mercoledì 1 giugno 2016

La Stampa 31.5.16
L’abuso di potere nella coppia genera violenza
di Linda Laura Sabbadini

Sara. Appena 22 anni, come mia figlia. Gli anni più belli, quelli dell’amore, dei sogni, delle prime grandi sfide, gli anni con tutta la vita davanti, ma non per lei. Sogni infranti nel peggiore dei modi, con la più terribile delle morti, per opera di un uomo che la considerava sua proprietà.
Perché? Perché Sara aveva osato comportarsi da donna libera.
Un ragazza che valuta se è il caso o no di continuare una relazione, e poi decide di rompere con un uomo violento. Donna che sceglie la sua libertà. Dovrebbe essere normale, ma così non è. Non è la prima ad essere uccisa da un ex fidanzato, né sarà purtroppo l’ultima. Sono milioni le donne che subiscono violenza nel nostro Paese, e soprattutto da parte di partner o ex partner. Dagli ultimi dati dell’Istat, che colgono anche il sommerso del fenomeno, emergono anche segnali positivi. E’ diminuita la violenza sulle donne, ma la parte meno grave, permane invece lo zoccolo duro, quello degli stupri e dei femminicidi. E’ aumentata la coscienza femminile: sono di più le donne che hanno subito violenza a considerarla un reato; sono di più le donne che riescono a prevenirla o a interrompere la relazione prima che la spirale si stringa troppo attorno a loro. Le donne ne parlano di più con gli altri, si attivano, aumentano le denunce, anche se sono sempre una piccola percentuale del totale, si recano di più presso i centri antiviolenza, i pronto soccorso. Ma i dati dicono anche qualcosa di inquietante, che aumenta la gravità della violenza subita, e in particolare la quota di donne che riferiscono di aver temuto per la propria vita. Come a dire che la maggiore libertà femminile, scatena una reazione maschile più grave ed efferata. Perché, dobbiamo dirlo, il fondamento della violenza contro le donne è il rapporto di potere all’interno della coppia. La violenza viene usata per ristabilire la supremazia maschile, è espressione del desiderio di controllo, dominio e possesso dell’uomo sulla donna, anche quando la relazione si è conclusa. E’ questo il nodo fondamentale, ma non possiamo abituarci a questa situazione. Si deve agire assieme ai centri antiviolenza, che hanno costruito in questi anni grande professionalità nell’affrontare il problema, con gli operatori sanitari, le stesse forze dell’ordine, con tutti gli operatori coinvolti. Non possiamo cadere nell’indifferenza. Sara è morta in completa e assordante solitudine. Nessuno ha risposto alle sue grida di aiuto. Ma ora è tempo di dire basta con i non impicciamoci, basta con i sono fatti loro. Se non si può intervenire personalmente, si devono chiamare le forze dell’ordine. La violenza non è un fatto privato. La reazione della società deve essere forte a tutti i livelli, dal governo, alla scuola e alle famiglie. Dobbiamo sentirci tutti obbligati ad agire, gli uomini per primi, non solo le donne. Basta con i familiari delle donne che subiscono violenza, che agiscono per ricucire rapporti basati sulla violenza dell’uomo sulla donna; basta famiglie che non educano i maschi alla cultura del rispetto, e le femmine a saper reagire, rifiutando la violenza maschile; basta con la scuola che se ne tiene fuori, e non prepara le ragazze a prevenire la violenza, a riconoscerla e i ragazzi e le ragazze a come relazionarsi tra i sessi. Abbiamo bisogno di una grande battaglia culturale di lungo periodo. La violenza di genere non è un raptus, né la manifestazione di una patologia. Stiamo parlando di un fenomeno strutturale, trasversale, che tocca i ricchi e i poveri, i colti e gli analfabeti: che va intaccato con politiche di ampio respiro che vanno al di là del singolo governo. Un Paese democratico non può tollerare che dieci milioni di cittadine siano vittima di violenza, sia essa psicologica, fisica e/o sessuale. Un Paese democratico deve reagire subito e con grande forza, applicare le leggi che ha e dotarsi di sempre rinnovati strumenti.