domenica 12 giugno 2016

Il Sole Domenica 12.6.16
Guardare lontano
Visioni utopiche
di Giulio Busi

Dodici esploratori, che s’aprono la via attraverso il deserto, salgono sulla montagna, aguzzano gli occhi, scrutano ogni palmo di terreno, con la mente febbrile e i nervi a fior di pelle. Dieci tornano pieni di paura, scoraggiati, pieni di dubbi. Due hanno invece il cuore colmo di speranza: «La terra che abbiamo attraversato per esplorare è buona, assai buona». A chi dar retta, ai pavidi o ai coraggiosi? Catastrofe o redenzione, Terra promessa o paese maledetto? Per chi voglia riflettere sull’antico agone tra pessimismo radicale e fiducioso ottimismo, il tredicesimo capitolo del libro di Numeri offre materia vasta, profonda. Mosè manda un manipolo di uomini fidati in avanscoperta nel paese di Canaan. Vuol sapere se lo si possa conquistare, e se ne valga la pena. Ma le opinioni sono divise. Ne nasce una lite, che solo l’intervento divino varrà a placare. Per punizione, i dubbiosi non entreranno nel territorio che pure era stato loro promesso. Solo chi ha creduto e ha sognato sarà accolto nel nuovo mondo. La Terra santa svolge qui un doppio ruolo, di meta del desiderio collettivo e di contenitore misterioso di paure e delusioni. Dai tempi di Tommaso Moro, che coniò la parola per un suo mirabile libro di critica sociale e politica, alle visioni di migliore e diverso futuro si dà il nome di utopie. Le loro pallide sorellastre, spettrali d’ansie e di timori, son dette invece distopie, quasi si trattasse di oppressivi e metallici labirinti. Ágnes Heller, filosofa di alta reputazione, e Riccardo Mazzeo, infaticabile suscitatore di libri e di idee, hanno raccolto pro e contra sui luoghi non-luoghi, sospesi tra desideri e rifiuto. Dall’insegnamento biblico, attraverso la filosofia del tardo Rinascimento e sino alla narrativa contemporanea, i due setacciano le visioni beatifiche delle città di luce e le altre, speculari e corrosive, dei gradi della negatività. Più la si tiene tra le mani, più la matassa s’ingarbuglia, giacché spesso, per non dire sempre, da visioni grandiose di cambiamento nascono delusioni, gelosie, piccinerie. Non sarà che l’utopia è bella finché rimane giovane, ingenua, irrealizzabile? Lasciate passare un poco di tempo, date casa e forma alle visioni utopiche, e scoprirete che il muro che divide sogni e realtà è alto, difficile a scalarsi, ben munito di cocci aguzzi di bottiglia. Non è forse vero che le solenni ideologie di progresso novecentesche sono finite per lo più in dramma? E anche a cercare rifugio nella prosa ampia e ieratica delle Scritture ebraiche, uno stesso luogo teologico può sconfortare i pavidi ed entusiasmare gli intrepidi. Se l’avessero chiesto a voi, d’incamminarvi con poca acqua e ancor meno viveri verso nemici ignoti, possenti, inclementi. Con che racconto sareste tornati indietro? E con quale futuro?
Agnes Heller e Riccardo Mazzeo, Il vento e il vortice. Utopie, distopie. Storia e limiti dell’immaginazione, Erikson, Trento, pagg. 152, € 14,50
Frauke Uhlenbruch, The Nowhere Bile. Utopia, Dystopia , Science Fiction,
Berlino, pagg. 210, sip