Repubblica 1.6.16
I piccoli cabotaggi della politica di fronte a tragedie e allarmi
Per il governo la sottovalutazione potrebbe essere un errore
La Lega di Salvini è cresciuta ma non riesce più ad allargare il consenso Quattro mesi di tragedie in mare possono condizionare il voto di ottobre
di Stefano Folli
LA questione dell’immigrazione si va imponendo come la vera urgenza che la politica non può aggirare, anche se finora ha cercato di lasciarla sullo sfondo per non farsene travolgere. Si è spesso abusato del termine emergenza, ma stavolta esso descrive bene il dramma che si vive ogni giorno fra la Sicilia e la Libia. Dramma rispetto al quale la scelta di Roma è parlarne il meno possibile, forse per non disturbare lo stanco dibattito elettorale che prepara il voto nelle città. E da cui dovrebbe prendere slancio l’altra campagna, quella partita con tanto anticipo e che dovrà accompagnare il paese fino al referendum sulla Costituzione di metà ottobre.
In tutto questo i barconi che attraversano il Mediterraneo rappresentano un tema troppo grande per una nazione sola, come spesso è l’Italia, e troppo ingombrante per essere ricondotto nei termini di un messaggio elettorale. O meglio, c’è chi lo sfrutta ogni giorno con toni sempre più oltranzisti: la Lega di Salvini. Ma l’impressione è che al momento la linea “lepenista” abbia dato tutto quello che poteva dare ai suoi interpreti italiani. Salvini in questa fase sembra aver toccato il tetto dei suoi consensi, che non è poco perché è molto più alto del miglior risultato raggiunto a suo tempo da Bossi. Sull’altro versante, nel centrosinistra, si tende a sostenere la tesi opposta. Se i leghisti parlano di invasione e si sforzano di creare ansia negli elettori, nel Pd la consegna è di minimizzare o addirittura negare. Il che è in sintonia con il segnale rassicurante che si vuole trasmettere di qui a ottobre.
Non è detto che sia la scelta giusta. Potrebbe esserlo se esistesse la ragionevole certezza che nel corso dell’estate le traversate e le tragedie si arresteranno. Sfortunatamente tutte le previsioni vanno in un altro senso. Per cui vale la lucida analisi di Lucio Caracciolo ieri su queste colonne. Con un aspetto peculiare che riguarda l’intreccio fra lo scenario generale, con le sue inquietanti incognite, e il piccolo cabotaggio elettorale di casa nostra. Se il nazionalismo- populista della Lega ora sembra aver toccato i confini della sua espansione, nessuno può sottovalutare il fenomeno. Anche in Francia il Fronte Nazionale si arrestò per qualche tempo su livelli notevoli ma non eccezionali, per poi riprendere a salire fino ad accreditare l’idea che Marine Le Pen sia oggi una candidata credibile all’Eliseo. E si capisce perché, visto che l’Europa sta cambiando volto: come l’Austria insegna.
IERI un politico di lungo corso quale è il presidente della Commissione Esteri del Senato, Pierferdinando Casini, uomo con i piedi ben piantati nella maggioranza, ha rotto il tabù e ha invitato la ministra della Difesa Pinotti a “non minimizzare”. Cioè a non restare chiusa nel recinto del racconto confortevole atto a tranquillizzare gli italiani: situazione sotto controllo, numero di immigrati inferiore agli anni scorsi, eccetera. Il rischio è che i toni edulcorati suscitino attese destinate a essere presto disilluse. Il che offrirebbe ai nazionalisti-lepenisti proprio quel carburante che serve loro per riprendere a crescere.
In altri termini, le scadenze elettorali rischiano di confondere il quadro e di indurre nel governo qualche grave errore di comunicazione. Lo stesso presidente del Consiglio fino a ieri ha negato l’emergenza e si è riferito agli “allarmi” procurati da qualcuno “per fini elettorali”. Questa fotografia potrebbe presto sbiadirsi. In fondo il primo a sapere che gli italiani in ottobre non voteranno solo nel merito della riforma costituzionale è proprio Renzi. Il referendum, ormai è inevitabile, sarà anche - per non dire soprattutto - un grande sondaggio pro o contro il premier e il suo governo. Ne deriva che quattro mesi di tragedie nel Mediterraneo seguite da migliaia e migliaia di sbarchi potrebbero orientare l’opinione pubblica in forme oggi imprevedibili, ma non positive per la linea governativa.