La Stampa 19.6.16
Per L’Europa tre consultazioni in sette giorni
di Giovanni Sabbatucci
Nel
breve arco di una settimana, dal 19 al 26 giugno, si terranno in tre
fra i più importanti Paesi europei tre diverse consultazioni elettorali:
il secondo turno di amministrative parziali in Italia, il referendum
britannico sulla permanenza nell’Unione europea, le legislative per il
nuovo Parlamento spagnolo, dopo che quello appena sciolto non è riuscito
a esprimere una maggioranza. Si tratta di consultazioni diverse, come
diversi sono i contesti politici degli Stati in cui si andrà alle urne.
Ma la posta in gioco è in larga parte comune. E può essere ricondotta
alla contrapposizione, tipica di questi tempi, tra partiti tradizionali e
forze anti-sistema; ovvero - le due linee di frattura spesso coincidono
- tra fautori e avversari dell’integrazione europea.
La
sovrapposizione fra i due temi è ben evidente nel caso del referendum
britannico di giovedì prossimo: la competizione più importante quanto
alle conseguenze di lungo periodo, soprattutto in caso di vittoria della
Brexit, e anche la più coinvolgente sul piano emotivo, segnata
addirittura, una settimana prima del voto, da un assurdo delitto
politico che non ha precedenti nella storia del Regno Unito. Qui le
leadership dei due partiti maggiori si sono in maggioranza schierate per
la permanenza nell’Unione. Ma, a dar retta ai sondaggi, una larga quota
di elettori - un po’ più della metà fino a giovedì scorso, un po’ meno
dopo il delitto Cox - sembra pensarla diversamente. Facile immaginare
che una vittoria della Brexit non solo accrescerebbe i consensi degli
anti-europeisti «specializzati» di Nigel Farage, ma muterebbe anche gli
equilibri interni dei partiti tradizionali, lasciando spazio alle spinte
populiste soprattutto nel campo conservatore: dove l’ex sindaco di
Londra Boris Johnson si candida a leader del fronte anti-Ue e già
scalpita per la successione al premier Cameron.
Meno drastiche, ma
proprio per questo più complicate, le alternative che si presenteranno
il 26 giugno agli elettori spagnoli. Qui non c’è un fronte comune degli
anti-sistema; e la linea divisoria fra destra e sinistra ancora tiene.
Ma, nell’uno e nell’altro campo, le forze tradizionalmente maggioritarie
(socialisti e popolari) sono insidiate dai movimenti «nuovisti», che le
contestano: Podemos sul versante sinistro, Ciudadanos su quello
moderato. Dal momento che i due partiti tradizionali rifiutano ogni
ipotesi di grande coalizione, e visto che i movimenti contestatori della
vecchia classe dirigente non sono disposti a coalizzarsi fra loro, la
prospettiva di una prolungata ingovernabilità si fa sempre più concreta.
E l’ingovernabilità è da sempre la condizione ideale per la crescita
delle forze anti-sistema.
Altro e diverso caso è quello dei
ballottaggi di domenica prossima nei nostri Comuni. In ballo non c’è
solo - e già non è poco - il governo delle prime quattro città italiane
(più la sesta, Bologna). E nemmeno l’atteso verdetto circa la solidità
del governo Renzi. Se la sfida milanese - la più incerta - può ancora
essere letta come un classico confronto fra centro-destra e
centro-sinistra, negli altri centri maggiori la partita si presenta come
uno scontro non convenzionale fra i partiti protagonisti della seconda
Repubblica (Forza Italia a Napoli, il Pd a Roma, Torino e Bologna) e le
forze del populismo, rappresentate a Bologna dalla Lega, a Napoli dai
seguaci di De Magistris, altrove dal movimento Cinque stelle. Queste
forze trarrebbero nuovo slancio da una vittoria (probabile) nella
capitale, e più ancora da un successo in rimonta, che sarebbe clamoroso,
nelle città (Torino e Bologna su tutte) in cui partono decisamente
svantaggiate dai risultati del primo turno.
Il responso delle
comunali italiane lo conosceremo fra poco. E potrebbe non essere di
facile lettura. Dovremo invece aspettare la fine della settimana
elettorale che sta per cominciare per sapere se l’ondata populista su
scala continentale abbia già alle spalle la sua fase di massima
espansione, o se, al contrario, si appresti a travolgere, assieme agli
assetti politici di molti paesi membri, quanto resta del progetto di
integrazione europea. Per capirlo, dovremo guardare non solo a Londra,
ma anche a Roma e a Madrid.