Repubblica 4.6.16
Dal Niger al Corno d’Africa le nuove “fabbriche” di profughi che spaventano l’Europa
In fuga da guerre e carestie, seguendo rotte “alternative” verso i Paesi di transito: Libia, Sudan, Giordania ed Egitto
di Vladimiro Polchi
Sono
i tre “serbatoi” di profughi e migranti che più spaventano. Sudan,
Libia, Giordania, Egitto sono invece i Paesi di transito sotto i
riflettori. Perché l’estate si avvicina e il bollettino delle partenze
si aggiorna di continuo. Nuove crisi e vecchi conflitti aprono rotte e
cambiano i flussi dei migranti. Unhcr e Frontex monitorano le aree più
calde: «Tre bombe a orologeria sono pronte a esplodere».
La lista
dei Paesi dai cui partono i migranti è lunga e drammatica. Si lasciano
alle spalle guerre, terrorismo e fame. «In Kenya, Etiopia e Niger, dove
ci sono immense campi profughi, si registrano gravi problemi di carenze
alimentari – spiega Carlotta Sami, portavoce Unhcr per il Sud Europa –
in Sud Sudan, una delle aree più critiche, ci sono violenze e siccità.
Poi c’è un nuovo fenomeno: i migranti costretti dai cambiamenti
climatici, come accade in Etiopia e Somalia, difficili da catalogare».
Due
sono oggi i sorvegliati speciali: Nigeria e Mali. I nigeriani in fuga
sono 186.474 e 2.155.618 gli sfollati. I profughi dal Mali sono 135.417 e
36.762 gli sfollati. Dove vanno? In gran parte in Niger: il Paese di
transito che oggi più allarma. È da anni infatti lo snodo principale dei
trafficanti che muovono i rifugiati provenienti dall’Africa
occidentale.
Qui stazionano centinaia di migliaia di migranti. «È
una situazione terribile e per noi è una corsa contro il tempo», avverte
la Sami. Un esempio? Le violenze di Boko Haram, negli ultimi due anni,
hanno costretto più di 150mila nigeriani a fuggire in Niger. La maggior
parte si è stabilita nella regione di Diffa. Da qui in migliaia sono
pronti a partire, diretti in Libia e poi verso l’Europa.
Per
capire il fenomeno, basta sapere che già oggi i nigeriani sono in testa
tra i 47.881 migranti sbarcati in Italia nel 2016. Non a caso il
Migration compact proposto dal governo italiano alla Ue punta a un
intervento di sostegno rapido proprio in Nigeria.
Questa potrebbe essere dunque la grande emergenza estiva. Ma non certo l’unica, purtroppo.
L’altro
scenario ha numeri da grande esodo: parte da Eritrea e Somalia, passa
da Sudan ed Egitto, arriva fino all’Italia. Più di due milioni i
profughi in fuga dall’Eritrea verso i Paesi confinanti. Ben 977.706 i
rifugiati che scappano dalla Somalia. Non solo. In Etiopia stazionano
oltre 230mila profughi sud sudanesi. Guardando agli arrivi via mare in
Italia nel 2016, tra le prime dieci nazionalità dichiarate al momento
dello sbarco compaiono proprio eritrei, sudanesi e somali. Partono quasi
tutti dalla Libia. Ma si ingrossa col passare delle settimane la rotta
dall’Egitto. Il rischio è l’apertura di una via di carovane verso
l’Egitto, attraverso il Sudan: percorso più breve e veloce rispetto a
quello fin qui seguito verso la Libia, che potrebbe riversare migliaia
di persone in pochi giorni sulle coste egiziane.
La prima
“fabbrica” di profughi resta però la guerra in Siria. Questa è
l’emergenza più monitorata: 4.844.762 i siriani in fuga, soprattutto
verso la Turchia (2.744.915 profughi ospitati). Ma il timore è che la
chiusura della rotta balcanica, in seguito all’accordo Ue-Ankara del 20
marzo, spinga i siriani su rotte alternative. I trafficanti si sono già
messi alla ricerca di nuove vie, «perché la domanda dei profughi che
voglio raggiungere l’Europa – sostiene Christopher Hein, consigliere
strategico del Cir (Consiglio italiano rifugiati) – resta altissima ».
Due le ipotesi al vaglio degli uomini del Viminale e di Frontex. La
prima: i siriani potrebbero partire dalla Turchia, dal Libano (1 milione
e 48mila), dalla Giordania (655mila) e dalla stessa Siria, aggirare
Israele, dove resta impossibile passare, attraversare la Giordania via
terra, imbarcarsi sul Mar Rosso e arrivare in Egitto, nel Sinai. Poi
dall’Egitto potrebbero partire per l’Italia. Altra ipotesi è via mare
dalla Turchia verso Creta e Italia. Per ora nessuna conferma, ma è
questo lo scenario più allarmante.