martedì 12 luglio 2016

Corriere 12.7.16
«Tutti a dire sii meno arrogante, E poi: ora ha cambiato toni, ha paura»
«Spacchettamento per il referendum? No, non sarà à la carte»
Il presidente del Consiglio intervistato da Beppe Severgnini
«Sulle banche con le regole attual intesa con la Ue a portata di mano»
«Il mio successore non verrà dal M5S»

Milano Partiamo dalla copertina dell’«Economist» di questa settimana: «The Italian job», parla della situazione delle banche italiane. Matteo Renzi è alla guida, ma sull’autobus in bilico sul precipizio ci siamo tutti noi. Possiamo stare tranquilli?
«A mio giudizio il problema delle banche in Europa non sono le banche italiane. La questione del credito riguarda molti istituti del continente e io sono molto più preoccupato dai derivati delle banche di altri Paesi piuttosto che dai debiti «incagliati» delle nostre. Dopodiché in Italia forse bisognava fare — nel 2011, nel 2012 — quello che fece Angela Merkel che mise 247 miliardi di euro nella banche tedesche».
Perché noi non lo abbiamo fatto allora, visto che ora non si può più fare?
«Valutazioni politiche dei governi di allora, ora le regole sono cambiate. Oggi, rispetto ai problemi di alcune realtà italiane, noi assicuriamo la tranquillità: vogliamo che risparmiatori e correntisti siano al sicuro. Poi c’è un tema specifico per le banche italiane: devono fondersi, ci vogliono meno posti nei consigli di amministrazione».
Il «Financial Times» dice che in Italia ci sono più filiali che pizzerie: il mondo inglese ce l’ha con noi in questo momento?
«Secondo me no. Quando sono arrivato a Palazzo Chigi, tutti si chiedevano “Italia e Grecia come sono messe?”. Ora non è più così. A me ora chiedono “cosa propone l’Italia?”».
Un accordo con l’Europa sulle banche, con le regole attuali, è più vicino?
«Sì. Un accordo è a portata di mano, Poi c’è un tema complessivo, l’Europa cosa farà da grande dopo Brexit?».
Se fosse stato Cameron l’avrebbe fatto il referendum?
«Non posso rispondere sì o no. Lui ha fatto un accordo politico con la sua minoranza interna. C’è un grande insegnamento: mai utilizzare le istituzioni per regolare i conti con le minoranze interne, questo è l’insegnamento».
Forse ce n’è un altro: non usare i referendum per decidere certe questioni.
«Io non ho paura del voto dei cittadini».
Quando si farà il referendum costituzionale italiano?
«Non decido io, ragionevolmente a ottobre, non il 30 che è un ponte, al limite il sei novembre. Non ho scelto io di fare il referendum, è previsto dalla Costituzione, e sono convinto che sia un fatto positivo».
In quello inglese si è votato sull’Europa ma hanno parlato la paura, la rabbia, perfino la nostalgia. Non c’è il rischio che nel nostro referendum gli elettori non stiano a vedere il merito e votino, invece, su un signore di Rignano, provincia di Firenze?
«Credo di no. Tutti a dire negli ultimi due mesi: “Renzi devi essere più umile, meno arrogante”. Allora io dico: se do questa impressione forse sbaglio io e tutti subito a dire: “Vedi ha cambiato tono, ha paura”. Io rispondo con un grande sorriso. Il referendum inglese era sull’Europa, nei suoi articoli lei ha fatto notare le tante diversità del Regno Unito. La mia lettura è che sia stata data all’Europa tutta la colpa per ciò che l’economia non riusciva a risolvere».
Ma lo state facendo tutti, da sinistra a destra, di parlar male dell’Europa, la usate come sacco di pugilato. Poi non stupitevi se la gente vota contro l’Unione.
