che ci lega è basato sull’economia e sul commercio. L’Europa
con la Cina ha un ampio deficit, le esportazioni superiori alle
importazioni cinesi. Per questo pensiamo che servizi e investimenti
possano costituire il futuro dei nostri rapporti con Pechino.
Lunedì
parte la 14esima tornata di incontri a Bruxelles per il trattato sugli
investimenti che dovrebbe resistere anche all’attacco della Brexit.
Si
tratta di un trattato ambizioso e comprensivo. Ma abbiamo in agenda
anche il tema della connettività legata al trasporto e all’Ict, il link
tra trasporti e internet è essenziale, penso anche all’utilizzo delle
opportunità della One belt one road, all’interesse dei cinesi a
partecipare allo Juncker Fund.
Quali vantaggi potrebbe ricavare l’Europa dal varo di questo trattato?
Una
copertura ampia per la protezione degli investimenti, un altro aspetto è
l’interesse della Cina, proprio perché sta aumentando la loro presenza
in Europa con le acquisizioni che caratterizzano questi ultimi tempi.
Davvero non si riesce a portare fuori la Cina da un’agenda orientata solo al commercio?
Certamente
abbiamo anche una politica comune che si è rafforzata in questi anni
nel campo della sicurezza. Abbiamo collaborato contro gli attacchi dei
pirati alle navi cinesi, eravamo insieme a risolvere la crisi dell’Iran,
la Cina è sempre più impegnata sui temi della migrazione dal Medio
Oriente.
Cosa divide realmente noi europei dalla Cina?
Certo
abbiamo diversi modi di intendere la visione del mondo. La Cina dal
nostro punto di vista non è una democrazia, abbiamo sempre aperto un
fronte sui diritti umanitari ma abbiamo anche visioni diverse
sull’ordine internazionale e sulla legge internazionale. Ad esempio il
caso del Mes, questa non è solo una questione giuridica, è una questione
destinata ad avere un impatto economico su tutta l’Europa. Ed è
correlata all’overcapacity, molto forte in alcuni settori dell’economia
locale.
Che reazioni ha raccolto dopo il voto contrario del Parlamento europeo?
Farei
una distinzione tra il risalto dato dai media e l’idea che per i cinesi
il Mes è un atto dovuto. È necessario sapere che la parte toccata dal
Mes è solo una parte del commercio, bisogna guardare il quadro nel
complesso. D’altro canto quello del market access resta un problema.
Cosa possiamo aspettarci dal Summit che comincia oggi?
In
agenda ci sono il trattato, la relazione tra connettività e
infrastrutture, la possibilità di puntare sul Piano Juncker. Dopo il
summit cominceremo a occuparci del framework sulla protezione del
consumatore e sull’e-commerce. Abbiamo già fatto un upgrade dell’Ipr, le
aziende europee lamentano il problema. Ci occuperemo di energia. Siamo
molto fieri del dialogo sull’aviazione civile, ma anche dei programmi
sul welfare.