Corriere 3.6.16
L’Ucraina in guerra contro i giornalisti
di Francesco Battistini
Come
faccio a sapere ciò che penso, finché non vedo ciò che dico? Il
giornalismo è l’arte di fare domande e basterebbe girarne una semplice,
questa di Edward Morgan Forster, che già cent’anni fa scriveva i suoi
romanzi come fossero reportage, per chiedere conto dell’ultima censura
al giornalismo e al buonsenso: come faremo d’ora in poi a raccontare la
guerra ucraina se basterà essere andati nelle zone di guerra per passare
da spie?
Da un mese è quel che accade a Kiev. Dove un sito web
vicino al governo ucraino è entrato nella banca dati del nemico e per
tre volte ha hackerato gli elenchi dei 7 mila giornalisti di tutto il
mondo che sono andati nelle regioni dell’Est: terre occupate dai russi,
che ovviamente richiedono un pass rilasciato dai filorussi. La
pubblicazione del sito ha un titolo chiaro: «Canaglie». E ci sono dentro
praticamente tutti, testate europee e americane, perché è così che
lavora ogni inviato in ogni crisi ed è così anche laggiù: prima ci
s’accredita a Kiev per coprire il fronte ucraino poi a Donetsk per
seguire i territori occupati dai russi.
Tutti canaglie, dunque,
spioni colpevoli d’aver «collaborato coi membri di un’organizzazione
terroristica» e passibili d’espulsione dall’Ucraina per i prossimi dieci
anni.
Tira una brutta aria per l’informazione, a Kiev. Le superiori ragioni della guerra spingono molti all’autocensura.
L’anno
scorso, lo stesso sito web additò un paio di giornalisti che, due
giorni dopo, furono trovati uccisi. E ora la pubblicazione delle liste,
ripresa su Facebook dal ministro dell’Interno, ha ricevuto subito 3 mila
«like», mentre è partita una petizione al presidente Poroshenko per
bandire dall’Ucraina tutti i media che «collaborano col terrorismo».
Corsi
& ricorsi: ai tempi della rivolta di Maidan, il governo
filorusso di Yanukovich stabilì che bastava «diffamare su internet» le
autorità per rischiare due-tre anni di galera. La piazza allora si
rivoltò e sappiamo come finì: Yanukovich sui poster coi baffetti alla
Hitler e, poche settimane dopo, in esilio. Stavolta, no: il nemico da
combattere è ancora e solo chi sta con Putin. Il nemico esterno e
interno. L’odiato Zar. Che i giornalisti, guarda un po’, li tratta allo
stesso modo.