«Io sono innamorato dell’Europa. Ho messo 80 milioni di euro per ristrutturare Ventotene che cadeva a pezzi. Non parlo male dell’Europa come grande ideale, quello è un miracolo, 70 anni di pace, benessere, libertà. Solo che questo miracolo deve riaccadere: se l’Europa è soltanto regolamenti e tecnocrazia, viene meno. In Gran Bretagna, per esempio, ha contato la percezione della paura degli immigrati, e il nome di questa paura è diventato Europa. Quella mattina ci siamo risvegliati choccati. Il referendum italiano è un’altra cosa: sono trent’anni che si dice che dobbiamo fare le riforme».
Lei è convinto che gli italiani voteranno nel merito?
«Farò di tutto perche sia così».
Ma spacchetterete il referendum? Di Maio ha detto che è da «miserabili». A proposito sarà il suo successore?
«Sono molto contento quando vedo che i giovani fanno politica. Sulla successione, la risposta è no. Arriverà un successore, certo, mi auguro che sia in un arco di tempo non immediato... ma non penso che saranno i 5 Stelle».
Tornando allo «spacchettamento».
«A mio giudizio lo spacchettamento non sta in piedi. Certo, sarebbe più semplice rispondere a una serie di quesiti del tipo: “Volete voi ridurre il numero dei parlamentari?”. Però in ballo c’è la Costituzione, la maggioranza dei giuristi dice che non è possibile fare un referendum à la carte . A Natale si spacchettano i regali! Insomma, deciderà chi è deputato a decidere: per me la domanda è molto semplice: “Volete continuare con questo Parlamento o cambiare?”. Se vuoi cambiare, voti sì, se non vuoi, voti no».
Berlusconi cosa dirà. Sembra la vendita del Milan, ogni giorno dice una cosa diversa.
«Per il momento ha detto di no. Intanto gli facciamo un augurio di cuore di pronta guarigione».
Se lei perdesse dove va?
«Tutti mi dicono che personalizzo il referendum. Ora non apro più bocca».
Cambierete l’Italicum?
«Quando siamo arrivati non c’era una legge, era stata cancellata dalla Corte costituzionale. Ora c’è e dice che chi arriva primo, vince. Se il Parlamento è in grado di farne un’altra, si accomodino. Vedo ora che qualcuno è preoccupato e dice “ma possono vincere gli altri”. Certo, si chiama democrazia».
Ma, visti i risultati delle Amministrative, non vede che il mantello del cambiamento sta passando sulle spalle di qualcun altro, non teme di diventare passato prossimo?
«Essendo un fedele lettore del Corriere , ricordo che fino a domenica dicevate che il valore nazionale di quel voto era dato dal risultato di Milano. A Milano abbiamo vinto e ci avete detto che la partita che valeva era Torino. Al di là delle battute, io voglio bene all’Italia, tanti auguri di buon lavoro ai sindaci. Io Virginia Raggi non l’avrei votata, ma sappia che dal governo ci sarà piena disponibilità ai primi cittadini di tutti i colori politici».
Tutti vogliamo bene a questo Paese, ma quando il sogno di un ragazzo è guadagnare 1.300 euro al mese abbiamo un problema. A chi sono finiti i frutti delle famose “globalizzazioni”?
«Questo è il tema. Una volta che abbiamo finito con questa storia delle riforme sarà più facile discutere. Penso che il futuro dell’Italia siano innovazione, ricerca e cultura».
Il mio amico Dario Piacentini, il numero due di Amazon, cosa farà?
«Viene a fare il capo dell’Italia digitale, gli ho fatto la corte, chiedendogli di dare una mano al suo Paese. Inizia il 17 agosto. Quante volte mi è stato detto “tu metti solo i tuoi amici nei posti di responsabilità”. In un posto come quello invece io ho cercato il più bravo di tutti. Per tornare, poi, ai 1.300 euro. È chiaro che in particolare è il Sud a dover ripartire: in questi anni nelle regioni del Sud si è fatta viva una certa cultura antindustriale. Noi ora abbiamo messo regole molto chiare: questi sono i soldi e questa è la tempistica. Se non li spendi te li tolgo. L’anno scorso ho sentito Salvini dire una cosa pazzesca: “bloccheremo l’Italia”. Ma vi rendete conto che c’è bisogno esattamente dell’opposto? Ci sono opere pubbliche bloccate da decenni».
