il manifesto 11.6.16
L’Italicum è quasi tra noi: tre strade per fermarlo
Legge
elettorale. Oggi e domani due giornate di mobilitazione per la raccolta
delle firme. Referendum, minoranze e Consulta possono far cadere la
colonna del progetto renziano. Il premier annuncia banchetti per il Sì
invisibili, o fuori tempo massimo
di Andrea Fabozzi
Nelle
feste dell’Unità ci saranno i banchetti per la raccolta delle firme per
il Sì, spiegava ieri il presidente del Consiglio al Corriere della
Sera. Problema: non ci sono le feste dell’Unità. Non fino all’estate,
come da tradizione – prima di luglio in tutta l’Emilia Romagna ne sono
previste solo alcune di quartiere. Ma Renzi ha annunciato che porterà in
Cassazione le 500mila firme di sostenitori della riforma costituzionale
(che però chiedono il referendum che potrebbe cancellarla) entro il 7
luglio. I banchetti arriveranno dopo. Serviranno non per le firme ma per
la propaganda, e per quella basta il titolo della festa nazionale, che è
lo stesso dell’anno scorso: «C’è chi dice Sì»; Bersani per questo si
arrabbia. Le firme il Pd le starebbe raccogliendo adesso, al ritmo di
200mila a settimana a voler credere a quanto ha dichiarato il presidente
del Consiglio, salvo che i suoi banchetti in giro per le città non ci
sono. A Roma non risultano aver mai chiesto l’occupazione di suolo
pubblico. Per chi volesse firmare, non c’è un solo appuntamento nel sito
lanciato con la grancassa da Renzi a fine maggio – bastaunsì – e
rapidamente lasciato languire come quell’altro che doveva aggiornare a
ciclo continuo sulle riforme governative, passodopopasso (ieri
pomeriggio nella home c’era ancora Renzi che faceva gli auguri per il 2
giugno).
Le firme invece, oggi e domani, continueranno a
raccoglierle quelli del Comitato del No, due firma days nelle piazze
italiane per cercare di arrivare a 500mila entro la scadenza. Che
significa il 15 luglio per il referendum costituzionale e qualche giorno
prima (il 9) per i due referendum abrogativi dell’Italicum. All’impegno
partecipano anche Anpi e Arci con un’iniziativa parallela: Ballando
sotto le firme. Negli stessi giorni saranno raccolte le firme anche per i
referendum sociali (scuola, trivelle, inceneritori), che secondo i
promotori hanno raggiunto quota 300mila sottoscrizioni – quelli dei
referendum istituzionali non azzardano cifre nell’attesa dei moduli
dalle città, dovremmo essere da quelle parti. E se il referendum
costituzionale si terrà in ogni caso (perché lo hanno chiesto i
parlamentari), quello contro l’Italicum è legato al successo della
raccolta delle firme. Nel frattempo la nuova legge elettorale sta per
entrare pienamente in vigore.
Malgrado sia stato approvato
definitivamente il 4 maggio dell’anno scorso, infatti, l’Italicum
diventerà applicabile solo il prossimo primo luglio. Trattandosi di una
legge che riguarda solo la camera dei deputati (e temendo Berlusconi
all’epoca le elezioni anticipate), il nuovo sistema di voto è legato
alla riforma costituzionale, che abolirà il senato elettivo. Ma la
riforma costituzionale, come si sa, è ancora in forse perché pende il
referendum; nel caso venisse bocciata dai cittadini resterebbero le due
camere elettive. Una, il senato, eletta con la legge attualmente in
vigore che è proporzionale con soglie di sbarramento; l’altra, la
camera, con l’Italicum, legge iper maggioritaria che mortifica la
rappresentatività del voto. In questo caso la distorsione della volontà
popolare sarebbe persino inutile, perché senza la riforma costituzionale
il governo continuerebbe a chiedere la fiducia al senato e le leggi
elettorali diverse non garantirebbero la “governabilità”. Le due
proposte di referendum abrogativi mirano al cuore dell’Italicum:
chiedono di cancellare il ballottaggio (il premio di maggioranza,
comunque notevole, sarà a disposizione solo della lista che dovesse
vincere con almeno il 40% dei voti) e di abolire le candidature plurime e
i capolista bloccati.
Non ci sono però solo i referendum a
minacciare la nuova legge elettorale che Renzi si dichiara indisponibile
a modificare, per quanto lo chiedano sia la minoranza Pd che i
centristi della maggioranza. Ci sono i ricorsi nei tribunali civili
italiani, che furono decisivi per abbattere il Porcellum: di questi uno è
già approdato alla Corte costituzionale e sarà discusso il 4 ottobre. E
c’è infine una terza via che potrebbe portare l’Italicum davanti ai
giudici delle leggi, quella prevista dalla stessa riforma costituzionale
(referendum permettendo). 34 senatori o 158 deputati potranno infatti
chiedere alla Corte costituzionale – e le minoranze lo faranno
senz’altro – di pronunciarsi sulla legittimità complessiva della nuova
legge elettorale. Sarebbe quasi una replica del famoso giudizio del 2014
che ha colpito il Porcellum. La nuova legge, attraverso il
ballottaggio, lascia aperta la porta a quel premio di maggioranza «senza
soglia» già dichiarato incostituzionale. Per salvarla la Consulta
dovrebbe smentirsi.