giovedì 7 luglio 2016

il manifesto 7.7.16
Bibliotecari in cerca d’autore
Libri negati . I dati dell'emorragia del personale nelle biblioteche pubbliche. Una costante decrescita che conduce a una paralisi della funzionalità del sistema

Giulia Barrera
EDIZIONE DEL
07.07.2016
PUBBLICATO
7.7.2016, 0:03
AGGIORNATO
6.7.2016, 18:44
La Biblioteca Universitaria di Pisa – chiusa da quattro anni – è solo la punta dell’iceberg. Da tempo tutto il settore delle biblioteche pubbliche statali è in grande sofferenza; si tratta delle quarantasei biblioteche che dipendono direttamente dal Mibact, comprese le due biblioteche nazionali di Roma e Firenze: il fior fiore delle biblioteche italiane, che per anni hanno lamentato carenze sempre più vistose negli organici. Poi, nel 2015, il Mibact ha ridisegnato le piante organiche: invece di aumentare il personale, per adeguarlo all’organico di legge, ha deciso di cambiare la pianta, per adattarla alla situazione di fatto. Il risultato è che rispetto alla pianta organica del 1997, quella del 2015 prevede circa il 45% dei bibliotecari in meno.
Il taglio è stato brutale in istituti come la Biblioteca nazionale centrale di Firenze, con una riduzione dei bibliotecari da novantuno a trentotto (l’organico complessivo è passato da trecentotrentaquattro a centosettanta unità), e la Biblioteca Universitaria Alessandrina di Roma, passata da trentasei a cinque bibliotecari e da centodiciotto a trantaquattro unità di personale. Anche rispetto a piante così ridimensionate, si sono presto aperti dei vuoti, a causa degli incessanti pensionamenti. Tra i circa 800 bibliotecari in servizio al Mibact (oltre un terzo dei quali lavora al di fuori delle 46 biblioteche pubbliche statali: anche musei, archivi e soprintendenze hanno biblioteche e quindi bisogno di bibliotecari) i sessantenni si avvicinano al 70%: un centinaio sono nati nel 1951 – e quest’anno compiono sessantacinque anni – e altrettanti negli anni seguenti (1952-1956). Si può quindi prevedere un ritmo di circa cento pensionamenti all’anno fino al 2021.
Mentre le biblioteche statali, a causa di questa costante emorragia di personale, si dibattevano in difficoltà sempre crescenti per assicurare i servizi essenziali all’utenza, il governo l’anno scorso ha pensato bene di sottrarre alle Regioni – a cui era stata affidata sin dal 1972 – la competenza in materia di tutela del patrimonio bibliotecario non statale, per trasferirla al Mibact, senza però trasferire il personale che esercitava queste funzioni. A gennaio 2016 un decreto di Franceschini ha trasformato le Soprintendenze archivistiche in «Soprintendenze archivistiche e bibliografiche», affidandogli la tutela dei beni librari non statali. Non ne ha però mutato la dotazione organica e spesso queste Soprintendenze non hanno neppure un bibliotecario; per supplire a ciò, il decreto ha previsto che «possono avvalersi del personale delle Biblioteche statali», tuttavia queste ultime abbiamo visto come stanno messe.
Il disagio crescente è esploso a fine maggio, quando sono usciti i bandi di concorso per cinquecento funzionari al Mibact, che prevedono l’assunzione di soli venticinque bibliotecari: per protesta si sono dimessi tutti i bibliotecari del Comitato tecnico scientifico per le biblioteche e del Consiglio superiore beni culturali (in proposito, si veda l’articolo di Gino Roncaglia sulle pagine de il manifesto del 2 giugno).
Il ministro Franceschini, con una lettera a Repubblica (31 maggio), ha ricordato che quest’anno, dopo anni di tagli, finalmente si aumentano in modo significativo i bilanci di archivi e biblioteche (questo è vero e bisogna darne atto a Franceschini). Il ministro ha inoltre ribattuto che il numero di posti messi a bando è proporzionale alle carenze in organico che, per i bibliotecari, risultano essere quarantuno. Ha però omesso di ricordare che questa carenza è calcolata su di una pianta che l’anno scorso era stata ridotta ai minimi termini.
Andrebbe inoltre considerato che il personale è mal distribuito (a onor del vero, non per responsabilità dell’attuale governo: ereditiamo anni di cattiva gestione del personale), infatti da una circolare del primo marzo 2016 per la mobilità interna al Mibact, risultano scoperti centosessantasei posti di bibliotecario, di cui ottantanove nelle biblioteche pubbliche statali; evidentemente, in alcune realtà ci sono bibliotecari in soprannumero che però, essendo presumibilmente ultrasessantenni, è impensabile trasferire d’autorità.
La situazione delle biblioteche pubbliche statali è quindi assai più fosca di quella delineata da Franceschini. E resta elusa la questione chiave: come pensa il governo di fronteggiare il pensionamento di circa seicento bibliotecari del Mibact che avrà luogo da oggi al 2021?

Giulia Barrera è rappresentante del personale nel Consiglio superiore beni culturali e paesaggistici