Stella e Rizzo, se fossero qui, si darebbero di gomito...
«Io sono per prendere tutte le cose che hanno scritto e cercare di risolverle».
Secondo lei Trump vince?
«Sei mesi fa ho detto che se fossi americano voterei Hillary Clinton».
Con Obama come va? È triste che la sua presidenza si concluda con le guerre razziali.
«Il rapporto è molto buono, la sua presidenza è stata una straordinaria pagina di democrazia, l’economia ha avuto una crescita incredibile. Di pagine tristi nella storia americana ce ne saranno sempre: la politica non è la risoluzione di tutti i problemi, quello lo fa mago Merlino».
Se Trump diventa presidente siamo sicuri che voglia essere nostro amico? Al G7 di Taormina cosa vi direte?
«Rispettiamo il voto degli americani, al vertice dell’anno prossimo avremo un sacco di donne primo ministro. Quindi, il presidente americano sarà Hillary Clinton»
Le manca una vittoria elettorale?
«Theresa May in Gran Bretagna diventa premier senza elezioni...»
Non è la mia domanda.
«Mi manca una campagna elettorale, io la faccia ce la metto. Mi sento dire da chi prende 58 clic su un blog che non ho mai preso voti. Ho fatto le primarie a Firenze, ho vinto il ballottaggio per il sindaco. Poi ho fatto le primarie del Pd e ho perso. Ho rifatto le primarie, e stiamo parlando di milioni di voti, e le ho vinte. Sono andato al governo non per un accordo di palazzo ma perché il governo di prima non stava facendo più niente».
È pentito dell’hashtag «stai sereno»?
«Ci credevo davvero. Sono stato due mesi a cercare di convincere l’allora premier. Cerca di fare un piano pluriennale, non pensare alle elezioni... Io intanto pensavo solo a Firenze. Il premier aveva la seguente situazione: il tavolo delle riforme era fermo, l’articolo 18 era un tabù su cui si infrangevano tutti i tentativi di riforma, avevano promesso di togliere la tassa sulla prima casa ma in realtà le hanno solo cambiato il nome. Il governo insomma era fermo. Credo che scriverò la ricostruzione di come andarono davvero le cose in quel periodo. Penso sia arrivato il momento. Ora “stai sereno” non riesco più a dirlo a nessuno...».
In questi giorni c’è stato l’episodio di Fermo. Questa violenza che circola è una novità o c’è sempre stata e ora ci sono solo più strumenti che ce la fanno vedere?
«L’odio fa impressione. Ma non credo che trent’anni fa fosse diverso, quando mio padre andava all’università si sparava e quando ci andavo io venivano uccisi i magistrati. È che dovremmo riconoscerci di più come comunità. Intendiamoci, non è colpa della politica se uno prende un coltello o spara, ma se tutti facciamo uno sforzo per tenere più alto il livello male non facciamo. Questa vicenda mi ha colpito al cuore».
Molti di quelli che arrivano non otterranno i documenti. E scompaiono. Non possiamo permetterci tutte le persone che stanno arrivando.
«Non credo al nesso immigrazione uguale terrorismo. Chi arriva con il barcone scappa, non viene qui per compiere attentati. Detto questo, dobbiamo continuare ad investire in Africa, aiutarli — ma davvero — a casa loro. Nell’immediato quelli che sono arrivati non li possiamo tenere per la strada o nelle stazioni, non possono passare il tempo ad aspettare che arrivi qualcosa. Il cittadino che li vede bighellonare non è felice e non ha tutti i torti».
Lei è convinto che lo si possa spiegare a un elettorato arrabbiato e frustrato?
«Sono convinto di sì. C’è una frase di un pastore luterano, Dietrich Bonhoeffer: “L’ottimismo significa non lasciare il futuro agli avversari”. Ecco, io il mio futuro agli avversari non lo voglio lasciare».