venerdì 10 giugno 2016

Il Sole 10.6.16
Palazzo Vidoni. Anche l’interpretazione ministeriale considera «speciale» il lavoro pubblico rispetto a quello privato
Funzione pubblica «in linea» con i giudici
di G.Tr.

La discussione infinita sull’applicabilità alla pubblica amministrazione delle riforme realizzate in questi anni sull’articolo 18 nasce dal fatto che finora tutti gli interventi sul punto sono stati circondati da polemiche e hanno prodotto soluzioni ispirate più al compromesso che alla chiarezza. L’ultima parola dovrebbe arrivare nelle prossime settimane dal nuovo testo unico del pubblico impiego, cioè dal decreto attuativo della delega Pa chiamato a riscrivere le regole per i dipendenti di Stato, regioni ed enti locali.
L’indirizzo della Funzione pubblica è lo stesso seguito dalla Cassazione nella sentenza di ieri, e punta a sottolineare la «specialità» del rapporto di lavoro pubblico che escluderebbe l’allineamento al mondo privato sul piano delle tutele per i licenziamenti. Il ragionamento di Palazzo Vidoni poggia su tre premesse, che distinguono gli impieghi pubblici da quelli privati: l’ingresso è per concorso, i soldi sono pubblici e gli interessi da tutelare riguardano il «buon andamento» e l’«imparzialità» dell’amministrazione pubblica, previsti dall’articolo 97 della Costituzione, e non solo la sorte individuale del singolo dipendente.
Questa impostazione, che escluderebbe in simultanea dagli uffici pubblici sia la riforma Fornero sia il Jobs Act, corre molto vicino a quella proposta ieri dalla Cassazione, ed è confermata dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti secondo il quale «il governo ha sempre detto che le regole del jobs act si applicano solo ai privati e non al pubblico impiego». Nel governo e nella maggioranza ci sono però anche posizioni diverse. Il viceministro dell’Economia Enrico Zanetti, per esempio, si era detto molto più in linea con la precedente posizione della Cassazione, quella che aveva acceso il semaforo verde alla riforma Fornero nella pubblica amministrazione sulla base del rinvio «automatico» alle evoluzioni dello Statuto dei lavoratori scritto nel testo unico del pubblico impiego ancora in vigore. In quell’occasione, Zanetti aveva parlato di «errore tecnico e politico» da parte di chi sostiene la differenza di regole tra uffici pubblici e privati, e analoga è l’opinione di Pietro Ichino: «Le tutele crescenti nella pubblica amministrazione - ha sottolineato ancora ieri il giuslavorista e senatore Pd - sarebbero un grande passo avanti per i precari che lavorano a volte da anni negli enti, e che non riescono ad arrivare a un impiego stabile perché le amministrazioni non hanno la certezza di poter garantire nel tempo la provvista finanziaria che serve a pagarli».
La discussione insomma resta aperta, anche all’interno del governo e dello stesso partito democratico, e sembra destinata a riaccendersi a breve. La riforma del pubblico impiego, che corre parallela a quella dei dirigenti con l’introduzione del ruolo unico e degli incarichi a tempo, è in vista del traguardo ed è attesa nelle prossime settimane.
Sul piano degli effetti concreti, poi, il quadro è ancora più articolato, come mostrano le storie individuali alla base delle due sentenze opposte della Cassazione: quella di fine novembre, che sosteneva l’applicabilità della riforma Fornero alla Pa, ha salvato però il posto di lavoro del dipendente mentre la decisione di ieri, pur ribadendo che negli uffici pubblici l’articolo 18 rimane quello originale, ha confermato il licenziamento.