domenica 19 giugno 2016

Corriere La Lettura 19.6.16
Domande ultime, risposte incerte
di Marco Rizzi

«Il pensiero odierno vive un’epoca di povertà». Questa è la severa diagnosi formulata da Vittorio Possenti nel libro Il realismo e la fine della filosofia moderna (Armando, pp. 288, e 24), al termine di un percorso che vuole sinteticamente illustrare il farsi del pensiero a partire da Cartesio come abbandono della metafisica classica a favore, da un lato, della «oggettività» della conoscenza scientifica e, dall’altro, della riduzione dell’oggetto del filosofare, la verità, alla sola dimensione dell’interpretazione, l’ermeneutica, o delle regole del metodo scientifico, l’epistemologia. Il punto decisivo è quello che Possenti definisce un equivoco basilare, che ha deviato la ricerca filosofica, incamminandola verso il mondo di ciò che viene pensato dal soggetto, non più verso il mondo del reale concreto che prende forma dall’essere che lo sostanzia. In ultima analisi, a partire dalla distinzione cartesiana tra res cogitans e res extensa la filosofia moderna ha abbandonato quest’ultima alla scienza, e si è ripiegata su se stessa, perdendo ogni contatto con le domande ultime che l’uomo non può trovare se non nella trascendenza. Alla critica di Possenti non sfugge neppure Gustavo Bontadini, il più rilevante esponente della neoscolastica cattolica, che nella seconda parte del XX secolo ha cercato di rinnovare, sulla scia di Maritain, il pensiero tomistico. A dire di Possenti, di fronte all’odierna crisi, si tratta di ripensare l’intero corso della filosofia postgreca, di ribaltare gli schemi storiografici formatisi nella modernità a partire dal Seicento, di considerare il pensiero moderno come una possibilità da riesaminare criticamente e forse oltrepassare, in direzione di una nuova esplorazione dell’essere e delle sue categorie. Dopo la pars destruens , però, quella costruens appare ancora tutta da esplorare.