Il Sole 2.6.16
L’accesso al ballottaggio nella capitale test chiave per il futuro dei leader nazionali
I
grillini beneficiano delle divisioni interne a centrodestra e
centrosinistra ma la Raggi sconta la firma del contratto che la vincola
alle decisioni del vertice M5S
di Barbara Fiammeri
L’attenzione
domenica notte sarà concentrata tutta sul Campidoglio. Da Roma arriverà
la prima risposta decisiva: la scelta dei candidati per il
ballottaggio, che, contrariamente alle altre grandi città chiamate al
voto, nella Capitale è ancora fortemente incerta. Una risposta che
condizionerà prepotentemente il dibattito politico e che potrebbe
riflettersi ben oltre i confini della città eterna. Partecipare alla
sfida finale del 19, giocarsi la poltrona della guida della Capitale al
secondo turno, sarà determinante non solo per Virginia Raggi, Roberto
Giachetti, Giorgia Meloni, Alfio Marchini o Stefano Fassina. Ma anche
per Renzi, Grillo, Salvini e Berlusconi. Le divisioni all’interno del
centrosinistra e del centrodestra non consentono ai candidati dei due
schieramenti facili previsioni, anche perché il numero di chi è ancora
indeciso, se e chi votare, è molto alto. Una conferma della
comprensibile disaffezione dei romani nei confronti di una classe
politica che ha lasciato la città alle prese con un debito spaventoso e
prigioniera di interessi criminali.
A “beneficiarne”
inevitabilmente è chi da questa mortifera stagione è rimasto fuori,
ovvero il Movimento 5 Stelle, che con Virginia Raggi punta a conquistare
la Capitale e ad affermarsi come forza alternativa di Governo non solo
per il Campidoglio ma per Palazzo Chigi. Lo conferma la cintura di
protezione cucita dal direttorio grillino e dal leader in pectore, Luigi
Di Maio, attorno alla Raggi. Uno scudo che potrebbe rivelarsi
controproducente però, se fosse interpretato dagli elettori come sintomo
di debolezza e scarsa autonomia. Due accuse che non a caso le hanno
rivolto gli avversari mettendo l’accento anche sul “contratto”
sottoscritto dalla Raggi secondo cui in caso venisse eletta sindaco, per
le decisioni “giuridicamente complesse” dovrà consultarsi con lo staff
dei parlamentari pentastellati. Di più: se dovesse smarcarsi dalla
“linea” del direttorio rischia di dover pagare una penale di 150mila
euro.
Si vedrà. Gli ultimi sondaggi pubblicati davano la candidata
grillina ampiamente in testa. Anche per questo ha accuratamente evitato
tutti i confronti con gli avversari, tranne quello andato in onda su
sky martedì. A cercare i faccia a faccia sono sempre coloro che
inseguono. E a Roma a giocarsi la carta di competitor contro il
candidato del M5S sono in tre: il dem Roberto Giachetti, la leader Fdi
Giorgia Meloni e l’imprenditore Alfio Marchini nato indipendente e ora
appoggiato da Berlusconi ma anche da Alfano. Più indietro il candidato
di Sinistra italiana Stefano Fassina che però ha già detto che, qualora
Giachetti arrivasse al ballottaggio, non avrà il suo voto.
Del
resto fin dall’inizio la campagna elettorale per Roma si è
caratterizzata più che per gli scontri tra opposte fazioni, per il fuoco
amico di alleati o ex compagni di partito. Alla fine nel centrodestra
sono rimasti in due. Giorgia Meloni, appoggiata da Salvini, e Alfio
Marchini, che era già in campo con la sua lista “libera dai partiti”, e
che nel frattempo ha ottenuto il sostegno di Berlusconi (quello dei
centristi di Alfano lo aveva già) e perfino di Storace. Il Cavaliere
ripete quotidianamente che la separazione nella capitale è solo frutto
di un “capriccio” (della Meloni) e che il centrodestra continuerà a
marciare unito. Ma c’e anche altro: la leadership e il futuro del
centrodestra. Se Meloni dovesse agguantare il ballottaggio, il
principale beneficiario sarebbe Salvini e una destra di matrice
lepenista. Al contrario, la sconfitta della Meloni confermerebbe la
necessità per il leader della Lega e la numero 1 di Fdi di dover ancora
scendere a patti con il Cavaliere. Vale anche per il centrosinistra.
Giachetti gioca da solo. La rottura con l’ala sinistra della coalizione
guidata da Stefano Fassina mina fortemente le possibilità di quello che i
suoi avversari indicano come “il candidato di Renzi”. Raggiungere il
ballottaggio sarebbe già una vittoria, in quanto dimostrerebbe che
nonostante la pesante eredità di Ignazio Marino e di mafia capitale, il
candidato Pd è l’unico in grado di contrapporsi alla sfida populista.
Domenica notte i risultati daranno la risposta.