mercoledì 22 giugno 2016

La Stampa 22.6.16
Torino
Scontro sulla Compagnia: chi tiene la cassa gestisce la città
Dopo l’attacco, Fassino difende Profumo. Ma Appendino non mollerà
di Beppe Minello

Non è un caso se il primo, vero scontro tra la nuova sindaca di Torino, la grillina Chiara Appendino e Piero Fassino, il grande sconfitto, avvenga sulla Compagnia di San Paolo, istituzione su piazza dal 1563 e, oggi, primo azionista con oltre il 9% di Intesa Sanpaolo, la banca più grande d’Italia. A poche settimane dal voto, Fassino aveva indicato l’ex-ministro Francesco Profumo alla presidenza. Già l’ex-sindacalista Fiom Giorgio Airaudo, candidato a sindaco che non ha superato il primo turno, e poi Chiara Appendino hanno contestato quella mossa e ora la grillina, diventata sindaca, chiede un passo indietro all’ex-ministro. Fassino, giusto ieri mattina, superato lo choc della sconfitta, ha sparato ad alzo zero contro la rivale difendendo Profumo e la scelta di nominarlo presidente. «Parla sempre di meritocrazia - ha detto Fassino - ma forse che Profumo non ha i titoli per presiedere la Compagnia? È stato rettore del Politecnico, ministro della Ricerca scientifica, ha ricevuto riconoscimenti nazionali e internazionali. E rispetto a tutto ciò bisogna cambiarlo? Se non avessi fatto la nomina il Comune avrebbe perso la titolarità».
Insomma, un duello sanguinoso giustificato dal fatto che la Compagnia è una potenza finanziaria che fa piovere ogni anno sul territorio oltre 140 milioni di euro, più della quantità di denaro che Palazzo Civico può liberamente disporre nel suo bilancio. In un momento di crisi ormai pluriennale, ma anche senza la crisi, capite bene che poter metter becco nelle decisioni del Comitato di Gestione della Fondazione ex-bancaria è come avere un jolly nella difficile partita per far quadrare i conti di una metropoli. Il sindaco di Torino questo jolly ce l’ha. Spetta infatti all’inquilino più importante di Palazzo Civico indicare, per «consuetudine», perché non c’è Statuto o regolamento che certifichi questa sorta di golden share, chi siederà sulla poltrona di presidente fra i due componenti che sempre il sindaco di Torino può indicare fra i 17 componenti il Consiglio Generale. Gli altri 12, più tre cooptati, sono nominati da più enti, dalle Camere di Commercio alle Accademie di Torino, Genova e Milano, i territori dove la Compagnia ha le sue radici. Formalmente, quindi, la nomina di Profumo, dal Consiglio Generale, sorta di parlamentino della Compagnia, alla presidenza del Comitato di Gestione, cioè il governo, non è del sindaco di Torino «ma di una pluralità di enti - ha spiegato, ieri, Fassino -. La Compagnia di San Paolo ha già provveduto a ricordare che è un ente di diritto privato che non dipende dalla città». Tutto ineccepibile sul piano formale, molto meno sul piano sostanziale ché da secoli si rispetta l’indicazione sul presidente da parte del sindaco di Torino, qualunque esso sia. «Una nomina così a ridosso del voto - aveva efficacemente sintetizzato il problema Giorgio Airaudo - obbligherà il nuovo sindaco che non sia Fassino a presentarsi con il cappello in mano». Per questo motivo, Appendino ha già annunciato la volontà di introdurre il semestre bianco prima del voto - il prossimo, va da sè - per bloccare ogni nomina come quella di Profumo. Escluso che Profumo lasci il campo libero, l’attenzione si sposta sulle erogazioni della Compagnia che - dati 2015 - vanno a portare preziosa linfa nei settori più diversi. Tra i principali spiccano i cinquanta milioni destinati alle Politiche sociali; Ricerca, Istruzione e Sanità ricevono altri 44 milioni; l’Arte, attività e beni culturali assorbono quasi 30 milioni. «Una cifra che, per il 70% - spiega il segretario generale, Piero Gastaldo - finisce nell’area metropolitana di Torino». Un fiume di denaro che viene alimentato da una più che saggia gestione delle attività finanziarie detenute dalla Compagnia di San Paolo che a fine 2015 ammontavano a 7,7 miliardi. Oltre il 50% del portafoglio è costituito dalle azioni di Intesa Sanpaolo che la Compagnia s’è impegnata a portare al 33,3% entro il 2018. La qual cosa comporterà un incasso miliardario per la Compagnia: «Che non significa che ci saranno miliardi in più da spendere» puntualizza Gastaldo. Ma Profumo, appena diventato presidente, non ha esitato a spiegare che una quota importante dei nuovi investimenti della Compagnia «sarà indirizzata verso la crescita e lo sviluppo del territorio». Miele per le orecchie di Fassino, all’epoca ancora sindaco. E per Chiara Appendino?