il manifesto 14.6.16
Mein Kampf in edicola, scherzare con il fuoco
L'iniziativa
de Il Giornale. La scelta di Sallusti non offende solo la sensibilità
degli ebrei, come si sente dire da più parti, ma il buonsenso di tutte
le persone civili. Al di la della illeggibilità di un testo infarcito
delle farneticazioni di un tribuno da operetta che sfruttava il
disorientamento di un popolo, ciò che impressiona oggi è l’ingenuità
della sua riproposizione come se in esso si trovasse anche l’antidoto ai
veleni di cui esso stesso è portatore.
di Enzo Collotti
La
trovata de Il Giornale di distribuire il Mein Kampf per aumentare le
vendite è semplicemente indecente. Non si capisce se è una trovata
spregiudicata o se vuole essere un ammiccamento morboso ad uso di un
pubblico sicuramente non avvezzo a bocconi così forti.
Certo non è
una lettura neutrale, e il proposito di farne l’introduzione ad una
serie di pubblicazioni sul nazismo non rende l’idea meno perversa. Essa
sfrutta l’appeal che continua ad avere il Führer in virtù
dell’attrazione del mostro ma senza fornire gli strumenti per
neutralizzarlo.
È un po’ scherzare con il fuoco, come se in un
frangente in cui tornano virulenti populismi e razzismi nelle più
diverse matrici ci fosse ancora bisogno di normalizzare l’orrore
offrendolo in pasto agli ignari lettori fuori dal contesto in cui il
Führer lo concepì e a distanza di quasi un secolo dalla sua originaria
pubblicazione.
Un anacronismo, si direbbe, se non fosse che c’è
ancora qualcuno che pensa a pulizie etniche, a muri di separazione, a
gerarchie di razza, ad egoistici esclusivismi e che potrebbe trovare in
un simile oggetto incoraggiamento e argomenti.
Al di la della
illeggibilità di un testo infarcito delle farneticazioni di un tribuno
da operetta che sfruttava il disorientamento di un popolo uscito dalla
sconfitta, dalla catastrofe economica e dalla demoralizzazione e che
prometteva con freddo calcolo l’assassinio di milioni di esseri umani,
ciò che impressiona oggi è l’ingenuità della sua riproposizione come se
in esso si trovasse anche l’antidoto ai veleni di cui esso stesso è
portatore.
Il fatto singolare è che mentre in Germania, come
cercheremo di spiegare in altra sede, si procede con cautela a
ristampare con un’edizione «critica», corredata da un autorevole e anche
troppo pignolesco commento di accompagnamento, il testo incriminato, in
Italia senza troppi complimenti lo si distribuisce quasi gratuitamente e
senza troppo curarsi della sua correttezza non dico filologica ma
neppure logica.
Si tratti di una consapevole provocazione o di una
operazione mirata e sicuramente male architettata, l’iniziativa de Il
Giornale non offende solo la sensibilità degli ebrei, come si sente dire
da più parti, ma il buonsenso di tutte le persone civili che sono messe
a confronto con uno dei capolavori del pensiero perverso senza essere
necessariamente preparati a svelenirne il contenuto.
Sarebbe vano
invocare censure, dovremmo contare solo sulle capacità di ciascuno di
esercitare la propria censura interna e di avere una cultura e
un’educazione storica e politica superiori a quella dei media che
insieme al buon senso insidiano la buona fede e la curiosità dello
sprovveduto lettore attratto dall’apparente novità nel singolare quanto
orrido messaggio.