La Stampa 29.6.16
Un nuovo Rinascimento nel nome della bellezza
Gli
ultimi cento anni non hanno prodotto alcuna civiltà: è tempo che la
cultura non sia più una merce, bisogna tornare all’esperienza umana, ai
sentimenti, alla vita
di Gao Xingjian
In
quest’epoca di globalizzazione, un’epoca in cui la politica e la
propaganda commerciale occupano tutti gli spazi, persino la cultura è
piegata alle leggi dell’economia di mercato. Arte e letteratura possono
non degenerare nel consumismo culturale, e difendere la loro intrinseca
autonomia spirituale e totale libertà creativa? [...]
Un nuovo
Rinascimento è realizzabile? Se ci slegassimo dalla visione storica del
mondo artistico-letterario fondata sulla modernità, instaurata dal XX
secolo, se poi gettassimo nella spazzatura la teoria della perenne
negazione e con essa tutte le provocazioni e gli esibizionismi, e se poi
riesaminassimo la storia dell’arte e della letteratura, non tarderemmo a
scoprire che questi ultimi cent’anni e più non hanno prodotto una nuova
civiltà, anzi, non hanno fatto altro che involgere l’umanità in un
circolo vizioso. L’Oriente ha intrapreso la strada già battuta
dall’Occidente, e l’Occidente quella già battuta dall’Oriente, e quindi
ora si sono scambiati le direzioni. Questo mondo è talmente assurdo…
Tornare al bello
Lasciamo
da parte la follia della sovversione estetica e delle campagne di moda,
e così un nuovo Rinascimento verrà da sé. Liberandoci dai banali
interessi materiali capiremo che l’arte e la letteratura non sono
un’arma né uno strumento, né tantomeno una merce. Torniamo quindi al
loro scopo originario, torniamo a osservare l’umanità, torniamo alla
natura umana e ai sentimenti umani, torniamo alla ricerca del bello. E
tutto ciò non è affatto un’illusione. Solo con una piena consapevolezza,
artisti e scrittori possono riuscire a padroneggiare la creazione.
Un
tale Rinascimento, com’è prevedibile, non viene promosso da uno
Stato-nazione, il cui unico scopo è quello di portare la creazione
artistico-letteraria nelle mani del potere politico, rendendola una
sorta di incarto ufficiale del nazionalismo. Se prima c’era il realismo
socialista, sbandierato dall’Unione Sovietica, e poi il motto maoista di
«arte e letteratura al servizio degli operai, dei contadini e dei
soldati», ora è il momento delle varie identità etniche, dei discorsi
politici che portano l’arte e la letteratura ad arrendersi all’odierna
politica di partito e di voto.
Un tale Rinascimento può soltanto
sorgere dalla cognizione personale di artisti e scrittori. Non deve
seguire le politiche culturali formulate, avviate e sviluppate dagli
organismi di governo. Al contrario, richiede la distensione e la
tolleranza sociale; e sarebbe molto meglio se le istituzioni della
cultura in mano al governo fossero gestite dal popolo, e quanto più
possibile varie e diversificate. Un tale Rinascimento, pur necessitando
del sostegno di fondazioni culturali no-profit, in prima istanza si
fonda sulla consapevolezza individuale. Artisti e scrittori devono
lanciare un appello capace di destare l’attenzione, devono far risuonare
la propria voce dapprima nei circoli culturali, perché poi si propaghi
come un eco. E questa è l’unica possibilità di suscitare una sorta di
coscienza comune. [...]
La crisi
Un tale Rinascimento, ai
nostri giorni non può essere circoscritto a certi Stati o certe aree del
mondo, come fu per l’Italia del ’400 e del ’500, o per la Francia del
’700. In quest’epoca di globalizzazione, la situazione di ogni artista e
scrittore è pressoché identica. Tuttavia, ora, dietro la crisi
economica e il declino culturale vi è una crisi di pensiero e una
prostrazione spirituale. La dottrina della rivoluzione sociale o il
liberalismo, come pure il nazionalismo e tutte le altre ideologie, non
hanno salvato l’uomo dalla sua triste condizione. L’umanità ha bisogno
di un pensiero nuovo, prodigioso, che arrivi all’orecchio dei sordi e
sulla bocca dei muti. Ma dove sta questo pensiero?
Queste sono le
basi dell’appello a un nuovo Rinascimento. È chiaro che questo nuovo
pensiero a cui mi riferisco non possa fare affidamento su esperti della
politica di partito, tantomeno sugli economisti che ogni giorno
compaiono sui media con i loro sproloqui, o su sondaggi d’opinione e
statistiche. Ci troviamo in un’epoca di povertà d’animo e di miseria
filosofica, in cui la riflessione filosofica è degenerata in uno sterile
gioco di analisi linguistica, a causa di tutte le teorie della
sovversione che hanno svuotato di senso ogni cosa. Non serve
profetizzare il futuro dell’uomo. Lasciamo da parte queste promesse
utopistiche che rievocano l’incubo del XX secolo, ancora vivo nella
memoria. Torniamo piuttosto al momento presente e alla reale condizione
dell’uomo. Il principio della mens sana in corpore sano ideato dal
vecchio umanesimo è senza fondamento, come pure le idee sulla libertà e
sui diritti umani innati: nulla di tutto ciò è conferito a titolo
gratuito.
Il disagio umano
Al contrario, l’individuo,
debole e vivo, è sempre immerso nei tormenti dell’esistenza terrena, e
del destino del genere umano non è dato sapere. Appurato che la
speculazione filosofica non è in grado di guarire il disagio dell’uomo
contemporaneo, all’uomo non resta che affidarsi alla letteratura e
all’arte per poter affermare se stesso, in questa vita sconcertante.
Filosofia, religione e arte e letteratura sono tre diversi metodi per
acquisire conoscenza della propria esistenza. La filosofia ricorre alla
speculazione, la religione conduce alla fede, mentre l’arte e la
letteratura si rivolgono all’estetica, e attraverso l’estetica offrono
all’uomo un’affermazione del sé. Quest’epoca è segnata dal declino della
religiosità, ma in compenso è devota al materialismo. E l’ideologia,
che continua a corteggiare il potere politico, ha compromesso gravemente
la condizione della filosofia, che in origine era incorrotta. Arte e
letteratura – strette dalla morsa della politica e del mercato – non di
rado sono state private dell’intrinseco giudizio estetico. Mentre il
mercato governa il consumo culturale, ormai il potere sfrutta il
principio del «politicamente corretto». Ma lanciare un appello a un
nuovo Rinascimento significa ritornare all’esperienza del bello,
ritornare alla natura umana e ai sentimenti umani, ritornare alla vita.
La coscienza morale
Un
tale Rinascimento poggia sulla coscienza morale innata e sulla
consapevolezza di artisti e scrittori. È naturale che non possa
limitarsi a pochi Paesi o aree del mondo, né ad alcuni lingue o forme
espressive; al contrario invece, un tale Rinascimento può avvenire in
ogni angolo della Terra. Solo una volta acquisita una piena e lucida
cognizione della realtà e dell’uomo, artisti e scrittori danno inizio ad
una propria ricerca espressiva. Un tale Rinascimento è realizzabile.
Difatti, la storia ha già attraversato momenti bui, ma alla fine s’è
squarciata l’oscurità e rotto il silenzio, il cielo è tornato a
splendere e la voce a risuonare. E vantando anche di queste esperienze
come punto di riferimento, l’uomo d’oggi perché mai non potrebbe
riuscirci?
[Traduzione di Simona Gallo]