Il Sole 6.6.16
Unioni civili, debuttano le coppie a tutele variabili
di Valentina Maglione
Operative da ieri le norme per i conviventi ma per le unioni gay mancano le istruzioni
Matrimoni,
unioni civili, convivenze registrate e non: debutta la famiglia a
tutele variabili. Da ieri è infatti in vigore la legge 76 del 2016, la
“Cirinnà”, dal cognome della prima firmataria e relatrice al Senato,
Monica Cirinnà (Pd).
Una legge storica, che permetterà alle coppie
omosessuali di ufficializzare il loro legame, conquistando (quasi)
tutti i diritti (con l’importante eccezione dell’adozione) e i doveri
che hanno marito e moglie. Ma la nuova disciplina prova a offrire un
ombrello di garanzie minime anche alle coppie - etero o gay - che, per
le più svariate ragioni, non vogliono legarsi in modo formale. E mentre
per celebrare le prime unioni civili è necessario attendere le
disposizioni con le istruzioni per gli uffici comunali, le novità per i
conviventi di fatto sono già operative.
Le unioni civili
Riservate
alle persone dello stesso sesso, le unioni civili guardano da vicino al
matrimonio. Infatti, con la dichiarazione all’ufficiale dello stato
civile, i partner si impegnano alla reciproca assistenza morale e
materiale e a vivere sotto lo stesso tetto. Entrambi, poi, devono
contribuire, in base alle loro possibilità, ai bisogni comuni. Tra i
diritti e i doveri che discendono dall’unione civile, la legge 76 non
cita invece l’obbligo di fedeltà, che il Codice civile impone a marito e
moglie (e sulla cui violazione si concentra gran parte del contenzioso
quando l’amore finisce).
Matrimoni e unioni civili restano
distanti sul fronte della genitorialità. Le coppie gay continuano a
essere escluse dai percorsi ordinari dell’adozione. La stepchild
adoption, vale a dire la possibilità di adottare il figlio del partner,
che il Ddl originario estendeva ai gay, è stata stralciata dal
Parlamento. La legge 76, infatti, esplicita che l’equiparazione tra i
partner di un’unione civile e i coniugi non vale per la legge
sull’adozione (la 184 del 1983). Tuttavia precisa anche che «resta fermo
quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme
vigenti»: una formula che lascia aperto il percorso dell’adozione «in
casi particolari» - prevista dalla stessa legge del 1983 - in base alla
quale i giudici hanno già autorizzato in una serie di casi l’adozione
per le coppie omosessuali.
Più agile rispetto al matrimonio è poi
l’iter per chiudere l’unione civile. Mentre marito e moglie devono
passare per la separazione e (dopo sei mesi in caso di rottura
consensuale o dopo un anno se l’accordo non c’è) per il divorzio, i gay
possono divorziare direttamente, tre mesi dopo aver dichiarato (anche
separatamente) all’ufficiale dello stato civile di volersi lasciare.
I
partner dell’unione civile hanno lo stesso trattamento dei coniugi da
parte del fisco e come lavoratori. Resta da chiarire l’ambito di
applicazione della nullità del licenziamento e delle dimissioni (se non
confermate alla direzione provinciale del lavoro) per un anno dopo il
matrimonio, dato che la legge (la 198 del 2006) parla solo di
«lavoratrice».
Le convivenze
Decisamente più deboli sono le
tutele previste dalla legge 76 per i conviventi. Intanto, ricadono in
questa tipologia non tutte le coppie di fatto ma solo quelle che sono
registrate come conviventi all’anagrafe. Per questi partner si apre la
possibilità di visite in caso di malattia, di partecipare agli utili
dell’impresa del compagno imprenditore, di vivere nella casa di
proprietà del partner defunto per un periodo di tempo limitato e di
ottenere gli alimenti se la relazione finisce, ma solo per un periodo
proporzionale alla durata della convivenza.
Infine, i conviventi
di fatto possono fare un passo in più e sottoscrivere (con l’aiuto di un
notaio o di un avvocato) un “contratto di convivenza” per regolare le
questioni patrimoniali: scegliere la comunione dei beni e stabilire la
misura dei contributi alla vita in comune.