La Stampa 15.6.16
Il killer di Orlando era gay
“Frequentava il club Pulse”
Un veterano del locale: lo vedevamo spesso, rimorchiava ragazzi Omar era anche iscritto a una chat di incontri per omosessuali
di Francesco Semprini
Un
omosessuale dichiarato animato da un odio viscerale nei confronti degli
stessi gay e pronto a fare una carneficina a Disney World. È la doppia
pista su cui tentano di far luce gli inquirenti che indagano su Omar
Mateen, il killer del Pulse di Orlando. I quali non escludono l’ipotesi
di legami jihadisti per capire se il 29enne americano di origini afghane
fosse un lupo non poi così solitario.
Tanti gli elementi al
vaglio degli investigatori, primo fra tutti il fatto che Omar, prima di
uccidere 49 persone e ferirne 53, di cui 6 sono in gravi condizioni,
fosse un frequentatore abituale dello stesso locale gay teatro della
mattanza. Perché lui stesso omosessuale come emerge dalle testimonianze,
prima fra tutte quella della ex moglie, Sitora Yusufiy, secondo cui una
volta lo stesso suocero, Seddique Mateen, ha chiamato il figlio gay
davanti a lei. Lui che solo due giorni fa aveva dichiarato il disagio di
Omar nel vedere due uomini scambiarsi effusioni. La rivelazione segue
quella di un compagno di scuola di Mateen, il quale sostiene che Omar
gli chiese di uscire per una «serata romantica». Della omosessualità del
killer ne sarebbe rimasta traccia su Internet, visto che Mateen sembra
fosse solito utilizzare un’app di incontri per soli gay, «Jack’d». È lì
che avrebbe conosciuto un certo Kevin West con il quale avrebbe
«chattato» senza tuttavia uscirci mai assieme, lo stesso uomo che
sostiene di aver incontrato Omar al Pulse la sera della strage. «Me ne
stavo andando, lui era all’entrata, ci siamo salutati con un semplice
ehi», racconta West.
Al Pulse Mateen non era un esordiente,
secondo quanto emerge da ulteriori testimonianze. Chris Callen, che al
locale gay di Orange Avenue ha lavorato come ballerino, dice di averlo
visto almeno un paio di volte al mese negli ultimi tre anni. Un periodo
troppo lungo per pensare a un sopralluogo in vista dell’azione punitiva
in nome dello Stato islamico. Jim Van Horn, 71 anni, un veterano del
locale, conferma di aver visto Mateen spesso lì a cercare di rimorchiare
ragazzi, «ma non di rado veniva respinto perché considerato un tipo
strano».
È questa forma di emarginazione uno dei motivi che
potrebbe aver spinto Mateen alla mattanza. «Forse tentava di scendere a
patti con il diavolo che era dentro di lui - dice Van Horn - o voleva
disfarsi della sua rabbia verso l’omosessualità».
Parallelamente
gli inquirenti vagliano la pista di «colpire topolino», l’eroe animato
che compare spesso accanto alle foto della figlia di tre anni. Mateen,
assieme all’attuale moglie Noor Mateen e alla bambina, sarebbe andato un
paio di volte in uno dei parchi a tema Disney World, sembra proprio per
valutare un’azione. La prima volta risale ad aprile, la seconda al
periodo tra l’1 e il 6 giugno, negli stessi giorni in cui l’adepto
dell’Isis aveva acquistato le armi che gli saranno consegnate poi il 9
giugno. L’obiettivo prescelto è Disney Downtown, (vero nome Disney
Springs) non un parco di divertimenti a tema vero e proprio, ma una
sorta di centro commerciale ispirato alle storie Disney. E dove, ecco le
piste che si intrecciano, si sono tenuti appuntamenti per l’orgoglio
gay. Camminando nel complesso appare evidente il basso livello di
controlli, poche guardie di cui alcune non armate, nessun metal
detector, e una quantità e varietà di possibili obiettivi (tra cui i
tanti bambini) da far presagire una strage ben peggiore di quella del
Pulse.
Già allora sembra che la signora Mateen sapesse qualcosa
sulle intenzioni del marito, motivo per cui è stata indagata. Lei stessa
avrebbe sostenuto di aver cercato di parlare a Omar per convincerlo a
desistere dall’attacco al club gay. E la stessa donna avrebbe riferito
che i legami tra il marito e Moner Mohammad Abusalha, kamikaze che si è
fatto esplodere in Siria, fossero più frequenti di quanto si pensasse. È
questo un altro capitolo su cui gli inquirenti si stanno concentrando,
assieme ai due viaggi in Arabia Saudita compiuti da Mateen per le
celebrazioni dell’Umrah. Fermo restando, come dice Obama, che «non ci
sono indicazioni che segnalino un complotto più vasto», si vuole capire
se in questi viaggi il futuro «martire dell’Isis» abbia conosciuto
qualcuno che ha agevolato la sua autoradicalizzazione.