Corriere 18.7.16
Il «depresso» di Nizza e i fanatici dell’Apocalisse
di Pierluigi Battista
D
a più parti, nei giornali e tra i commentatori solitamente più inclini a
separare il terrorismo dalla sua matrice religiosa islamica, si
sottolinea con malcelato sollievo che lo stragista jihadista di Nizza
pare fosse un «depresso», un asociale, un folle insomma. Come se fosse
più rassicurante attribuire la carneficina al gesto di uno psicopatico.
Come se, soprattutto, una personalità disturbata, clinicamente incline
alla depressione nientemeno, contribuisse ad annullare, o comunque a
lasciar sbiadire, la matrice ideologico-religiosa di un atto
terroristico così infame. Come se il fanatismo assoluto, la
consacrazione di sé a una Causa santa che prevede il martirio e lo
sradicamento del Male attraverso il sacrificio di innumerevoli esseri
umani non fosse, appunto, una formidabile e sanguinaria risposta al
banalissimo male di vivere, all’insignificanza della vita, al vuoto
dell’esistenza, a un’umanità affamata di significati da servire con
dedizione intransigente. Come se nella storia i «fanatici
dell’Apocalisse», come li definì il grande studioso Norman Cohn in un
libro straordinario del 1957, The Pursuit of the Millennium , non
abbiano ripetutamente trovato nei miti della rigenerazione apocalittica,
nel febbrile millenarismo ideologico a sfondo religioso, un formidabile
rimedio persino ai loro «problemi quotidiani». Erano tutti sani di
mente, estranei a ogni forma di psicopatologia i forsennati seguaci di
Pol Pot che svuotarono le città cambogiane per riempire i campi di
sterminio in cui gli assassini invasati erano i bambini che uccidevano i
loro genitori? Il fanatismo islamista fornisce appunto il vocabolario
cui attingono senza requie i «lupi solitari» che oggi vorremmo
raccontare come se fossero tanti sociopatici somiglianti al Robert De
Niro che in Taxi driver usciva di testa per purificare la città
corrotta. Anzi, il «depresso» trova nel manicheismo estremo dello
jihadismo un ricco repertorio di motivi per annientare le città
peccaminose, punire gli infedeli, depurare il mondo da tutto lo sporco
che impedisce la via della santità e della purezza e così trovare un
senso mistico di appartenenza al partito dei puri e dei santi disposti a
morire per guadagnare il vero paradiso. Una terapia efficacissima per
la «depressione» dei singoli. E la storia dimostra che il fanatismo
apocalittico ha richiamato a sé molti più pazienti di qualunque
psichiatra.