Corriere 30.6.16
Il sì del Senato alla norma Regeni
Lo scontro in Aula sui ricambi agli F16
L’Egitto: ora rapporti più difficili con l’Italia
di Virginia Piccolillo
ROMA
Il primo «sì» del Senato l’ha ottenuto. Ora l’«emendamento Regeni»,
come è stata ribattezzata la norma che blocca la fornitura all’Egitto di
pezzi di ricambio degli aerei F16, arriva alla Camera, assieme al
decreto missioni, approvato ieri, in accelerata.
Dalle prossime
ore approderà alle commissioni Esteri e Difesa congiunte, per poi
passare alla commissione Bilancio e quindi in Aula per una rapida
approvazione definitiva. Secondo le voci circolate ieri a Montecitorio,
il governo sarebbe intenzionato a porre la fiducia per farlo approvare
già nella prossima settimana. Un «segnale», che segue il mancato
accreditamento del nuovo ambasciatore al Cairo, Giampaolo Cantini, e
vuole essere una forma, indiretta, di protesta per l’esito grottesco
delle indagini sulla morte per tortura del ricercatore friulano Giulio
Regeni. Nessun risultato credibile delle indagini della Procura del
Cairo. Nessuna collaborazione efficace all’inchiesta della Procura di
Roma.
«Escalation deplorevole» l’ha definita a caldo, ad «Agenzia
Nova», l’ambasciatore Mohamed al Orabi, presidente della commissione
Affari esteri del Parlamento monocamerale egiziano. Una mossa, ha detto
Al Orabi, che «renderà più difficile ristabilire forti relazioni con
l’Italia». Precisando che «la Camera dei rappresentanti desidera trovare
la verità sull’omicidio. E mantenere i legami con l’Italia e il
Parlamento italiano».
A fornire dettagli sul provvedimento alla
diplomazia del Cairo intende pensarci il capogruppo di Forza Italia,
Paolo Romani, che ha definito quella di ieri «una delle peggiori pagine
di storia del Senato». «Non si fa così la politica estera» ha
rimproverato Romani, al termine di un duro scontro con il presidente dem
della commissione Difesa, Nicola Latorre. E ha annunciato di volersi
recare personalmente dall’ambasciatore egiziano a decriptare il
«funambolismo legislativo» di quella norma che vuol dire: «Non vi diamo
più i ricambi per l’F16».
Formalmente il governo si era rimesso
all’Aula. «Non è un atto di ostilità nei confronti di un Paese amico, ma
un modo di fare pressione sul nostro governo per ricordargli che il
Parlamento è ben vigile sulla vicenda Regeni», aveva dichiarato in Aula
il relatore Giancarlo Sangalli, spiegando l’intenzione di aderire alla
richiesta della famiglia Regeni di isolare l’Egitto.
La modifica
del comma 6 dell’articolo 4 del provvedimento alla fine è passata con
159 voti favorevoli, 55 contrari e 17 astenuti. E la polemica è esplosa.
Non solo per la «ritorsione» commerciale. «Così l’Italia ha già deciso
che colpevole della morte di Giulio Regeni è l’amico ed alleato governo
egiziano e ha deciso di indebolire la comune lotta contro il
terrorismo», ha attaccato Carlo Giovanardi. «È assurdo negare i pezzi
degli aerei usati per combattere l’Isis. Renzi e il governo da che parte
stanno?», ha rincarato Maurizio Gasparri.
Ma ad accendere lo
scontro è stato anche l’«errore» del senatore Latorre. All’allusione
dell’ex ministro della Difesa, ora senatore Gal, Mario Mauro («Quei
pezzi sono già stati consegnati all’Egitto»), lui aveva replicato: «Sono
casualmente informato della cosa. Le forniture non sono state
consegnate ma i pezzi di ricambio sono imballati nel porto di Taranto».
«Mi riferivo a quello di Trapani, un lapsus nella passione
dell’intervento», si è corretto più tardi.
Nel resto del
provvedimento, da 1,2 miliardi, c’è la conferma delle missioni nel
Mediterraneo e in Medio Oriente. Tra l’altro, un finanziamento di oltre
250 milioni per le attività della Coalizione anti-Isis in Iraq (che
vedrà impegnato un contingente italiano a protezione della diga di
Mosul) e oltre 70 milioni per la missione nella quale si prevede
l’addestramento della guardia costiera libica. E l’ok alla cessione
gratuita di armamenti leggeri ai peshmerga curdi, «quelli che sul
terreno stanno combattendo contro il terrorismo», ha spiegato il
senatore dem Vito Vattuone.
Intanto il deputato di SI, Ciccio
Ferrara, membro del Copasir, in un’interrogazione chiede perché il Mise
«avrebbe dato il via libera a una società italiana per la vendita
all’Egitto di un software spia che monitora le comunicazioni».