La Stampa 27.6.16
Sfuma il sogno degli Indignados
“Non è il risultato che aspettavamo”
Nella
notte dei capovolgimenti di fronte il leader Iglesias ammette la
sconfitta “Preoccupa l’avanzata del blocco dei conservatori, ma il
cambiamento non si ferma”
di Marco Bresolin
Ha
prevalso la paura del salto nel buio. Meglio la certezza dell’usato
sicuro piuttosto che il brivido di un cambiamento. Chiamatelo pure
effetto-Brexit, se volete. Perché lo choc provocato dal referendum di
Londra non ha lasciato indifferenti gli spagnoli. E le bandiere viola di
Podemos nella piazza del museo Regina Sofia hanno di colpo smesso di
sventolare.
Avevano cominciato alle 20, quando i primi exit-poll
diffusi alla chiusura dei seggi davano per fatto il sorpasso sul Partito
Socialista. Con un ampio margine. «Un’opportunità storica per il nostro
Paese» la definiva pochi minuti prima delle 21 Alberto Garzon, leader
degli alleati di Izquierda Unida. E invece alle 23, quando i dati
ufficiali hanno segnato la «non-vittoria» di Podemos, e l’ennesima
sconfitta dei sondaggisti, è toccato a Pablo Iglesias affacciarsi nel
quartier generale al Teatro Goya per dire che «questo risultato non è
soddisfacente». Difficile dargli torto: rispetto a dicembre, la somma
dei seggi di Podemos e Izquierda Unida (71) non fa passi avanti. La
coalizione perde addirittura un milione di voti in sei mesi.
Eppure
le previsioni erano altre. Gli elettori hanno smentito gli ultimi
sondaggi ufficiali, quelli diffusi fino a una settimana prima del voto
che davano Podemos secondo partito. «Avevamo aspettative diverse -
ammette Iglesias - ma soprattutto ci preoccupa la perdita di voti del
blocco progressista e l’aumento dei consensi per il blocco
conservatore». Tradotto: il Paese vira a destra. Sul palco e in platea i
volti sono tirati, Iglesias ha un’espressione mai vista. E le facce
sorridenti che campeggiano sui manifesti elettorali sotto lo slogan «La
sonrisa de un Pais» («Il sorriso di un Paese») sembrano quasi una presa
in giro.
Questa volta Iglesias e i suoi speravano di fare il
colpaccio, ci credevano. Volevano diventare il primo partito della
sinistra spagnola. E in effetti c’erano tutte le condizioni per riuscire
nell’impresa. In questi sei mesi Podemos è stato l’unico partito a
muoversi, di fronte all’immobilismo degli altri. Non tanto in termini di
alleanze post-voto, perché il partito degli Indignados aveva negato
l’appoggio alla proposta di governo offerta dai socialisti in coppia con
Ciudadanos. Piuttosto perché era stato l’unico a studiare una nuova
strategia elettorale. Ma la coalizione con i comunisti di Izquierda
Unida, che ha portato al cartello Unidos Podemos, non è bastata. La
somma dei voti non ha provocato la moltiplicazione dei seggi immaginata
per effetto della legge elettorale. Non sono serviti a nulla nemmeno
l’esibito europeismo («L’Europa va cambiata, ma uscire è un errore»
parola di Iglesias dopo la Brexit), la cravatta di Pablo e l’approccio
più «moderato». Il partito nato tra le tende degli Indignados si era
persino spinto a definirsi «socialdemocratico» per rassicurare i suoi
potenziali elettori socialisti. E nelle ultime settimane è arrivata la
rivalutazione postuma di Zapatero, definito da Iglesias «il miglior
premier di sempre».
Gli spagnoli, in particolare gli elettori
socialisti, non gli hanno creduto. Hanno dato piuttosto retta a chi ha
colto l’occasione del referendum britannico per lanciare l’allarme:
«Fate attenzione perché il populismo e le facile promesse hanno un
prezzo». Così l’ondata anti-sistema si è attenuata e la rivoluzione
sognata dagli Indignados non è arrivata. È solo rimandata, dicono i
dirigenti del partito viola. Come il numero due Errejón, il primo ad
ammettere la sconfitta: «Questo è un processo iniziato nel 2011 e non si
torna indietro». «Ciò che abbiamo fatto è un qualcosa di storico e
senza precedenti», aggiunge Iglesias. Sarà, ma sotto il maxischermo
piazzato nella piazza del Regina Sofia resta l’amaro in bocca per questa
- grande - occasione sfumata. Doveva essere una nottata di festa, ma la
voglia di «juerga» lascia lo spazio alla delusione.
Ora, per
scongiurare un nuovo governo guidato dai popolari, Podemos potrebbe
cercare di inseguire i socialisti e tentare un’alleanza a sinistra, ma è
uno scenario poco probabile. «Non scarto nessuna ipotesi, dobbiamo
dialogare» ripete Iglesias con la faccia di chi non ci crede molto. E
infatti, dalla sede del Psoe, Pedro Sanchez lo stoppa subito con l’aria
del fratello maggiore che tira le orecchie al più piccolo: “Ha avuto la
possibilità di appoggiare un governo socialista per andare oltre Rajoy,
ma ha prevalso la sua intransigenza». E ora, sembra dire, se avremo di
nuovo i popolari al governo sarà solo colpa vostra.