Corriere 9.8.16
Raggi e i Giochi: referendum? Vedremo
Toni più morbidi anche sugli stadi: «I cittadini però mi chiedono altro»
di Paola Di Caro
ROMA
Si fa sempre più infuocata la campagna elettorale di Roma, sia tra chi
lotta al ballottaggio che tra chi è rimasto fuori. Da una parte è
scontro fra i candidati Virginia Raggi e Roberto Giachetti (e i loro
sponsor, in questo caso Beppe Grillo e Matteo Orfini), dall’altra sale
la polemica tra FI da una parte e FdI e Lega dall’altra, con Alessandra
Mussolini (capolista azzurra) che in un’intervista al Messaggero dice di
aver avuto come compito da Berlusconi quello di «far fuori la Meloni»,
con l’ interessata che si infuria e con gli azzurri, come Giovanni Toti,
che a sera smentiscono chi «farnetica di un piano antiMeloni».
Ma
nei prossimi giorni a tenere banco in città sarà soprattutto il duello
fra Raggi e Giachetti, che peraltro ieri sera si sono incrociati a un
ricevimento dell’Ambasciata americana a Villa Taverna dove c’era pure
Richard Gere. Non è detto si incontrino di nuovo, ma il botta e risposta
a distanza è continuo. Con un tema che negli ultimi giorni sembra
diventato dominante: il destino della candidatura della Capitale per le
Olimpiadi del 2024.
La Raggi in campagna elettorale era stata
durissima rispetto all’ipotesi di organizzare i Giochi nella Capitale
(«È criminale pensarci»), ma di fronte alla controffensiva di Giachetti,
che invece delle Olimpiadi e dello stadio della Roma fa un cavallo di
battaglia, sembra stia ammorbidendo i toni. Non un dietrofront, ma un
modo per non fare del tema l’argomento centrale dell’elezione. Il
referendum? «Valuteremo», dice, ma aggiunge: «Io non ho sentito un
romano chiedermi se faremo le Olimpiadi: i cittadini mi chiedevano di
immondizia e buche. Occorre pensare all’ordinario. Quello delle
Olimpiadi è un discorso giornalistico, i romani chiedono altro e un
sindaco deve ascoltare le richieste dei cittadini». Nessuna polemica con
Totti (che si era schierato per le Olimpiadi): «Che sia favorevole non
mi sorprende, è un campione di caratura mondiale», e nessuna chiusura
sugli stadi di proprietà di Roma e Lazio: «Auspicabili, purché
rispettino i limiti della legge».
Se la Raggi cerca di non alzare i
toni, è furibondo invece lo scontro tra Grillo e Orfini. Il primo
attacca il commissario del Pd romano in un post dal titolo «Orfini,
detto “il coerente”. Ieri e oggi. Tutto da ridere» in cui si mettono in
fila dichiarazioni diverse degli ultimi mesi, l’altro replica che questo
metodo gli fa «schifo». E il clima non è migliore a destra. A gettare
benzina sul fuoco è la Mussolini che rivela di aver avuto mandato dal
Cavaliere (e come lei Storace) di far perdere la Meloni, rea di averlo
sfidato sulla leadership. La leader di Fdi replica prima su Twitter —
«Fa un certo effetto vedere una Mussolini vantarsi di una badogliata» —,
poi in pubblico e in privato reputa gravissimo che nessuno in FI prenda
le distanze, il che aumenterà quelle già profondissime esistenti. Ci
pensa allora Toti a smentire la Mussolini, come anche Matteoli, e alla
fine è la portavoce azzurra Bergamini — in un clima di grande nervosismo
— ad assicurare che «FI è sempre in campo per vincere, non per
ostacolare gli alleati». Chiude la vicenda la Mussolini: «Dovevamo
batterci perché nessuno andasse ai ballottaggi tranne noi». Ma i cocci
restano.